*BRUNETTO LATINO,
MAESTRO
DI DANTE ALIGHIERI
'Sieti
raccomandato il mio Tesoro
nel qual io vivo
ancora'
Dante, Inferno XV.119-120
*
onostante nell'Ottocento e oggì gli studiosi si
riferiscano al maestro di Dante con il nome di 'Brunetto
Latini', egli nel riferirsi a se stesso adotta il nome
latino 'Burnectus Bonaccursi Latinus',
il nome francese 'Brunet Latin', e
l'italiano 'ser
Burnetto Latino'. Gli stessi suoi contemporanei, come
Dante in Inferno XV, lo appellano con il nome di 'Brunetto Latino'.
Il mio lavoro
di ricerca in biblioteche e archivi,
lo studio di testi e miniature, predilige le fonti dirette, vicine
all'epoca in cui
Brunetto Latino visse che non congetture e letture critiche successive.
Il
mio studio attribuisce
più credito ai
documenti coevi
e ignora il
nostro
accumulo di
errori
sedimentatisi
nel corso
del tempo.
Per queste
ricerche,
dunque, il
mio grande
debito di
riconoscenza
va agli studi
condotti negli
archivi da
Robert Davidsohn e
a Daniela De
Rosa.1 Questa
conferenza rifiuta
le posizioni di Vittorio Imbriani, André Pezard, e altri che hanno falsificato il
nostro modo di percepire il maestro di Dante.2
*Le miniature dei manoscritti
del Tesoretto, della Rettorica,
dell'Etica, de Li Livres
dou Tresor, de Il Tesoro,
raffigurano Brunetto Latino come
maestro con i suoi discepoli. Soltanto
in un tardo manoscritto del Tesoro in Veneto si
afferma trattarsi di una traduzione in
italiano dal francese da parte di Bono Giamboni, collega di
Brunetto. Tutti gli altri manoscritti
asserivano trattarsi del testo di
Brunetto. *Tuttavia, dopo l'edizione del
1839 di Carrer
da un'edizione a stampa del 1533
di questo
stesso tardo manoscritto, i bibliotecari
hanno tramandato l'errore nei
manoscritti, anche catalogati
sotto il nome di Giamboni,
ad esempio 'VIII/
LATINI
(Brunetto)/ Tesoro volgarizzato/ da/ Bono
Giamboni, &c'.
Il manoscritto della Biblioteca
Nazionale
II.VIII.36, scritto nel 1286,
probabilmente da Dante
Alighieri, chiaramente non è di Bono
Giamboni. La presente conferenza
indagherà il
legame tra
il Cancelliere fiorentino e i suoi
discepoli:
Guido Cavalcanti, nemico di Corso Donati, Dante
Alighieri, amico
di Guido, ma
che, come Priore, condanna Guido
all'esilio causandone la
morte, e Francesco da Barberino,
che diverrà il notaio di Corso Donati a
Treviso, e diffonderà con i suoi i
testi di Brunetto e Dante. Esaminerò
dapprima i
documenti legali, poi i
manoscritti
con miniature.
I.
DOCUMENTI NEGLI ARCHIVI
documenti in latino negli archivi attestano che la creazione della Commedia
di Dante deriva in parte dalle formulae intertestuali
della Cancelleria del suo maestro Latino,
che questi
a sua volta apprese
dallo stile cancelleresco del
padre Bonaccursus Latinus, di Federico II
di Sicilia, di Alfonso el Sabio di Spagna, e Carlo d'Angiò di Provenza e Gerusalemme.
Le fonti di Dante per il suo poema
trecentesco, la sua memoria, sono gli archivi
duecenteschi. Così
fu per Robert
Browning, poeta ottocentesco, con il seicentesco Old Yellow Book,
da lui scoperto su una bancarella nel mercato di San
Lorenzo. Ambedue, Dante e Browning, dalla sordida criminalità del passato
hanno creato magnifica poesia. I
documenti negli archivi morti e veri
rafforzano il poema di finzione e vivo della Divina Commedia. Questo
è il disegno dei fili dietro la tela, gli
intrecci dell'arazzo, il livello letterale che vive dietro ai
quattro sensi allegorici della poesia e della
teologia della Commedia.
Nel testo di Dante, in Inferno XIII,
incontriamo una figura che va a contrapporsi a
Brunetto Latino. In una scena spaventosa, vediamo Dante cogliere un ramo secco
che subito inizia a sanguinare e a parlare - potremmo
aggiungere a sanguinare inchiostro
cancelleresco bruno. Dante poi raccoglie le foglie cadute (folia)
e le restituisce al legittimo
proprietario. L'ombra, l'albero che parla è il
suicida Pier Delle Vigne, Cancelliere dell'Imperatore Federico
II di Sicilia. Pier Delle Vigne come
Logoteta, capo della cancelleria
imperiale, con il suo insegnamento ammaestra
i suoi discepoli per così avviarli a questo compito. Parte
del suo metodo di insegnamento comprendeva
la copiatura delle sue epistole raccolte come exempla in un Epistolarium.
Ritroviamo questa collezione di epistole a Firenze tradotta in italiano e continuata
da Ser Brunetto
Latino per essere copiata dai suoi studenti, con anche inclusa
l' epistola dello stesso Brunetto inviata al Comune di
Pavia dopo l'esecuzione da parte dei fiorentini
dell'Abate Tesauro di Vallombrosa. 3
Poi, quando Dante incontra Ser Brunetto in Inferno XV da lui conosce i nomi di quanti sono in quel girone, nel
canto successivo incontra la triade di
fuggitivi, Guido Guerra, Tegghaio Aldobrandi e Jacopo
Rusticucci, in vita eminenti cittadini del governo
del Primo Popolo di Firenze, la sua prima
Repubblica. Negli archivi fiorentini nel corso del lavoro di
ricerca su Brunetto Latino, sempre
riferendomi ai volumi di Robert Davidsohn, ho scoperto numerosissimi documenti, alcuni di proprio pugno di Brunetto Latino, in
tutto dieci, e oltre un
centinaio
nei quali ricorre il suo nome, tutti riflessi nei canti
del poema di Dante. Ad esempio, i documenti su Guido Guerra
in riferimento all'atto di vendita del suo
castello di Romena, 6 Maggio
1255, con testimone Farinata degli Uberti.4 Si
tratta dei Conti Guidi una potente famiglia per la
maggior parte ghibellina, con l'eccezione di Guido Guerra,
Capitano della
Firenze Guelfa. Romena
fu associata a maestro Adamo, indotto
dai Guidi ghibellini a falsificare
i fiorini gigliati di Firenze guelfa che Dante colloca nell'Inferno. Nel Paradiso di Dante
vediamo il suo antenato Cacciaguida
rammaricarsi per la vendita a Firenze dei castelli
dei Guidi. Lo stesso Dante in esilio sarà ospite dei Guidi ghibellini a Poppi e Romena, così annullando la
sua formazione di stampo repubblicano guelfo.
Quel documento successivamente, l'11 giugno 1254, fu utilizzato come base per la firma dei Senesi a Montereggioni, che Dante anche menziona in Inferno XXXI, comparando le dodici sue alte torri feroci ai dodici giganti attorno a Satana nel suo abisso profondissimo. Questo documento redatto di proprio pugno da Brunetto Latino, nella sua chiara bella scrittura ed il sigillo notarile della fontana/colonna 5 è tutt'oggi conservato a Siena. Con questo numerosi altri sono i documenti conservati in quella città, che ci consentono di essere testimoni delle trame e dei preparativi di guerra da parte di Siena con Farinata degli Uberti e altri ghibellini fiorentini insieme al Re Manfredi di Sicilia, figlio naturale dell'Imperatore Federico.
In Inferno VI.79-80, Dante domanda a Ciacco, il goloso, di 'Farinata e'l Tegghiaio . . . Iacopo Rusticucci' e altri. In Inferno XVI.34-45, Jacopo Rusticucci gli dice di come con Guerra e Tegghiaio Aldobrandi partecipò alla vita politica di Firenze, aggiungendo:
E io, che posto son con loro
in croce,
Iacopo
Rusticucci fui . . .
'E io . . . ' 'Et ego . . .
' questa la formula legale
ad un documento comunale di un trattato politico. Il poema di finzione di Dante è
così legalizzato, all'interno del suo
stesso testo, da innumerevoli ombre. Ombre che egli poté solo incontrare tra le pergamene, nei documenti della Cancellerria
fiorentina. Tegghiaio Aldobrandi, ad esempio,
era già morto prima della nascita di Dante.
* DOCUMENTO II [ASF]. Il 25 Agosto 1254, Brunetto Latino redige ancora un altro trattato di pace, questa volta tra i guelfi di Arezzo e Firenze, firmato quello stesso giorno all'usuale suono delle campane nella Chiesa di San Lorenzo. Ne troviamo copia nei Capitoli di Firenze redatto di proprio pugno con attenta cura da Brunetto Latino, con apposto il suo sigillo notarile, la colonna/fontana. 6
In
Ottobre, e nuovamente nel dicembre 1254,
troviamo Brunetto Latino impegnato
per un trattato di pace con Pisa.
Dai documenti possiamo constatare anche il
coinvolgimento di Genova e Lucca. Il
trattato viene firmato il 10
Ottobre, 'Et ego Burnectus Bonacursi Latini notarius et
nunc Ancianorum scriba et comunis'.
