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PAIDEIA DANTESCA


Postfazione a un libro di prossima pubblicazione


Monsignor Angelo Livi, Priore Mitrato della Basilica di San Lorenzo a Firenze, sostiene che: 'In Dante c'è tutto'. La Commedia, enciclopedia di teologia, storia, letteratura, geografia, ecologia, architettura, arte, astronomia, fisica, matematica, grammatica, retorica, politica ed etica, dà una formazione universitaria che è paideia. Per decenni ho insegnato la Vita nuova e la Commedia in corsi sulla letteratura europea e sugli studi medievali nelle università americane (e anche in una particolare occasione nell'Attica State Prison). Per decenni, il libro che, auspico tu, lettore, presto avrai tra le mani, Il pellegrino e il libro: uno studio su Dante Alighieri, è stato, ma in lingua inglese, il mio fondamento per insegnare Dante. Con questa nuova edizione, in lingua italiana, si intende offrire al lettore suggerimenti per l'insegnamento della Vita nuova e della Commedia fra gruppi di laici e nelle chiese, perché Dante sia letto e amato non soltanto in Italia, ma anche dagli emigrati italiani in Australia, in Argentina, in America, in Canada, e dagli stranieri ovunque, in Russia, in Africa, in Cina, in India. 

A Firenze, ho tristemente constatato che Dante è temuto fra gli intellettuali, sovente nel parlarmene lo definiscono oscuro, osando affrontare la lettura della Commedia, la Lectura Dantis, soltanto dopo un commento che in genere rimane alla superficie del testo. Un commento positivistico, e non teologico. Mi pare che per lo più prevalgano i ricordi negativi e di noia sui banchi di scuola, con la lettura del testo di Dante in bianco e nero, senza le miniature. Ho osservato, invece, che le persone semplici, i contadini hanno un grande amore per la Commedia. Nell'intento dello stesso Dante i destinatari del poema avrebbero dovuto essere 'non tantum viri, sed etiam mulieres et parvuli', De vulgari eloquentia, I 1, e così si esprime in Paradiso XV 121-126:

L'una vegghiava a studio de la culla,
e, consolando, usava l'idioma
che prima i padri e le madri trastulla;
l'altra, traendo a la rocca la chioma,
favoleggiava con la sua famiglia
d'i Troiani, di Fiesole e di Roma.

Dante scrisse la Commedia quando si trovava in esilio, scomunicato dal Papa. Ben conosco la tragedia degli italiani
e cattolici in America e in Australia costretti ad usare soltanto la lingua inglese ('English Only'), a scuola e in famiglia, così perdendo le proprie radici e la propria cultura. Non conservando quelle che sono le peculiarità etniche e linguistiche perdono la loro stessa anima. Si crea una profonda frattura generazionale  incontrando conseguentemente maggiori difficoltà nell'apprendimento del nuovo idioma. Ebrei e cinesi, diversamente, con il sostegno delle strutture religiose e della famiglia, continuano a studiare i loro classici nella propria lingua. In virtù di questo riescono fin da subito a parlare inglese fluentemente migliorando le loro condizioni a livello sociale e professionale. L'opera di Dante è un cimelio da condividere. La Commedia è il libro degli esuli. Il libro dei cittadini del regno dei cieli.

Il contesto di Dante, quello in cui egli, il suo maestro e i suoi discepoli produssero splendidi manoscritti miniati, si avvicina molto più alla nostra cultura informatica che non alla cultura libraria dei testi a stampa. Dante usa suoni e luce: nei suoi versi udiamo insieme, come in un mottetto, la musica del canto gregoriano e quella delle liriche profane; vediamo gli splendidi colori dei mosaici e ammiriamo la luminosità delle dorature - grazie alla sua maestria, crediamo persino di vedere il trasalire delle fiammelle dei candelabri che dietro a sé lasciano l'aere dipinto, "di tratti pennelli avean sembiante' (Purgatorio  XXIX 74-75) - come fossero immagini filmiche che scorrono dinanzi agli occhi di noi lettori, così come con il 'java script'. Siamo, dunque, partecipi del gioco di questi testi che ci offrono creature vive e reali e non robot meccanici.

I codici di Dante sono più godibili dei giochi per computer o della lettura silenziosa di libri a stampa in bianco e nero. Nell'Inferno Dante finge che sia seria verità ciò che dice, nel Paradiso, ribaltando questo, giocosamente afferma come vero che il suo libro sia finto, sia 'alta fantasia'. La Commedia è al contempo una biblioteca e un gioco per computer con un paesaggio sotto la terra, sulla terra, e nei cieli, in cui si affollano moltissimi personaggi. Personaggi reali e storici, non virtuali, che alla fine perverranno alla perdizione o alla salvezza. Dante dichiara che i libri della sua biblioteca, che permeano anche il suo libro, sono testi scritti da coloro i quali sono stati creati come noi ad immagine di Dio. Hanno avuto corpi come i nostri, fatti di carne e sangue, e ancora ci parlano come persone e con voci umane in un dialogo bachtiniano tramite l'intreccio di questi libri (figura 10). Nelle pagine della Commedia incontriamo Virgilio e l'Evangelista Luca con i loro magnifici libri, così come nei dipinti di Giotto vediamo i santi con in mano il Vangelo. Andrea del Castagno, Domenico di Michelino, e Luca Signorelli, a loro volta, dipingeranno Dante con in mano la Commedia, come fosse un Vangelo, una Bibbia.

Attraverso la democratica lente del pellegrinaggio ho individuato e analizzato nelle opere di Dante, Chaucer e Langland due paradigmi, due storie chiave. Una storia nella storia: la storia di Cristo come pellegrino che sulla via di Emmaus narra la storia delle peregrinazioni  dell'Esodo. Questo libro studia la presenza di tali paradigmi nella Vita nuova e nella Commedia, e nel secondo capitolo presenta la sacra rappresentazione liturgica dei Peregrini perché possano usufruirne anche studenti di latino e di canto gregoriano per un allestimento scenico. Nel capitolo V si ripete la medesima cosa con il salmo 113 (il salmo del pellegrinaggio dell'Esodo con il suo tonus peregrinus), che Dante nell'Epistola a Can Grande (XIII 7) definisce il paradigma della Commedia. A Princeton è stato un grande dono la presenza del padre benedettino Gerald Farrell, maestro cantore di St. John's Abbey, che in sole cinque prove ha insegnato ai miei studenti di allora questa rappresentazione liturgica che racchiude in sé il salmo del pellegrinaggio con il tonus peregrinus che gli è proprio. Quando successivamente ho potuto leggere il manoscritto della rappresentazione liturgica nella Bibliothèque Municipale d'Orlèans quella musica risuonava dentro di me. Accompagnata da mio fratello, Richard Rothwell Bolton, ho visitato il monastero benedettino di Santo Domingo de Silos, e nel chiostro colmo di pace sulle colonne dorate ho potuto ammirare le sculture con figurazioni del Vangelo. Una scultura raffigura i monaci dell'abbazia che, cantando il Verbo fatto carne del Vangelo, rappresentano i Peregrini di Emmaus (tavola II b), Luca con in mano il Vangelo, Clèopa, e Cristo accanto a lui. 

La genesi di questo libro origina lontano da Firenze, prima in Sussex, negli anni compresi tra il 1943 e il 1953, poi a Berkeley, negli anni tra il 1966 e il 1971. Sono stata educata in un convento dell'Oxford Movement, una villa all'italiana edificata da Augustus Hare, scrittore vittoriano di letteratura di viaggio. Nel convento ero circondata da stampe d'arte, dei Della Robbia, del Beato Angelico, foto Brogi e  Alinari che illustravano la Firenze ottocentesca. Acquisite nell'Ottocento dalla mia Madre fondatrice erano utilizzate nella scuola del convento a scopo didattico. Augustus Hare e Madre Agnes risentirono profondamente dell'influenza dei Preraffaelliti. Senza l'esilio dei Rossetti in Inghilterra e quello dei Browning a Firenze l'Ottocento sarebbe stato molto più povero. In Europa, quello era tempo di rivoluzioni; in Inghilterra e in Italia si guardava indietro al passato medievale. Un passato di artigiani che crearono bellezza e arte, un passato di democrazia parlamentare e di repubblicanesimo comunale. Gli anglo-fiorentini dell'Ottocento, come pure i loro amici italiani e i Preraffaelliti, volsero lo sguardo al comune medievale e successivamente al Savonarola. Non ai Medici o a Machiavelli. Tutti questi elementi fecero da contrappeso al degrado dell'era industriale contrapponendosi allo squallore della terra nordica. Unitamente a ciò va anche considerato l'Oxford Movement, che, per quanto possibile, cercò di riportare la Chiesa d'Inghilterra al passato del Medioevo cattolico con i suoi tesori d'arte e di bellezza. Fu durante la mia infanzia in questo convento che ho iniziato ad apprezzare Dante e a conoscere la sua Firenze.