7 Villani,
lo storico della Firenze medievale,
asserisce che il 1254 a motivo della
propria diplomazia e per il potere
militare fu
dai fiorentini definito 'l'anno della
vittoria'. 8
Quello stesso anno Brunetto si era distinto per lo studio e l'emendamento degli Statuti di Volterra.9
*****Il lavoro di ricerca di Richard Mac Cracken per il suo Fulbright Fellowship, ha dimostrato che nel 1255 il Popolo di Firenze acquisì il terreno dalla Badia per edificare il primo Palazzo del Popolo, oggi il Bargello. Le parole di Brunetto Latino incise sulla lapide della facciata, che Dante sarcasticamente riecheggia ad apertura di Inferno XXVI, corrispondono al canto di Ulisse:
+SUMMALEXANDER S[AN]C[TU]SQUE[M]
MVNDVS ADORAT
CV[M] PASTOR MV[N]DI
REGNABA[N]T REX[QVE] GVIELMVS.
ET CV[M] VIR SPLENDE[N]S
ORNATVS NOBILITATE:
DE MEDIOLANO DE TVRRI SIC
ALAMANNVS:
VRBEM FLORENTE[M] GAVDENTI
CORDE REGEBAT
MENIA TVNC FECIT VIR
CO[N]STA[N]S ISTA FVTVRIS.
QVI PREERAT P[O]P[V]LO
FLORENTI BARTHOLOMEVS
MA[N]TVA QVEM GENVIT
COGNOMINE DENVVVLONO
FVLGENTE[M] SENSV CLARV[M]
PROBITATE REFVLTUM
QUE[M] SIGNA[N]T AQVILE
REDDV[N]T SVA SIGNA DECORVM
INSIGNVM P[O]P[V]LI QUOD
CO[N]FERT GAVDIA VITE:
ILLIS QVI CVPIVNT VRBEM
CONSVRGERE CELO:
DOCUMENTO VI [ASF, Libro di Montaperti] Firenze nel 1260 è sull'orlo della disastrosa guerra con Siena, e la sua Repubblica guelfa appoggia il Papa contro il ghibellino Manfredi di Sicilia. Già Pisa, Genova e Siena si erano rivolte ad Alfonso el Sabio offrendogli sostegno per la sua elezione imperiale in cambio sollecitandone l'aiuto. Alfonso, che nel 1257 viene eletto a parità di voti insieme al suo rivale e pretendente al trono imperiale, Riccardo di Cornovaglia, fratello del re d'Inghilterra (Enrico III), sempre sentirà forte le lusinghe di questa prospettiva.15 Il Libro di Montaperti, l'archivio sul campo di battaglia, preda di guerra con il Carroccio dei senesi, registra ed elenca come i fiorentini siano preparati a provvedere per la guerra. Di pugno di Brunetto sono l'incipit e alcune altre carte del Libro, in cui egli è nominato cinque volte. La prima volta come 'Burnetto Bonaccursi Latini, iudici et notario, sindico ut dixit Comunis et hominum de Monte[varchi]', che sul campo di battaglia ha un vexillum o vessillo, e un padiglione o tenda. Le altre quattro volte, come notaio, a garantire che vari fiorentini provvedano all'invio di un certo numero di uomini.16
Ma Brunetto
Latino non sarà sul campo di battaglia. Il Primo Popolo, la Repubblica guelfa di Firenze nel 1260, invia
Brunetto, allora suo cancelliere,17 in
ambasceria presso Alfonso el Sabio, al tempo stesso
che Guglielmo Beroardi, anch'egli poeta e diplomatico,
fu inviato all'altro candidato
al trono imperiale, Riccardo di Cornovaglia. Con la speranza che l'uno o l'altro accorresse
in suo aiuto, la disperata guelfa
Firenze offriva a tutte e due il suo aiuto per la
conquista del trono imperiale fossero essi giunti in Italia a combattere
contro il ghibellino Manfredi. Giovanni
Villani a servizio della compagnia dei Bonaccursi della famiglia
dei Latino, nella sua Storia di Firenze dedica un'intero capitolo di accurata attenta cronaca
su queste ambescerie. 18 *Lo stesso
Brunetto Latino nel suo Tesoretto fa una
cronaca in versi della sua ambasceria e dell'incontro con il
re di Spagna Alfonso el Sabio,19 collocato
tra luglio e settembre al tempo in cui Alfonso el Sabio si
trova a Siviglia.20 ***
L'ambasceria viene
ricevuta nel Salón de
Embajadores (Salone degli Ambasciatori)
all'Alcazar, che la monarchia castigliana conquistò dai Mori. Ambedue, Alfonso
el Sabio e Brunetto Latino, sono scrittori. Tra
i libri sui
quali Alfonso
maggiormente
concentra il
suo interesse
la
composizione
dei tomi della
legislazione
Las Siete
Partidas del
rey don
Alfonso el
Sabio
(Madrid:
Imprenta Real,
1807), la composizione di una cronaca del mondo, e
vari trattati d'alchimia e astronomia, e dopo i
manoscritti
miniati de *Las Cantigas
de Santa Maria
e la sua
musica.
21
*Brunetto ha
già tradotto Cicerone. L'ambasceria risulterà nell'acquisizione
da parte di Brunetto delle opere di Aristotele e
Alfragano e successivamente nella sua presentazione ad
Alfonso del suo *Li Livres dou Tresor, de Il Tesoretto e dell'Etica
di Aristotele, che egli crea da questi due. *Plausibilmente per
lungo tempo dopo deve aver mantenuto i contatti
con il quasi imperatore, perché
più
tardi Alfonso donerà ai fiorentini una splendida copia del suo Las Cantigas de Santa Maria
con l'unica miniatura del miracolo della sua
guarigione quando quello stesso libro gli viene presentato in dono. Così
anche guarisce dopo una
sua malattia alla Battaglia di
Victoria. Il manoscritto è ancora oggi conservato nella
Biblioteca Nazionale Centrale di
Firenze, e un manoscritto de Li
Livres dou Tresor appartenuto
al re, è oggi all' Escorial.22
Il Tesoretto
è da considerarsi con ogni probabilità un
incantevole biglietto 'di ringraziamento'. La Sommetta del
1286, contiene poi la formula notarile per il Papa
da riservare ad Alfonso nella comunicazione
epistolare: 'Al preclaro et amato figliuolo
Anfoso, Re di Castella.'23
*Ma ormai era
troppo tardi per l'ambasceria di Latino. La Firenze guelfa subisce
una totale disfatta nella sanguinosa Battaglia di
Montaperti, 'che fece l'Arbia colorata in rosso'.24
I fiorentini ghibellini
esiliati hanno vinto i fiorentini guelfi nella
Battaglia di Montaperti il 4 settembre 1260,
adducendo a giustificazione della loro guerra la morte di Tesauro. Dante
mette Bocca degli Abati - che a Montaperti tradì Firenze
troncando il braccio del portainsegna della cavalleria fiorentina così
favorendo i senesi - in Inferno
XXXII, assieme a Tesauro di Pavia e Vallombrosa,
ucciso prima della nascita di Dante, e con Ugolino della
Gherardesca, che tradirà Pisa per Firenze e poi
divorerà la sua progenie.
*Brunetto scrive di aver avuto notizia della condanna all'esilio sulla via del ritorno da uno 'scolaio' di Bologna al Passo di Roncisvalle. Giunta a noi è anche un'epistola molto fiorita ed accorata del padre Bonaccorso a Brunetto, a lui consegnata, viene detto, dal fratello. L'epistola si apre con la formula: 'Bonaccursius latinus de florencia dilecto filio Bornecto notario, ad excellentissimum dominum Alfonsum romanorum et hyspanorum regem iamdudum pro comuni florentie destinato, salutem. . .' e prosegue con la cronaca della battaglia e con la notizia della condanna all'esilio comminata alla famiglia.25 Il padre di Brunetto, Bonaccursus Latinus - egli stesso notaio - è al servizio del vescovo guelfo di Fiesole, il figlio del Comune guelfo di Firenze. Ambedue banditi all'esilio, il padre lo trascorre interamente presumibilmente nel quartiere di San Frediano a Lucca, il figlio Brunetto, dapprima a Montpellier, poi ad Arras, il logico rifugio per i guelfi fiorentini, le due città essendo centri per la produzione degli arazzi, e ancora a Bar-sur-Aube, dove anche conoscerà il riccamente miniato Roman de la Rose. In quei luoghi mantenendo intensi contatti con le 'case' di banchieri lombardi i cui tentacoli si estendevano fino al Baltico, le Isole Britanniche, e oltre.26
La risposta del Papa all'aggressione di
Manfredi risultò nella sua detronizzazione e in una crociata
intrapresa contro di lui con l'aiuto dei banchieri lombardi,
ottenendo dalle chiese in Inghilterra, e altrove, il pagamento
della decima per questa guerra 'santa'.27 Per
rappresaglia contro Montaperti, i guelfi fiorentini erano anche riusciti a far espellere dalla
Corona i mercanti senesi ghibellini presenti in
Inghilterra.28
Dai documenti del tempo
giunti fino a noi si desume chiaramente
che Latino fu un importante membro del
governo fantasma guelfo fiorentino in
esilio, che sebbene ancora sotto
l'interdetto papale per l'assissinio
del ghibellino Tesauro de' Beccaria,
Abate di Vallombrosa, con i
banchieri che paradossalmente
furono gli alleati del Papa contro
Manfredi 29 cercava di
riconquistare la propria città per mezzo di fiorini e marchi
sterlinghi, e con il sostegno dei papi dopo
il mancato aiuto dei candidati imperiali. Due sono le lettere di
pugno di Brunetto Latino in nostro possesso
risalenti a questo periodo.
Delle due lettere di Brunetto Latino che ricano la sua
firma, la prima è conservata nell'Archivio Segreto Vaticano,
la seconda in Westminster Abbey, e molto ci rivelano dei
fiorentini guelfi in esilio.
*DOCUMENTO VII [Archivio Segreto Vaticano]. La prima lettera, scritta per la Curia romana da Arras inerente ad atti che Latino rogò, datati 15 e 24 settembre e concernenti queste operazioni, garantiva la fedeltà dei banchieri fiorentini in esilio - ad Arras e Parigi - alla causa del Papa contro Manfredi, "quondam principis Tarentini". 30; In essa si registrano i nomi dei maggiori banchieri fiorentini: Aymeri Cose, Pietro e Lotterio Benincase, Cante o Cavalcante della Scala, Thomas Spigliati e Ricco Cambi (Rucco di Cambio), alcuni dei quali erano stati in ambasceria presso la Curia romana, e molti di loro menzionati nel documento redatto da Brunetto per il trattato di pace tra Siena e Firenze del 1254 e nel documento redatto a Orvieto che lo ratifica. 31 Un volume del secolo XVI che raccoglie documenti negli archivi intitolato Antiquités d'Arras (Bibliothèque Municipale 1110), fa cenno alla presenza di Lombardi e usurai nei pressi dell'Abbazia di san Vedasto (St. Vaast che oggi ospita quella biblioteca e possiede alcuni manoscritti aristotelici connessi a Latino e un magnifico manoscritto de Li Livres dou Tresor).32
*DOCUMENTO
VIII [Westminster Abbey] La
seconda lettera, scritta da Bar-sur-Aube datata 17 April 1264, e
indirizzata all'Inghilterra, ancora conservata a
Westminster Abbey, concerneva proprio il pagamento della
decima per la Crociata. I membri della famiglia dei
Bellindoti e degli Spinelli, con altri mercanti e
banchieri fiorentini contraggono un patto fra i membri delle famiglie Bellindoti e
Spinelli e altri mercanti e banchieri fiorentini per
la concessione di un prestito di quasi duemila marchi
(d'argento sterling) per il pagamento alla Curia romana
della decima del Vescovo di
Hereford.33 Una frase straordinaria nel documento attesta
che il prestito ad interesse da parte dei banchieri
fiorentini godeva dell'approvazione papale, e che tale
forma di usura persino assicurava (o, piuttosto,
acquistava) l'indulgenza della Crociata. Esiste la possibilità che questa somma, duemila
marchi d'argento sterling, fosse
la somma che la Curia dispose di pagare a Lucca per il
diritto d'asilo degli esuli guelfi fiorentini nella parrocchia
di san Frediano.34 Altri documenti nominano
Cavalcante Cavalcanti, padre di Guido Cavalcanti, il
discepolo di Brunetto e l'amico poeta di Dante. Interessante
osservare che uno dei membri della famiglia Bellindoti fosse
Palamidesso di Bellindoti del Perfetto, elencato nel Libro di Montaperti come "vessillifero
dei balestrieri di Porta di Duomo." Anch'egli poeta, è menzionato da
Brunetto
nel suo Favolello,
e parteciperà nelle tenzoni scritte su Carlo d'Angiò.35
Denaro e poesia sono combinati negli affari fiorentini.
Quantunque Brunetto Latino potesse aver sperato, a motivo del Tresor e del saggio suo consiglio, di rimanere al servizio di Carlo, solo per i primi anni del regno di Carlo, come i documenti attestano, è protonotario del vicario angioino per la Toscana e cancelliere della Repubblica fiorentina. In questi documenti Brunetto è presente principalmente nell'esercizio del suo ufficio per la ratifica dei contratti per la costituzione delle città-stato e la scelta del podestà.41 Successivamente è per proprio conto, prima coinvolto nella concessione di prestiti a membri della sua famiglia in documenti rogati a Bologna,42 poi attivo nelle negoziazioni segrete con Siena per la Lega Guelfa, 25 luglio 1274.43 Trattato segreto che si colloca venti anni dopo l'iniziale trattato di pace di Brunetto tra Firenze e Siena, e dieci anni prima che Latino fosse ufficialmente ed esplicitamente chiamato, per volere di Carlo, a presiedere la Lega contro Pisa.44 Nel 1275 egli è 'nunc absentius', ora assente.45 Nella Pace del Cardinale Latino del 1280, Brunetto è nominato come appartenente al Sesto di Porta del Duomo. Segue uno strano silenzio, una strana assenza di Brunetto negli atti notarili negli anni compresi tra il 1270 e il 1284. Egli scompare nel mondo sotterraneo, e dopo il febbraio del 1275, eccetto che per la 'Pace del Cardinale Latino' del 1280, credo egli si cali in quello che è il mondo della diplomazia segreta, fino allo scoppio dei Vespri Siciliani del 1282. Con la presenza a Firenze di Brunetto nel 1280 per la 'Pace del Cardinale Latino', si registra nello stesso tempo, conformemente alla tradizione delle leggende legate ai Vespri Siciliani, la presenza di Giovanni da Procida a Viterbo, che con Papa Niccolò III è impegnato a condurne le delicate negoziazioni.46
Che cosa è accaduto in questi anni fra il 1270 e il 1284? Brunetto Insegna? A Firenze? A Bologna? (è qui che prende in prestito del denaro per i suoi fratelli e altri parenti) È in Sicilia? A Costantinopoli? In Catalogna? Ad Acri? Dante fu suo discepolo in questi anni o dopo? La produzione dei manoscritti nella regione d'Arras de Li Livres dou Tresor e dopo a Firenze de Il Tesoro, forse dimostra l'attività di Brunetto come maestro egli coniugando la produzione dei libri con l'insegnamento ai discepoli che copiano i suoi libri come conferenze ('E poi il maestro dica . . . '), *una formula araba appresa dalla sua visita in Spagna. I suoi discepoli anche copiano le epistole cancelleresche di Pier Delle Vigne, come quelle del padre su Montaperti, e la sua sull'abate Tesauro di Vallombrosa, modelli del passato per il futuro.*** Sappiamo che questa è la tradizione fra i notai, che trasmettono il mestiere di padre in figlio, che erano loro discipuli, e riferimenti coevi dicono che Guido Cavalcanti, Dante Alighieri e Francesco da Barberino erano i discepoli di Brunetto. *Nell'affresco del Buon Governo a Siena un maestro, un magister che indossa la toga rossa insegna ai suoi discepoli che siedono davanti a lui, in uno dei negozi della Piazza del Mercato. Io credo che Brunetto abbia ricreato un negozio/studio/università simile, in Arras, a Firenze, o ovunque egli fosse. Ad esempio, a Poggibonsi, a Volterra, Pistoia, o a Bologna. In Puglia, in Sicilia, o ad Acri, al servizio di Carlo d'Angiò.
O il suo fato fu ancor peggiore? Fu egli rinchiuso in una prigione angioina, sequestrato a Napoli, senza accesso alle pergamene, a penna e inchiostro? Questo dobbiamo pensare perchè quasi non esistono documenti in questo periodo, tanto documenti legali quanto testi letterari, salvo che le copie dei suoi libri in Francia e in Italia. Quando farà ritorno a Firenze i suoi discorsi in cui vive il ritmo ciceroniano sono incentrati sull'obbligo della liberazione degli schiavi, dei condannati politici, e in particolare delle donne. Così eloquenti erano i suoi discorsi da sempre suscitare approvazione e voti a suo favore.
Contestualmente, la scena politica in relazione al patrono di un tempo di Brunetto, re Carlo, è una scena dominata da grande durezza. Nella conquista di un senso di identità re Carlo ed il fratello san Luigi di Francia sono per carattere diametralmente opposti. L'uno modella la sua vita su san Francesco e Cristo. L'altro per i contemporanei era un Faraone ed un Nerone.47 L'insaziabile avidità di denaro di re Carlo lo condusse a gravare di tasse i suoi sudditi di al di là di ogni possibile sopportazione. Persino prima delle negoziazioni fiorentine, a Marsiglia i sudditi si rivoltano contro di lui.48 'Carlone' come lo appellano gli italiani, già vittorioso a Benevento, nel 1268 sconfigge Corradino a Tagliacozzo, giustiziando brutalmente il biondo giovane principe a Napoli, imprigionando e infliggendo mutilazioni ai capi ghibellini. In particolare al conte Giordano che a Montaperti combattè per Siena contro Firenze.49 Alla morte del fratello san Luigi, il re Carlo abbandona precipitosamente la Crociata tunisina e giunge a Viterbo, determinato ad esercitare la sua autorità sul conclave dei cardinali. In quella città, il suo vicario generale, Guido di Montfort, ed il fratello Simone di Montfort uccidono in chiesa (nella Chiesa di San Silvestro) il principe inglese Enrico di Cornovaglia. Dante anche insinuerà che re Carlo fosse persino arrivato a macchiarsi dell'avvelenamento di Tommaso d'Aquino per poter avere come suo candidato francese Martino IV, Purgatorio XX.61-69.Nel 1281 i fiorentini scrivono al vicario
dell'imperatore Rodolfo d'Asburgo, asserendo senza mezzi termini
che il Comune di Firenze non riconosce l'autorità di alcun
imperatore.53 Dietro le quinte si intreccia un gioco diplomatico tra
l'Imperatore Michele VIII Paleologo di Costantinopoli ed *il re Pietro III d'Aragona *ad opera di Gianni di Procita e un
altro personaggio,
nelle vesti di francescani (che
il Villani illustrato mostra invece come domenicani), per distruggere dalle fondamenta i
preparativi della Crociata di re Carlo.54 *Contro Carlo, il lunedì di Pasqua del 1282 a Palermo
scoppiano i Vespri Siciliani. Dal documento diplomatico in
latino è chiaro che l'insurrezione dei Vespri Siciliani contro
Carlo d'Angio non fu una sollevazione spontanea ma il
risultato di un piano ordinato. Non fu l'insurrezione dei
sudditi oppressi contro il loro re, ma una sollevazione
istigata con cura da papi e imperatori, messa in atto da
repubblicani e aristocratici.