In un dipinto giovanile di Dante Gabriel Rossetti, ora conservato all'Ashmolean Museum a Oxford, è raffigurato, in modo autoreferenziale, il giovane Dante Alighieri in lutto per la morte di Beatrice e intento a disegnare figure d'angeli (tavola XI). Il padre di Dante Gabriel Rossetti, esule italiano, insegnò la Commedia di Dante nelle freddi nebbie di Londra. In questo dipinto, seppur non nella realtà, Dante Gabriel Rossetti dal suo esilio in Inghilterra fa ritorno sulle sponde dell'Arno. Egli anche traduttore, e brillante, delle opere dei poeti italiani delle origini, The Early Italian Poets, 1861, tra cui la Vita nuova, e il sonetto che Dante Alighieri compose per accompagnare l'opera come dono di Pasqua al suo maestro Brunetto Latino. Dante Gabriel Rossetti, socio fondatore della 'PRB' (Pre-Raphaelite Brotherhood), operò ad Oxford con Holman Hunt e William Morris. Rossetti si innamorò di Jane Morris, un amore  vissuto da William con profonda angoscia. Lasciò l'Inghilterra e si recò in Islanda ad affogare le sue pene nelle saghe nordiche. Il percorso poetico e artistico di Rossetti ebbe inizio con la lettura di Dante; successivamente a quell'originaria eccellenza del poeta medievale egli sovrappose l'immagine autodistruttiva e tragica del poeta romantico, giungendo ad una deformazione nella lettura delle pulcerrime ambages. Jane e Dante rispecchiano il tradimento di Paolo e Francesca, e nel leggere questi a loro volta del tradimento di Ginevra e Lancilotto, anche una sorta di tradimento dell'amante nei confronti dell'amata (Inferno V). Morris e famiglia sopravvissero alla rovina che inesorabilmente travolse invece gli altri. Blake aveva già miniato squisitamente Dante e Milton. William Morris farà la medesima cosa con Chaucer. I due poeti e artisti propugnarono un ritorno al libro manoscritto dei tempi di Dante in luogo dell'involgarimento in bianco e nero del libro a stampa. Lord Leighton nello stesso periodo disegnava le tavole per Romola di George Eliot da cui traspare una conoscenza di Firenze pari a quella da lui dimostrata nel suo capolavoro, 'La Madonna di Cimabue portata in processione per Borgo Allegri'. Leighton fu allievo all'Accademia di Belle Arti di Firenze. Giulio Giannini e Figlio custodi dell'arte del libro a Firenze hanno prodotto bellissimi libri a stampa con eleganti rilegature e decorazioni in 'stile giottesco'.

Il Risorgimento studiò Dante come fonte della cultura italiana, e gli stranieri si innamorarono della sua poesia. George Lord Vernon, inglese, attese l'intera vita a curare i manoscritti di commenti a Dante, pubblicando nel 1845 il commento del figlio di Dante alla Commedia del padre: Petri Allegherii super Dantis ipsius genitoris comoediam commentarius nunc primum in lucem editum consilio et sumptibus G. J. Bar. Vernon, curante Vincentio Nannucci, Firenze: Piatti, 1845; nel 1846 Chiose sopra Dante. Testo inedito ora per la prima volta pubblicato, a cura di G. Lord Vernon, Firenze: Piatti; nel 1848 Commento alla cantica dell'Inferno di Dante Allighieri di autore anonimo, a cura di G. Lord Vernon, Firenze: Baracchi; e nel 1886 Benvenuti de Rambaldis de Imola comentum super Dantis Aldigherij comoediam nunc primum integre in lucem editum sumptibus Guilielmi Warren Vernon curante Philippo Lacaita, Firenze: Barbèra, 6 voll.