Firenze in
genere la si ritiene fuori da queste
trame. Però
documenti in inchiostro bruno, e persino rosso sangue effuso in
una piazza di Palermo, ne registrano la caduta conseguente ai
Vespri Siciliani per le trame ordite contro Carlo dai vari Papi,
da un imperatore, dai genovesi, pisani, senesi, dagli aragonesi,
dai siciliani, e dai fiorentini.
Qui cercherò di dimostrare la segreta diplomazia verosimilmente
esercitata da Brunetto Latino e la sua complicità in questo
evento, con i documenti d'archivio associati a lui o che ne
citano il nome, con le cospirazioni segrete dei Vespri così come
reperibili nei manoscritti di Latino. Brunetto
è sarcastico nel suo utilizzo della parola
'Tesoro'. Li Livres dou Tresor è una sorta di
tangente a Carlo d'Angiò, che
era avaro, avido di denaro, con il forte
desiderio di una crociata contro la
Costantinopoli cristiana. Invece di essere un Senatore che sotto
giuramento preserva la libertà romana -
e anche fiorentina, egli è
visto come un tiranno. Più crudele, diranno, di Nerone. In un bellissimo
manoscritto, purtroppo mutilo, nella
Biblioteca Nazionale Centrale, datato fra il
1286 e il 1287 (che credo sia scritto
da Dante), il nome di Carlo d'Angiò è cancellato, e il nome
del suocero, Raymondo di Berengar, sostuito.
Un altro, Plut. 42.19, Biblioteca
Laurenziana, parla di Brunetto che scrive l'opera per 'amore del
suo nemico', e non del suo 'amico', *questa frase sarà ripetuta nell'
editio princeps del 1474 stampata a Treviso.
In un terzo delle trentasei traduzioni del
manoscritto italiano del Tresor,
il Tesoro,
compaiono attenti resoconti, in tre differenti versioni, da
Michele Amari edite come I, II, e III. 55 Le versioni più
complete includono le lettere diplomatiche ed i resoconti di
prima mano delle conversazioni segrete intercorse tra Gianni
di Procita (Giovanni da Procida), cavaliere e medico
napoletano, cancelliere d'Aragona, e un certo Accardo
Latino. I due, nelle vesti di
francescani, viaggiano, divisi tra l'imperatore di
Costantinopoli Michele VIII, il Papa, re Pietro III
d'Aragona, i nobili siciliani in esilio, cospirando i
Vespri. Di un racconto
che troviamo in un manoscritto del Tesoro in toscano
alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, VIII.1375
e *anche
in due in siciliano a Palermo, 56 due (uno
in toscano, Il Tesoro di Brunetto Latino, l'altro
in siciliano) danno la versione che vuole i Vespri
Siciliani come provocati dalla rivolta contro il pagamento
della decima per la Crociata di Carlo alla conquista di
Costantinopoli, e il terzo di questi resoconti dà la versione di Giuseppe Verdi
che vuole l'assalto francese come una provocazione ai danni
di una giovane nobildonna siciliana. Gli Archivi della
Corona d'Aragona custodiscono documenti da parte dei da
Procida ad Alfonso el Sabio relativi a quest'opera
diplomatica. 57 Il
padre di Brunetto, Bonaccursus Latinus, è al servizio di
Filippo da Perugia, francescano e vescovo di Fiesole che
Niccolò III inizialmente inviò come legato apostolico presso
l'mperatore greco Michele VIII Paleologo.58 Una conferma
della veridicità in riferimento a questa notizia è
reperibile anche nella Cronica
di Villani e nella
Commedia di Dante. Ad esempio,
quando in Inferno XIX Dante condanna il
pontefice Niccolò III per aver accettato denaro inviato dall'imperatore bizantino Michele VIII Palaeologo per il tramite di questi due legati per opporsi a Carlo
d'Angio:
Però ti sta, chè tu se' ben punito;E dove in Paradiso VIII egli descrive come i Vespri Siciliani fecero lievitare il danaro a questo scopo pagato:
e guarda ben la mal tolta moneta
ch'esser ti fece contra Carlo ardito. Inf. XIX.97-99
Subito dopo i Vespri Siciliani a Firenze fu
stabilita la nuova forma costituzionale del governo
fiorentino, il Priorato - come se l'una cosa fosse diretta
conseguenza dell'altra. Il Governo del Priorato era fondato
sull'elezione di dodici Priori (reminiscenza della lettera
di Latino nel Tresor in
cui si fa riferimento a dieci, o nella versione italiana, Il
Tesoro, a dodici giudici e dodici notai), che eletti
per due mesi, durante il periodo del loro ufficio risiedevano chiusi
nella *Torre
della Castagna, lontani da ogni tipo di ascendenza e corruzione. Il giovane Dino Compagni
coinvolto nel disegno di riforma del governo fiorentino, ne
offre un resoconto accurato nella sua Cronica, e Giovanni
Villani, osserva che il concetto di Priore 'fu tratto dal
Santo Vangelo, ove Cristo disse a' suoi discepoli: "Vos
estis Priores" (Voi siete i Priori).67
Troviamo un riferimento a Brunetto Latino nel 1282, poco dopo la costituzione del Priorato delle Arti in quello stesso anno. Sebbene si tratti di un documento non datato a causa della parte superiore strappata, riguardo all'Arte di Calimala, DOCUMENTO X [ASF documento non datato con precisione]. Poi ancora silenzio fino al 1284, quando egli è figura eminente nella Lega tra Genova, Lucca, Firenze ed altre città contro Pisa. Da questa data e fino alla morte ripetutamente ricorre il nome di Brunetto, quarantadue volte tra il 1285 e il 1292 nelle Consulte o Libri Fabarum nell'ufficio di consigliere su questioni costituzionali, sulla diplomazia segreta, per le inequivocabili orazioni sulla libertà repubblicana e comunale, orazioni che echeggiavano quelle sulla libertà di Cicerone contro Catilina.68
Carlo d'Angiò, ora solo re di Gerusalemme e Napoli, avendo perduto la Sicilia, scrive ai guelfi fiorentini, 10 aprile 1283, chiedendo 'guerra viva' contro Pisa. Brunetto Latino è il principale ambasciatore in questa guerra contro Pisa, *affamando la città privata delle derrate alimentari.
Vinum Milium Nuces
Granum seu frumentum Pamthum Avellane seu nocesse
Ordeum Faseola Amigdale
Sigala Carnes Oleum
Scandella Caseus Fabe
Spella Mel Cicera et
Avena Figus Cetera legumina
Ma in segreto Brunetto e altri fiorentini negoziano anche con il Conte Ugolino della Gherardesca, il Signore di Pisa.69 Brunetto in apparenza a sostegno della politica di Carlo d'Angiò, in segreto agisce contro. Egli è il prototipo di Macchiavelli.
Pisa apprende di questo tradimento nel 1288 e, successivamente, per una terribile carestia, per disperazione arriva alla prigionia di **Ugolino e della sua progenie. Guido da Montefeltro getterà le chiavi della torre in Arno, lasciando la famiglia morire a causa della stessa fame inflitta alla propria città. La Cronica di Firenze, tradizionalmente attribuita a Brunetto Latino, parla d'un fiato del cannibalismo del Signore pisano della sua propria famiglia e **dei fiorentini che edificano la loggia in pietra con dieci colonne del granaio di Orsanmichele, per nutrire, spiega Villani, anche i nemici della città in tempo di carestia, e che nel Trecento sarà ricostruita dopo un incendio. La loggia del mercato del grano, del granaio della città, sembra copiare le miniature del tabernacolo miracoloso della Madonna del manoscritto, **Las Cantigas de Santa Maria donato a Firenze da Alfonso el Sabio nel 1280. *Brunetto ha composto una bellissima lauda per la Compagnia dei Laudesi di Orsanmichele e la figlia, Biancia, ha lasciato la maggior parte del suo patrimonio al granaio. Tutte queste cose troviamo insinuate nell'Inferno XXXII-XXXIII.*II.
MANOSCRITTI NELLE
BIBLIOTECHE
al
Tesoretto apprendiamo
di come la scelta fosse in principio caduta su Alfonso el
Sabio che in cambio riceveva il premio dell'appoggio
di Firenze per la corona imperiale a Roma. Questo testo
poetico enciclopedico, scritto in italiano e comprensibile
al monarca spagnolo, è dedicato a lui. Ma è un testo
incompleto, caduto oramai l'appoggio dei banchieri
fiorentini risoluti a non più sostenere Alfonso
come candidato imperiale. *La Rettorica di Latino è dedicata ad un ricco banchiere fiorentino,
di nome Manecto (forse Manecto Spine), anch'egli
in esilio, patrono e protettore di Brunetto, 'suo
porto' nella tempesta come egli l'appellava. 71
Successivamente Brunetto mette mano all'opera in prosa, in francese piccardo, Li Livres dou Tresor. Questa monumentale
enciclopedia che contiene la Bibbia, una astronomia, una
storia universale, una
geografia, un bestiario, un'etica, una
retorica, e una politica, è un manuale per la formazione di
un re e per il giusto governo, sul modello dell'educazione
di Aristotele di Alessandro e dell'educazione di Cicerone
alla Repubblica Romana. La parte sulla Politica parla spesso
dei papi e degli imperatori. *Separatamente egli anche pubblica l'Etica. Una sua splendida copia è custodita a Madrid.
Brunetto Latino, per salvare la Firenze repubblicana, ha dovuto sedurre re e imperatori. Egli ama il Cicerone repubblicano e odia l'Aristotele imperiale, tutore di Alessandro. Ma ha dovuto copiare il secondo, creando enciclopedie per re e imperatori, nelle quali infonde e cela i suoi insegnamenti sulla democrazia repubblicana. Il Tesoro apprendiamo dal testo stesso è stato in parte compilato attingendo dal lavoro di ricerca che Brunetto compì negli archivi notarili e della Curia. Nel trattare dello storico rapporto tra Papato e Impero, egli con accuratezza asserisce quanto le sue conoscenze siano il frutto dello studio dei registri pontifici: 'Or dist l'istore, et li registre de sainte eglise le temoignent . . . .'72 E continua con la presentazione, nel cuore della sezione sulla Politica, della lettera embrionale indirizzata a Carlo d'Angio, con la quale gli vien chiesto di assumere la carica di Senatore di Roma per opporsi al ghibellino Manfredi. Nella prima redazione dei manoscritti, scrive Brunetto, che dopo Federico II non vi è più stato un vero Imperatore. Manfredi, suo figlio naturale, usurpa la Corona di Puglia e Sicilia contro Dio, il diritto, la Santa Chiesa, perseguitando gli italiani fedeli alla Chiesa, ed in specie i guelfi fiorentini. Questa la ragione, egli aggiunge nel testo, della condanna all'esilio di 'Maistre Brunet Latin', che questo libro scrive in Francia 'per amore del suo amico', Carlo d'Angiò, Conte di Provenza. Più tardi, quando quell'amico si rivelerà in realtà essere un nemico, Brunetto riscriverà quella frase in italiano, che diverrà 'per amore del suo nemico'.73 Egli predilige il romanico classico, la scrittura libraria bolognese con forme rotonde, e non lo stile gotico che imita la scrittura quadrata ebraica e l'achitettura islamica. Tuttavia ai suoi discepoli, Guido Cavalcanti, Francesco da Barberino, e Dante Alighieri egli insegna Aristotele e Averroè, loro donando il dolce stil nuovo gotico, creato dai contatti dei crociati franco-normanni con l'Oriente, dalla presenza condivisa dell'Islam e dell'ebraismo nei regni di Sicilia e Spagna.
È un'enciclopedia e una parte è un bestiario. Già nel *Tesoretto abbiamo visto la Natura come Natura Naturans coperta di animali. Ora nel **Li Livres dou Tresor e poi più tardi *ne Il Tesoro ritroviamo le medesime osservazioni zoologiche.74Et quant il fu traspases de cist siecle, si com a deu plot. Lempire vaca longuement sens Roi et sens empereor. ia soit ce qe Manfrois. fils dou devant dit frederic. non mir de droit marriage tint le roiaume de puille et de cecilie contra dey et contre rason. si come celui qi del tot fu contrante a sancte yglise. perce si stil mainte guerre et diverses persecusions contre toz les ytaliens qi se tenoient devers scte yglise, meesmement. contra la guelfe partie de florence. tant qil furent chachies hors de la ville. et lor cosses furent misses a feu. et a flante et a destrucion. et avec els en fucachies maistre Brunet latin e si estoit parcelle guerre essillies en france. quant il fist ces livres por amor de son amis, selonc ce qil dist a prologues devant.78Anche nella Cronaca del testo che ha influenzato Il Tesoretto, Le Roman de la Rose, compare Carlo. In Jean de Meun Ragione racconta all'Amante non storie del passato ma moderne.
c'est de Mainfrai, roi de Secile,Oltre che per mezzo di questi resoconti quasi cronachistici nel Roman de la Rose e nel Tresor i poeti italiani associati con le varie famiglie di banchieri in esilio tra loro interloquiscono scrivendo tenzoni politiche, in esse dibattendo se la scelta di Carlo d'Angiò ad imperatore potesse essere desiderabile o meno. Brunetto aveva concluso il Tesoretto con il Favolello, un trattato in versi sull'amicizia indirizzato a un poeta ghibellino, Rustico di Filippo, nel quale egli fa menzione del guelfo Palamidesse di Belindotti del Perfetto.
qui par force tint et par guile
lonc tens em pez toute la terre,
quant li bons Charles li mut guerre,
contes d'Anjou et de Provance,
qui par devine porveance
est ore de Secile rais,
qu'ainsinc le veut Dex le verais.79
E ciò che scritto mandoRustico di Filippo, forse in risposta a questa opera, scrive una tenzone.
è cagione e dimando
che ti piaccia dittare
e me scritto mandare
del tuo trovato adesso
ch'e'l buon Palamidesso
mi dice, ed ho creduto,
che se''n cima saluto;
ond'io me n'allegrai.
Qui ti saluto ormai:
e quel tuo di Latino
tien per amico fino
a tutte le carrate
che voi oro pesate. 149-163
A! voi che ve
ne andaste per paura Sichuramente potete tornare, da che ci é dirizata la ventura, ormai potete guerra inconinzare. E più non vi bisogna stare a dura, da che nonn é chi vi schomunicare, ma ben lo vi tenete n'ischiagluira, che non avete più casgion che dare. |
Ma so
bene, se Carllo fosse mortto, che voi ci trovereste ancor casgione; però del Papa nonn ò gran confortto. Ma io non voglio con voi stare a tenzone ca llungo temp'e ch'io ne fui accorto Che'l ghibellino aveste per garzone.80 |
A questo punto volgiamo
l'attenzione ai manoscritti franco-italiani di questo periodo
e alla loro intertestualità, intrecciandoli con le rotte
percorse dai banchieri e notai lombardi, che
con i loro libri di conto e le loro
lettere di credito e di cambio viaggiavano per tutta la
Francia, o con Carlo sulla via del ritorno in Italia.
Gli studiosi hanno osservato l'affinità tra le due
lingue e letterature. 83 Questo è
anche vero in senso inverso, vale a dire dei copisti
italiani in Francia. 84
Ma gli italiani mostrarono maggiore flessibilità,
versatilità e apertura
rispetto ai francesi; sono stati capaci di bilinguismo,
laddove i francesi al contrario hanno solo mantenuto la propria lingua.
Gli italinai in esilio si adattono al nuovo contesto,
apprendono la langue
d'oil e la langue
d'oc con l'imitazione della poesia del nord e del
sud della Francia. I francesi come conquistatori rifiutano
la mescolanza, non apprendono l'italiano,
né impiegano gli italiani. Cause prime queste
dell'insurrezione dei Vespri Siciliani.
Del Tresor di Latino
in francese possediamo una moltitudine di manoscritti. Sono
finora a conoscenza dell'esistenza di 80 manoscritti sparsi
in tutta Europa, due addirittura in America.
Manoscritti questi che per la maggior parte si trovano ancora
oggi in situ, nei centri bancari e mercantili ove
furono collocati sotto il controllo della Compagnia degli
Spigliati-Mozzi, ad Arras, Lione, Rouen, Bruxelles, Cambrai,
Amiens, Rennes, Saint Omer, Saint Quentin, Parigi,
Londra, Cambridge, Oxford, Escorial, Roma, Torino, Milano, Napoli, Verona, Bergamo,
Ferrara, Modena, Udine (in queste ultime
cinque città presumibilmente per i viaggi dei discepoli di
Brunetto, per l'esilio di Dante, e per Francesco da Barberino, notaio al servizio di Corso Donati, podestà di Treviso, e
poi maestro a Padova 86), Karlsruhe, Strasburgo, Monaco,
e solo uno a
Firenze, dove giunge molto tardi. Due sono le
redazioni in francese: la prima redazione dà la storia del mondo
fino all'esilio di Brunetto da Firenze dopo la Battaglia di
Montaperti; la seconda prosegue con
la cronaca della vittoria di Carlo su Manfredi nella
Battagli di Benevento, la sconfitta e la morte di Corradino
dopo la Battaglia di Tagliacozzo. 87 È evidente che
questi manoscritti della seconda
redazione in francese provengono dagli scriptoria e dalle botteghe in
Artois-Picardia, con ogni probabilità
dopo il ritorno di Brunetto a Firenze. Questo dà prova
dell'inalterato interesse da parte dei banchieri francesi - e
della stessa famiglia di Brunetto - nella
disseminazione di
questo libro enciclopedico piccardo-fiorentino.
Questi
manoscritti sono anche propagati in volgare
fiorentino (45 manoscritti),
in dialetto siciliano, volgare
bergamasco, catalano, castigliano. John
Gower una parte del Tresor anche
tradurrà in inglese.88
In Spagna prolifereranno nei
dialetti castigliano e catalano influenzando il Don Quixote di Cervantes, con
Sancho Panza che diviene il podestà ideale nella sua
isola.
Ma
Francesco da Barberino, il secondo discepolo di Brunetto
Latino, sarà notaio al servizio di Corso Donati, podestà di Treviso, e poi insegnerà a Padova,
Prima tratto del Fiore
nel manoscritto franco-italiano,
Montpellier Faculté de Medecine H 438, in
passato rilegato insieme all'Ashburnham 1234, Biblioteca Medicea Laurenziana. Il primo manoscritto contiene il Roman de la
Rose in francese, e il Fiore - compendio di
sonetti in italiano che raccontano il Roman - il secondo
il Detto d'amore. Il Roman de la Rose in questo
manoscritto è chiaramente di scriba
italiano, il quale utilizza le lettere
capitali in rosso e azzurro alternate non nella scrittura gotica francese ma nella
libraria bolognese. I sonnetti del Fiore
invece sono in scrittura cancelleresca,
come quella di Francesco da Barberino, lo scriba
del codice Trivulziano della Commedia.91
Questa mano - o una ad essa affine - si trova nel Detto
d'amore Laurenziano, frammista con la libraria
bolognese. Il codice Trivulziano, il più
antico codice in nostro possesso del
testo di Dante, dà come suo copista un certo, 'Ser Franciscus
Ser Nardi de barberino,' che scrive il
testo non nella libraria bolognese ma nella scrittura
cancelleresca degli uffici notarili. Un
altro codice dantesco in questa stessa mano è
il Laurenziano Plut. 40.16. Questa mano è simile all'Etica,
Yale University, Marston 28, manoscritto correlato
a Brunetto Latino. Simile a questo Roman
de la Rose è l' E.152=alpha.K.2.48,
Biblioteca Estense, Modena, che dà quattro carte
del Roman de la Rose, anch'esse con lettere
capitali in libraria bolognese. Scoperto nell'archivio storico del Monferrato, dono di Debenedetti a
Giulio Bertoni, fu da questi deposito nella
Biblioteca di Modena.