Ho lasciato l'Inghilterra per l'America sedicenne. A Berkeley, il professor Charles Jones, studioso di Beda, mi suggerì di concentrare gli
studi e il mio lavoro di ricerca non su un autore poco conosciuto ma un grande poeta. Sarebbe stato Dante il poeta che 'nella mente mia' avrebbe accompagnato il cammino/percorso dei miei lunghi anni di studio. Per un seminario intorno al poema epico scrissi una tesina sul tema dell'esilio nella Commedia di Dante. Allora in America ero anch'io in esilio, dall'Europa e dall'Inghilterra. In seguito, il professor Phillip Damon, mi propose uno studio sul pellegrinaggio in Dante Alighieri, e per il mio dottorato in letteratura inglese, quello studio fu inquadrato in altri studi sul pellegrinaggio nel Piers Plowman ['Pietro l'Aratore'] di William Langland e nei Canterbury Tales ['I racconti di Canterbury'] di Geoffrey Chaucer. Considerato il tema della ricerca ho fondato la mia ricerca sulle miniature dei manoscritti, e nel caso di Dante mi sono avvalsa dei tre grandi volumi di Guido Biagi, La Divina Commedia nella figurazione artistica e nel secolare comento, Torino, 1924-39, che ha insieme curato il testo, le miniature e i commenti. 

Nella stesura di questo libro (che contiene a sua volta una moltitudine di libri in un ricco arazzo di intertestualità al di là dello spazio e del tempo) è stato un grande dono la guida di stimati colleghi a Berkeley e a Princeton, i professori Phillip Damon, Gerhart B. Ladner, Richard Southern, Etienne Gilson, Millard Meiss, William S. Hecksher, John V. Fleming, Robert Hollander e Victor Turner, dai quali ho appreso a leggere questi testi in chiave lusoria, non tralasciando, tuttavia, iconografia e antropologia. Turner, in particolare, metteva in rilievo l'importanza di rituale e communitas nel pellegrinaggio e in Dante. Al tempo, non pochi fra noi erano 'stranieri e pellegrini' in America, giungevamo dall'Europa e portavamo con noi un 'Word Hoard' ('tesoro di parole'), a rischio nelle nostre patrie dilaniate dalla guerra: 'Hitler scosse l'albero e su Princeton piovvero le mele d'oro'. Leggendo Erich Auerbach ed Ernst Robert Curtius ho compreso che la teologia latina è la teoria critica universalizzante del medioevo europeo, una teologia al contempo polisema e inconsutile, in cui Creatore e creazione si rispecchiano vicendevolmente. Per noi studiosi in esilio in America la Commedia figurava come 'Logoterapia', la terapia attraverso la ricerca del significato così come descritta da Viktor Frankl nel suo libro riscritto ad Auschwitz. Successivamente i miei studi si sono incentrati su Brunetto Latino ('Latino' è la forma presente nei manoscritti, 'Latini' l'uso invalso nell'Ottocento), maestro di Dante. Estate dopo estate viaggiavo dall'America per compiere lavoro di ricerca nelle biblioteche fiorentine, italiane ed europee. Da Brunetto ho appreso l'importanza dell'interconnessione tra manoscritti e documenti, fonti primarie e modelli cui si rifece Dante. Documenti notarili, enciclopedie e codici miniati che gli insegnarono l'arte di scrivere.  

Ho concluso il mio esilio americano prima con un pellegrinaggio a Gerusalemme e la salita al monte Sinai, facendo poi ritorno nel 1992 nel mio convento in Inghilterra, e alcuni anni dopo in un eremo sulle colline di Firenze. La maggiore frequentazione e familiarità con Fiesole e Firenze mi ha permesso di penetrare più in profondità i testi di Dante, e posso ora leggerli nel loro paesaggio italico, così come dopo il pellegrinaggio in Terra Santa posso leggere la Bibbia con le vivide memorie dei miei passi peregrini. Ora so che Dante, sulla soglia di casa, apprese da bambino il canto liturgico dei salmi, i cantici e gli inni intonati dai monaci benedettini della Badia, anche il cantico di Isaia 38,10: 'Ego dixi: 'In dimidio dierum meorum vadam ad portas inferi' [Io dicevo: 'A metà della mia vita me ne vado alle porte degli inferi']. Per spiegare Purgatorio X 64-69 (tavola IXb) e Purgatorio XII 1-3, ho fotografato il carroccio di Pasqua (tavola IXa), e recentemente, per spiegare Purgatorio X 34-50, la scultura dell'Annunciazione sul fianco del Duomo (tavola VIIIb). Ho considerato anche queste due immagini fotografiche (IXa e VIIIb) come miniature al testo. Nella farmacia di un'abbazia cistercense vicino a Roma ho potuto osservare un monaco applicare con una piuma sulla ferita di un contadino del balsamo conservato in un vasetto d'unguenti, proprio nel modo descritto da Dante in Purgatorio XII 88-136. Nel Duomo di Firenze, durante la processione che si svolge il Giovedì Santo con i candelabri e un grande stendardo con in cima rami d'ulivo così disposti attorno al baldacchino del Santissimo, ho percepito che quel rituale è il rituale così come descritto da Dante in Purgatorio XXIX 43-78, dove i sette candelabri paiono essere sette alberi d'oro, che sette secoli or sono, egli stesso deve aver visto in Santa Reparata. Ora so che Dante utilizzò come paradigma per il Monte Sinai del Purgatorio il Monte Ceceri che dal tempo del poeta sino al rimboschimento ad opera degli inglesi nell'Ottocento era in stato di degrado ecologico con le sue gallerie e cave di pietra viva. Quelle stesse pietre con le quali fu edificata Firenze. Dopo Dante, su quel monte Leonardo da Vinci tentò il suo esperimento sul volo. Abbiamo bisogno di città e di boschi verdeggianti. Abbiamo bisogno di poemi e del diritto dei contadini di farne tesoro, come con amore ho visto fare dalla figlia di un pastore e da un muratore che conoscono la Commedia a memoria.