Non sempre
custodito a Montpellier 92,
il Fiore acquisito
da Etienne Bouhier, nel 1611 studente a Padova, fu
inizialmente portato a Digione, poi a Troyes. 93 Che fosse
giunto in Veneto è da ricondurre alla presenza in quella
regione di due discepoli di Brunetto, Francesco da Barberino
e Dante Alighieri. Il manoscritto nel suo complesso è
esattamente il tipo di manoscritto che avrebbe potuto essere
stato prodotto dagli insegnamenti della scuola di Brunetto,
prima nel suo esilio in Francia, o, successivamente, al suo ritorno in Italia. Che il
manoscritto in sé incorpori entrambe le scritture, la
scrittura cancelleresca e quella libraria, ne denota la genesi nei
contesti giuridici - e persino i diagrammi astronomici ed i
motivi ornamentali della sezione del Detto d'amore
Laurenziano sono tipici degli scriptoria di Latino in Francia e in
Italia. *******Francesco da
Barberino, suo discepolo, in una vena simile, avrebbe
scritto i Documenti
d'amore, 94
nel quale la sua allegoria
della 'Sapienza' è esattamente la medesima delle
figure allegoriche nella Biblioteca Laurenziana, Plut.
42.19, Tesoro. Manoscritto questo credo copiato
e miniato da Francesco da Barberino. Con
Quentin Skinner ho studiato queste
figure allegoriche nella Cappella dell'Arena a Padova e nella
Sala della Pace di Siena. Francesco da Barberino era coinvolto
anche negli affreschi a Treviso, dove il figlio di Dante, Pietro
Alighieri, è sepolto. Credo ora che le miniature
del Tesoretto laurenziano siano altrettanto opera di ser
Francesco da Barberino. (In passato avevo suggerito fossero da
attribuire a Dante.)
*****Recentemente
è stato ritrovato
l'Officiolum, bellissimo
manoscritto, scritto e miniato da Francesco da Barberino. Egli in questo
manoscritto si trova in un magnifico paessaggio
allegorico. *Anche la tomba del Vescovo Antonio
dell'Orso di Tino da Camaino nel Duomo fiorentino
fu commissionata da Francesco da Barberino. Di fondamentale importanza, ritengo, dunque, studiare questi manoscritti,
ricollocandoli nel proprio contesto degli uffici
notarili, delle cancellerie, tra notai e
banchieri - in particolare in connessione con i
discepoli di Brunetto Latino, nelle fonti primarie
sempre detto essere il maestro di Guido Cavacanti, Dante
Alighieri, Francesco da Barberino - per poter così più
profondamente capire questi testi e i loro
autori.
Il terzo discepolo fu Dante Alighieri che nella dialettica e nell'amarezza del suo
più tardo esilio diverrà ghibellino, piuttosto che non
guelfo. Una risposta trovando nella monarchia e
nell'impero virgiliano e non
nella ciceroniana repubblica romana, riflessa nel
Comune fiorentino. Il discepolo fu per la pace; il
maestro per la libertà.
Nonostante Dante punisca ridicolmente Brunetto con un gioco di parole sotto la grandine di fiamme, dove il corpo nudo del suo maestro brucia, dove egli è Aristotele nei confronti di Dante/Alessandro, la Commedia è totalmente intrecciata con il Tesoretto e Il Tesoro. Dante che smarrisce la via in Inferno I deriva da Brunetto che smarrisce la via nel Tesoretto. Le pagine raccolte e rilegate in un unico volume in Paradiso XXXIII trasmutano il timore di Brunetto per le sue pagine sciolte e gettate via da scolai nel Tesoretto. Il Tesoro che dà una formazione universitaria tra le pagine di un unico libro, insegna la grammatica, la logica, la retorica, l'aritmetica, la geometria, la matematica, l'astronomia, la musica, la storia, la geografia, l'economia, l'ecologia, l'etica, la politica, la teologia. Così è la Commedia. Nelle pagine de Il Tesoro troviamo Babilonia ed Egitto poste sullo stesso piano, incontriamo giganti, quali Nembrot, troviamo i quattro fiumi del Paradiso, incontriamo Boezio, Pseudo Dionigi, Clitennestra, Oreste, Paride, Tolomeo, Salomone, Aristotele, Alessandro, Ulisse, Catilina, Cicerone, Cesare, Catone, Pompeo, Cornelia, Terenzio, Virgilio, Enea, Re Artù, Tristano, Isolde, Fiesole e Firenze, i Libri della Bibbia, Carlo d'Angiò, Federico II, Manfredi, fiumi, sorgenti, mari, maree, le Colonne d'Ercole, la zoologia, anche sirene (Purgatorio XIX) e serpenti (Inferno XXIII), Gerione, stormi di uccelli, come gru e rondini, le sette stelle, il gioco dei dadi. Esistono molti antichi manoscritti in italiano de Il Tesoro ancora a Firenze, ma un solo manoscritto della versione francese, Li Livres dou Tresor. È chiaro che è Il Tesoro in Italiano il testo che Dante conosceva. Ma di questo testo manca una edizione accademica se si esclude Il “Tesoro” volgarizzato da Bono Giamboni, curato da Luigi Carrer (Venezia: Gondoliere, 1839). Questa edizione basata su una edizione veneziana a stampa del 1533, lo attribuisce a Bono Giamboni, ripetendo un errore da un tardo manoscritto veneziano. Tuttavia portando fuori strada Pietro Beltrami, Paolo Squillacioti, Plinio Torri e Sergio Vatteroni che hanno curato una edizione del testo francese, Li Livres dou Tresor, con traduzione italiana a fronte (Torino: Einaudi, 2007), di un manoscritto de Li Livres dou Tresor in Verona, invece del testo de Il Tesoro. Per correggere l'errore ho ora pubblicato sul Web il facsimile e la trascrizione dell'editio princeps de Il Tesoro (Treviso, 1474), che, come i manoscritti, è attribuita al solo Brunetto Latino, probabilmente composta da un manoscritto di Francesco da Barberino da lui stesso portato in quella città quando era notaio al servizio di Corso Donati. Il testo gemello è conservato alla Biblioteca Laurenziana, Plut. 42.19 ed è raffinatamente miniato. Ad esempio con serpenti che strisciano tra le righe del testo.
La Commedia di Dante presenta immagini autoreferenziali sulle carte bruciate, sul 'lato pelo' e 'lato carne' delle pagine
in pergamena, sullo scriba
e il miniatore, *Dante e Oderisi, che
l'uno accanto l'altro, aggiogati come due buoi trascinano
l'Arca santa, quando
parlano di Cimabue e Giotto, Dante e Giotto
essendo soci della stessa Arte dei Medici e Speziali, su tutti i fogli sparsi dell'universo
raccolti e rilegati in un unico volume,
come un'enciclopedia di tutta la
sapienza. Credo che la sua
Commedia è anche un poema
intorno ai notai e ai loro uffici, intorno ai banchieri e ai loro libri, intorno ai
cancellieri e alle loro cancellerie, con la ragnatela di condivise reciprocità, sulle entrate e uscite
internazionali e paneuropee,
registrate in inchiostro nero e
rosso, sul suo maestro e i suoi compagni,
discepoli come lui. Da questo Dante crea la
Commedia, costruendo un teatro
della memoria, una casa/prigione di parole e pergamena.
Egli è come il
Bartleby di Hermann Melville, lo scrivano che lavora nell'ufficio delle lettere
giacenti, oramai morte. È come
i monaci di Umberto Eco nella loro immensa, apocalittica biblioteca
effimera. Tuttavia, da questi mondi
legali e letterari,
dove non si è
certi se carne e sangue possano essere
pergamena
e inchiostro, ancora abbiamo i documenti
autografi di Brunetto Latino - anche
se, fino ad oggi, nessuno di Dante. *E questi documenti
negli archivi - di cui dieci autografi,
scritti in inchiostri bruno e
autenticati con il sigillo di Brunetto, la
colonna/fontana/giglio - chiaramente
dichiarano
'Et ego Burnectus Bonaccorsi Latinus
notarius', come se fossero stati scritti
non sette secoli or sono ma oggi.
NOTE
1Robert Davidsohn, [Geschichte
von Florenz (Berlin: Mittler,
1896-1927)]; Storia di Firenze, trans. Giovanni
Battista Klein (Firenze: Sansoni, 1957). La mia riconoscenza anche a Daniela De Rosa per il suo prezioso
aiuto con i doumenti archivistici fiorentini e
senesi.
2Vittorio
Imbriani, 'Dimostrazione
che Brunetto Latini non fu maestro
di Dante', Giornale
napoletano di filosofia e
lettere A VII (1878),
1-24, 169, 198; rpt.
come 'Che Brunetto Latini non fu
maestro di Dante'. StD
(Firenze: Sansoni, 1891),
pp. 335-80; André
Pezard, Dante
sous la pluie de feu: Chant
XVI (Paris: Vrin, 1950); Richard
Kay, Dante's Swift and
Strong. Essays on
"Inferno" XV (Lawrence: Regents Press
of Kansas, 1978). Un grazie
speciale e il mio debito di riconoscenza al National
Endowment for the Humanities e all'American
Association of University Women per i miei viaggi in Europa
per compiere il
lavoro di ricerca nelle biblioteche, e
al Graduate Council of the University of Colorado, Boulder, per
la pubblicazione del volume Twice-Told Tales: Brunetto
Latino and Dante Alighieri. Per gentile
concessione dell'Archivio di Stato di Firenze e di altri archivi
le immagini delle diapositive che
accompagnano questa presentazione, alcune anche tratte da Il
Villani illustrato: Firenze e l'Italia medievale nelle 253
immagini del ms. Chigiano L.VIII.296 della Biblioteca Vaticana,
a cura di Chiara Frugoni (Firenze: Le Lettere, 2005).
31258, Vaticano lat. 4957, fols.
79-80; Riccardiano 15438, fols. 199v-200v; Vaticano Chigiano
L.VIII.267, attesta che la lettera è di Brunetto
Latino, fol. 177v.
4Julia
Bolton Holloway, Twice-Told Tales: Brunetto Latino and
Dante Alighieri (Bern: Peter Lang, 1993), p. 327.
5Twice-Told Tales, pp. 317-318.
6Twice-Told Tales, pp. 321-325.
7Twice-Told
Tales, pp. 325-326.
8Giovanni
Villani, Istoria di Firenze (Firenze,
1823; Roma: Multigrafica Editrice, 1980), VI.lviii.82-84.
9Villani,
VI.lvii; Twice-Told Tales, pp. 30-31.
10Richard Mac Cracken, The Dedication
Inscription of the Palazzo del Podestà in Florence
(Firenze: Leo S. Olschki, 2001).
11Twice-Told Tales,
p. 327.
12Twice-Told
Tales, pp. 327-333.
13Twice-Told Tales, pp. 35-38.
14Twice-Told Tales, pp. 333-335.
15 Davidsohn, II.
617-8, 687;
Pisa aveva
chiesto aiuto
proponendo
Alfonso
all'elezione
imperiale con
lui creando
una
lega contro
Lucca, Genova,
Firenze, 1256;
Archivio
Segreto
Vaticano,
Instr. Misc.
87, 1257/1268,
"Articuli
propositi a
procuratoribus
Alphonsi regis
Castellae
coram Clem.
IV. ad
probandum eius
electionem in
Regem
Romanorum a
nonullis
Electoribus
Imperii facta
an. 1257,
contra
Riccardum,
fratrem Regis
Angliae, qui
ab aliis
Electoribus
inauguratus
fuerat.
Exemplar
membr. 9
paginorum";
1 Febbraio,
1264, Alfonso
scrive al Papa
chiedendo di
essere
incoronato
imperatore, Archivio
Segreto
Vaticano, A.A.
Arm. 1-18, n.
167,
epistola
pubblicata in
Bruno
Katterbach e
Carolus
Silva-Tarouca,
Epistolae et
Instrumentum
saeculi XIII,
in Exempla
scriptorum
edita consilio
et opera
procuratorum
bibliothecae
et tabularii
vaticane,
Fasc. II
(Roma: 1930),
Tavola 22a; il
vescovo
spagnolo,
Garcìa di
Silves,
inviato al Papa
a Roma per
perorare
questa causa,
nel Dicembre 1267,
fu ucciso da
Ranieri de'
Pazzi,
riferimento in
Inferno
XII. 137-8;
Instr. Misc.
46, 23 Marzo,
1276: "Innocentius
PPV concedit
Regi Castellae
et Legionis
ecclesiasticarum
decimarum . .
. pro subsidio
contra
Saracenos.
Bullo orig.
carens plumbo."
16Brunetto
è citato nel Libro di
Montaperti e di
suo pugno sono alcune carte, versione pubblicata, Libro
di Montaperti (An MCCLX), a cura di Cesare Paoli
(Firenze: Vieusseux, 1889): 26 Febbraio, 1260,
fol. 11, p. 34; 20 July, fol. 50v, p. 123; 22 July, fol. 65v,
p. 148; 24 July, fol. 65v, p. 148; 23 July, fol. 74v, p. 172;
Renato Stopani, 'Libro di Montaperti: l'unica fonte
documentaria della celebre battaglia', http://www.florin.ms/beth2.html.
17 Demetrio
Marzi, La Cancelleria della Repubblica
Fiorentina (Rocca S. Casciano: Capelli,
1910), p. 35, afferma che Latino fu
prima "Dettatore
e Cancelliere della Republica"; Daniela
De Rosa osserva che questo potente
ufficio non era concentrato nella mani
di un unico individuo ma condiviso tra i
vari notai durante il periodo del Primo Popolo.
18 Giovanni
Villani, Istoria di Firenze (Firenze,
1823; Roma:
Multigrafica Editrice, 1980), VI. lxxiv;
ripetuto in ASF MS 225, fol. 9; Lapo da
Castiglionchio, Biblioteca Laurenziana,
LXI. 13, fols. 14v-15.
19 Brunetto
Latini, Il Tesoretto, ed. and trans.
Julia Bolton Holloway (New York: Garland,
1981), lines 113-162, Laurentian Strozziano
146, illumination, fol. 2.
20 Carmody, p. xvi, citando
Schirrmacher, Geschichte Castiliens im
12. und 13. Jahrhundert, ed.
Friedrich Wilhelm Lembke (Gotha, 1881),
476, e Memorial Historico Espanol, I (Madrid,
1851), 134, sulle attività di Alfonso, a Toledo il 2 Febbraio, a Soria il 12 Aprile, a
Cordova il 3-6
Giugno, a Siviglia il 27
luglio, ritorna a Cordova
il 20 Settembre,
mentre Brunetto Latino è
presente nel fiorentino Libro di
Montaperti fino al 24
luglio e la Battaglia di
Montaperti è del 4
Settembre, questo
fa collocare l'ambasceria
a Siviglia.
21 Las Siete Partidas
del rey don
Alfonso el Sabio
(Madrid:
Imprenta Real,
1807); "Titulo
XXIV: De los
romeros et de
los
Peregrinos,
Ley I,"
molto affine
alla defizione
dei pellegrini
di Dante nella
Vita
Nova,
forse
trasmessa per
il tramite di
Latino. Brunetto
deve essere venuto a contatto con le più
importanti traduzioni dell'Etica Nicomachea
e della Politica
di Aristotele, come dell'Almagesto
di Alfraganus (al-Farghānī,) e Tolomeo. È probabile che da Alfonso
Brunetto avesse ottennuto queste opere, che negli
anni del suo esilio tradurrà in francese.2492
22 È
possibile che
la presenza a
Firenze di uno
dei due più
sontuosi
manoscritti
regali de Las
Cantigas de
Santa Maria
ne disveli il
suo valore di
dono
diplomatico da
parte del
pretendente
alla dignità
imperiale ad
un Comune che
si sapeva
grandemente
coinvolto
nella politica
papale. Biblioteca Nazionale,
Banco rari 20; Antonio
G. Solalinde,
"El Còdice florentino de
la Cantigas y su
relaciòn con los demàs
manuscritos," Revista
de Filologia Espanola,
5 (1918), 143-179.
23 Li Livres dou Tresor,
Madrid, Escorial L.II.3; Il
Tesoro, Firenze, Biblioteca
Nazionale, Magl. II.VIII.36, fol. 75 (manoscritto
forse copiato da Dante).
24 F. Donati,
"Lettere politiche del secolo XIII sulla
Guerra del 1260 fra Siena e Firenze," Bulletino
senese di storia patria, 3 (1896),
230-232, che trascrive il MS
342, documento 73, Bibilioteca
Breslau, distrutto dalla guerra (Un sentito grazie ad Anthony Luttrell per
questa informazione); Dell'
Historia di Siena
scritta da Orlando
Malavolti (Venezia,
1599), fine del
primo volume, "che
fece l'Arbia
colorata
in rosso."
25 Armando
Petrucchi, Notarii: documenti per la storia del
Notariato italiano (Milano: Guiffré, 1958), p.
17, osserva che il mestiere
di notaio era trasmesso di padre in
figlio.
26 Menzionato nel Tesoretto,
verso 2451; gli Archives de la Ville de
Montpellier: Inventaires et Documents, III:
Inventaires des Cartulaires de Montpellier,
(980-1789) (Montpellier: Serre et
Roumégons, 1901-7), pp. 101-2, #712, 715, 716,
dimostrano l'importanza del mercanti italiani
che collegavano quella città
con la grande fiera nella Champagne
a Bar-sur-Aube.
27 Edouard Jordan, Les registres
de Clement IV
(Paris: Thorin, 1893), numeri 1456, 1469
(naminano Thomas
Spigliati, Manecto Spine e altri banchieri
fioretini connessi a Brunetto
Latino), 1472 (12 Settembre,
1265, Perugia: "Regis Sicilie et omnium
contra Manfredum et Sarracenos Lucerie
crucesignatorum terras sub sedis Apostilice
protectione suscepit"), 1473, 1475, tutti
relativi alla crociata
contro Manfredi e alla raccolta della decima a questo scopo e frequentemente coinvolgendo
la
chiesa parigina di Ste. Geneviéve.
28 Lettera di Andrea de
Tolomei, Troyes, 4 Settembre,
1262, in Lettere volgare del secolo XIII
scritte da Senesi, a cura di Cesare Paoli,
E. Piccolomini (Bologna: Romagnoli, 1871), p. 41,
citato, F. Donati, "Lettere politiche
del secolo XIII sulla Guerra del 1260 fra Siena e
Firenze," Bulletino senese di storia patria, 3
(1896), p. 259.
29 Villani,
"e mandarono loro
ambasciadori a papa Clemente, accioché gli
raccomandasse al conte Carlo eletto re di
Cicilia, e profferendosi al servigio di
santa Chiesa," VII.ii.
30 Archivio
Segreto
Vaticano,
Instr. Misc.
99, Settembre
15 e 24, 1263;
M. Armellini,
"Documento
autografo di
Brunetto
Latini
relativo ai
ghibellini di
Firenze
scoperto negli
archivi della
S. Sede," Rassegna
italiana,
V/I (March,
1885), p.