Il Cimitero 'degli Inglesi' di Firenze, cimitero monumentale attivo dal 1827 al 1877, non è dissimile dal cimitero d'Arles come descritto da Dante, che così si esprime in Inferno IX 115: 'fanno i sepulcri tutt'il loco varo'. Nel cimitero hanno trovato sepoltura illustri poeti inglesi e scultori americani. Tra i suoi numerosi sepolcri, un sepolcro disegnato da un artista accademico e due scolpiti da artisti preraffaelliti. Qui riposa Elizabeth Barrett Browning, il cui sarcofago fu disegnato da Frederic Lord Leighton, presidente della Royal Academy. Accanto al suo, è posto il sepolcro di Fanny Holman Hunt, morta di parto a Firenze. Holman Hunt stesso, artista preraffaellita, scolpì sulle colline di Fiesole il bellissimo monumento per la moglie. E' una grande arca che ondeggia tra i flutti, e l'iscrizione sepolcrale sopno passi tratti dalla Bibbia con riferimenti all'acqua. Accanto a loro ha trovato sepoltura Mary, la figlioletta di John Roddam Spencer Stanhope. Fu il padre, anch'egli della confraternita preraffaellita, a scolpire il monumento per la figlia, e più tardi il suo proprio, ricalcandone forma e stile.

Dante celebra la scultura in Purgatorio X (tavola IX b). Al tempo di Dante operarono scultori come Arnolfo di Cambio e Tino da Camaino, dopo Dante, Donatello e Michelangelo. Giovanni Duprè, scultore dell'Ottocento, fu coevo di Lorenzo Bartolini, Hiram Powers, Félicie de Fauveau, Harriet Hosmer, e molti altri scultori di talento. Amalia Ciardi Duprè, discendente di Giovanni Duprè, è parte di questo continuum di sette secoli di scultura a Firenze. Il suo studio si trova proprio in via degli Artisti a Firenze, nei pressi del Cimitero 'degli Inglesi'. Per anni il Cimitero è rimasto in stato di quasi totale abbandono e in condizioni di grande degrado, ingenerando sentimenti di negatività accompagnati da paure quasi ancestrali. La mia madre fondatrice anglicana credeva che 'ogni atto contro la bellezza fosse un atto contro lo Spirito Santo'. All'entrata nord del cimitero sul muro di cinta interno, incastonata tra due stemmi di Arnolfo di Cambio - il Giglio di Firenze e la Croce del Popolo, in origine scolpiti per l'antica Porta a' Pinti - è posta una bellissima nicchia, ora sporca e vuota, dove dopo un intervento di  restauro, è nostro auspicio, possa trovare dimora una scultura che rappresenta Dante e Beatrice, ben visibile a 'voi tutti che passate per la via' (Lamentazioni 1,12; Vita nuova XL). La scultura è stata commissionata ad Amalia Ciardi Duprè, la quale ha già realizzato due bozzetti - un bozzetto rappresenta Dante e Beatrice in stile medievale (tavola XII), l'altro rappresenta Beatrice come i sette angeli delle cornici del Purgatorio, che cancellano le sette 'P' (per i sette peccati) dalla fronte di Dante. A voi tutti lettori porgiamo il nostro invito ad aderire a questo progetto per celebrare e la Vita nuova e la Commedia. 


L'intento era quello di pubblicare questo libro in lingua italiana per il Giubileo del 2000, in quanto studia il Giubileo dantesco del 1300. E', dunque, un libro giubilare per il terzo millennio, che vuole anche essere una sorta di incoraggiamento affinché altri seguano la tradizione delle Letture dantesche. La nostra Lectura Dantis, che si svolgeva il giovedì sera, si apriva con l'invocazione alla Vergine, 'Vergine madre, figlia del tuo figlio' del Canto XXXIII del Paradiso, e si concludeva con 'O Padre nostro che ne' cieli stai' del Canto XI del Purgatorio subito dopo la recita dei Vespri. Seguiva poi la cena, tutto a lume di candela in una biblioteca, circondati dai libri, sui codici, sulla Bibbia, sui classici, su Dante. Sul tavolo il volume dei disegni di Botticelli che illustrano la Commedia pubblicato da Le Lettere (1997) e il volume Paesaggi italici nella 'Divina Commedia', realizzato da Vittorio Alinari (1921). Nell'arco di tempo di due anni sono state lette la Commedia e la Vita nuova, e nuovamente la Commedia. Questi incontri sono stati inaugurati con la lettura della Bibbia, del Libro di Isaia, in particolare. Consapevoli del fatto di quanto Dante fosse nel giusto quando espresse la volontà poetica che la Commedia dovesse essere un libro per tutti, fiorentini e forestieri, bambini, donne e uomini, poveri e ricchi insieme, trascendendo lo spazio e il tempo. La lettura del testo condivisa a turno, ad alta voce, contribuisce alla comprensione dell'italiano antico molto più di quanto possa farlo un commento paludato che anticipi i singoli canti. Solo alla fine della lettura di ciascun canto seguiva un commento, con l'ausilio del materiale custodito nella nostra biblioteca: facsimili delle miniature dei codici (ad esempio, tavole I c, III b,c,  a,b,c, VI a,b, VII a, VIII a, IX b), documentazione storica e geografica, così collocando la poesia nella concretezza dello spazio e del tempo. E' nostro auspicio che la lettura di Dante possa così raggiungere giovani e adulti, scolari e pensionati, in questo spirito di compartecipazione, condividendo il ricco retaggio di un libro che è fiorentino, italiano, europeo, universale.

Nel presente volume in traduzione italiana rispetto alle tre edizioni originali di The Pilgrim and the Book: A Study of Dante, Langland and Chaucer, sono stati omessi i quattro capitoli sul Piers Plowman e sui Canterbury Tales, poemi inglesi del Trecento sul pellegrinaggio, che con la Vita nuova e la Commedia condividono la cultura di ciò che in inglese si suole definire 'Christendom', la cristianità europea del medioevo latino. Sono stati aggiunti due capitoli (III, VI), che originariamente costituivano un unico saggio sui paradigmi di Emmaus e dell'Esodo, 'The Vita Nuova: Paradigms of Pilgrimage' ('La Vita nuova: paradigmi di pellegrinaggio'), già apparso in Dante Studies 103 (1985), 103-104, e nel volume collettaneo Jerusalem: Essays on Pilgrimage and Literature (New York, 1998), pp. 101-120. Rispetto alle edizioni originali del volume e del saggio, sono presenti integrazioni e aggiunte, sono stati apportati tagli, rimaneggiamenti testuali e di ordinamento ad opera dell'autrice. Copie della terza edizione di The Pilgrim and the Book: A Study of Dante, Langland and Chaucer sono disponibili presso l'autrice per quanti fossero interessati anche ai quattro capitoli sui due poemi inglesi. Sono parimenti disponibili copie di Twice-Told Tales: Brunetto Latino and Dante Alighieri, uno studio sul maestro di Dante, frutto del lavoro di ricerca sui manoscritti e sui documenti notarili custoditi nelle biblioteche e negli archivi, gli uni e gli altri fonti della Commedia.

Firenze, Mercoledì delle Ceneri 2005


DANTE PORTAL

Lettura di Carlo Poli, Inferno I, Inferno V, Inferno XV, Inferno XVI, Inferno XXXIII, Inferno XXXIV
Purgatorio II, Purgatorio V, Purgatorio XPurgatorio XI, Purgatorio XX
Paradiso III, Paradiso XXXIII
Padre Nostro, Vergine Madre


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