359-363; Hans
Foerster, Mittalterliche
Buch und
Urkundenschriften
auf 50 Tafeln
mit
Erlauterungen
und
Vollstÿaundinger
Transkription
(Berne: Haupt,
1946), Plate
XXV, commenti,
trascrizione,
pp. 64-5 (un
grazie a David
Anderson per
questo
riferimento);
Bruno
Ketterbach e Carolus
Silva-Tarouca,
Epistolae
et
Instrumentum
saeculi XIII,
in Exempla
scriptorum
edita consilia
et opera
procuratorum
bibliothecae
et tabularii
vaticane,
Fasc. II
(Roma, 1930),
p. 20, Plate
21.
31 Gino Arias, "Sottomissione dei banchieri fiorentini
alla
Chiesa, 9
dic., 1263,"
in Studi e
documenti di
storia del
Diritto
(Firenze: Le
Monnier,
1901), pp.
114-120, dà un
importante
documento
connesso, che nuovamente nomina Thomas
Spigliati,
Ricco Cambi,
Pietro
Benincasa,
Hugo Spine,
Jacopo Lecci,
Jacopo della
Scala,
Maynecto
Spine, Diritto
Cambi, Aymeri
Cose, Lotterio
Benincase,
etc.; E.
Jordan, De
Mercatoribus
camerae
apostolicae
saeculo XIII
(Paris, 1909),
p. 97, osserva che Thomas Spigliati
era
associato
con Arras,
anche parla di
Hugo Spine,
pp. 25-30; si
veda anche
Richard Kay,
"Rucco di
Cambio de'
Mozzi in
France and
England," Studi
danteschi,
47 (1970),
49-57; R.
Bower,
"Italian
Merchants in
the Reign of
Henry III," Southern
Quarterly,
6 (1968),
191-202, esp.
196, 201.
Documento di Siena, esibito e
catalogato in Le Sale della Mostra della Mostra e il
Museo delle Tavolette dipinte, catalogo: Publicazione
degli Archivi di Stato XXIII (Roma: Ministero
dell'interno, 1956), #6, p. 117; trascritto in Il Caleffo Vecchio del Comune
di Siena, ed.
Giovanni Cecchini (Firenze: Olschki, 1935), #567, II. 779.
Villani analogamente esplicita che i guelfi in esilio si alleano
con Carlo d'Angio ed il Papa Clemente IV contro Manfredi.
32Si veda Catalogue
général des manuscrits des Bibliothèques des Départments, IV: Arras-Avranches-Boulogne
(Paris: Imprimérie Nationale, 1872), p. 414. Per questo riferimento un
sentito grazie
a Charles J. Ermatinger.
33Westminster Abbey Muniment
12843, April 17, 1264. Peter de
Egeblanke, vescovo di Hereford, con la Curia e i
fiorentini in esilio dopo Montaperti,
raccoglie fondi contro Manfredi,
Davidsohn, II, 608-9.
34 Davidsohn,
II.754; III.30, rileva nel 1268
il pagamento di 6000 marchi sterling da Lucca dati in prestito a Carlo
d'Angiò, da restituire alla fiera
di Bar-sur-Aube nella Champagne con il
pagamento della decima della crociata della
Francia, II.607-9,701,741, anche tratta
delle relazioni con la Curia, e delle relazioni in
Inghilterra dei Mozzi-Spini e Spigliati,
Ardinghelli, Aymeri Cose. Un
manoscritto del Tesoretto, il Riccardiano
2908, in dialetto Lucchese, fu
in genere utilizzato
quale testo base per edizioni
di quel poema.
35 Davidsohn, II.681,III.43;
Ruggero Palmieri, "Palamidesse Bellindote
poeta fiorentino del
secolo XIII," Giornale dantesco, 23 (1915),
132-140.
36 Archivio
di Stato di Firenze, MS 225, fol 10, "Nel medesimo anno [1265] Papa Urbano
quarto per sodisfare à Guelfi di Toscana, fece in Roma un
gran concilio, nel quale privò Manfredi di Regni di Sicilia,
et di Puglia, et ne investa Carlo d'Angiò, et di Provenza
Fratello del Re Luigi di Francia"; fol. 10v, "Nel detto tempo i Guelfi usciti di
Firenze mandarono à Papa Clement à offeriva in servizio di
s[anc]ta Chiesa per essere raccomandate . . . Conte Carlo
nuovo Re di Sicilia."
37
Li Livres dou Tresor, ed. Francis J. Carmody
(Berkeley: University of California Press, 1945),
III.ii.v, pp. 396-6. Carmody, p. xviii, doubted the
importance of the letter, despite
Davidsohn; perhaps because E. Jordan, Les
origines de la domination angevine en
Italie (Paris: Picard, 1909), p. 458, had
discounted it: "Je ne tiens pas de
compte de la lettre des Romains à
Charles d'Anjou, inserée dans le Tresor de
Brunetto Latino. Contrairement à
l'opinion de Sternfeld, Karl von
Anjou als Graf der Provence, 183,
n. 2, elle me semble etre un simple
exercise de style. La preuve en est
qu'elle parle d'une élection pour un an,
alors que nous savons que le comte fut
élu à vie."
However, there are passages
specifically directed at Carlo in
the "Rettorica" section of the Tresor,
ed. Carmody: "Li tiers est sa
vile: raison coment: nous devons
croire que cis hom soit bons
drapiers por ce k'il est de
Provins. Li quars est de sa
lignie: raison comment: bien doit
estre Karles loiaus, car il fu
fius le roi de France," III.lii, pp.
360-361; "sachies que nous
somes in Franche . . . je ti pri
ke tu soies prodom en ceste guerre," III.lxxi, p.
390.
38
Davidsohn,
III, 586-7, II, Piatto 33, Roma, Palazzo dei Conservatori; Alexis
Guignard comte de Saint Priest, Histoire
de la Conquete de Naples par Charles d'Anjou, frère de
Saint Louis (Paris: Amyot, 1858), II, 149; Michele Amari, La guerra del Vespro
siciliano (Paris: Baudry, 1845), I.46.
39 1257, Saint
Priest, II.53.
1282, Vatican Chigiano
L.VII.267, fols. cxxiii verso-cxxv, in
Italian; Paris, Bibliothèque Nationale, lat. 4042, fols.
92v-95v, in Latin. Saint Priest, II. 149; Amari,
Vespro
siciliano, I, 46-47. In his
place Charles made Henry, the
traitor exile brother to Alfonso X
el Sabio of Castile, Senator of
Rome. True to his treacherous
nature, Henry was to welcome and
receive the young Conradin in Rome:
Charles-Joseph Hefele, Histoires
des Conciles, trans. H. Leclercq
(Paris: Letouzey, 1914), VI, 57.
40Twice-Told
Tales, pp. 350-355.
41Twice-Told Tales,
pp. 82-86, 350-357
42Twice-Told Tales, pp, 358-359.
43Twice-Told Tales, p. 90.
43 Davidsohn, III. 116, 149;
ASS Cons. gener. 19, fol. 9v; Twice-Told
Tales, pp. 88-89, 361-362.
Un sentito grazie a Daniela De Rosa che ha
letto il documento in questione e
osservato che la trattazione continua nei fogli
4v, 24v, 42, 57v-58.
44 Amari,
Vespro siciliano, II, 365-6, dando gli
Archivi di Napoli, segn. 1283, Reg. Carlo I, A,
fol. 130, come fonte. Gli Archivi di Napoli furono distrutti da un incendio nel 1944.
Tuttavia, Palermo, Bibl. Com. Qq Gl e Roma, Bibl. Angelica D.VIII.17
transcrivono documenti che si riferiscono
alla Sicilia e a Carlo. The documents
survive, Genova, Liber Iurum Reipublicae
Genevensis II, in Historia Patriae
Monumentum (Torino, 1836-84), II, cols. 60
ff, transcribing 13-21 October, 1284; Codex A,
fols. 437-441; ASG Codex C, fols. 126-131; #424,
Busta 6/42; ASF Capitoli di Firenze, 43 (in
precedenza XLIV/XLVI), fols. 29-39, Brunetto
Latino citato, fols. 34, 37v, 38. La morte di
Ugolino e della sua progenie per fame come risultato delle
trame fioretine su
Pisa determineranno forse la
costituzione di Orsanmichele
come granaio per i tempi di carestia.
45Twice-Told
Tales, pp. 89, 362.
46 Sir Steven Runciman, The
Sicilian Vespers (Cambridge: Cambridge University Press, 1958
),
pp. 206-7.
47 Frasi trovate nella retorica
associata a Gianni di Procita
contro Carlo passim, in manoscritti a
Palermo e nella Biblioteca Angelica e in
resoconti dei Vespri
Siciliani ne Il Tesoro.
48 Saint
Priest, II. 28.
49 Amari,
Vespro siciliano, p. 115; il
resoconto del Tesoro sui Vespri si
conclude con il toccante lamento
del Conte Giordano, che alla sua
continua miseria
preferisce la morte, il quale si
rivolge alla sua mano mozza che
aveva colpito così
tanti onesti cavalieri.
50 Palermo,
Bibl. Com., Qq Gl, fols. 100v-102; Hefele, Histoire
des Conciles, VI. 59.
51 Hefele, Histoires
des Conciles, VI. 153-268; Archivio
Segreto Vaticano, Instr. Misc. 157, 158,
159, 160, 592; Gaetano Salvemini, Magnati e
Popolani in Firenze dal 1280 al 1295
(Firenze: Carnasecchi, 1899), p. 19; la Sommetta di Latino
contiene
la formula
notarile per il
Papa Niccolò
III da usare nel
rivolgersi a Carlo d'Angiò e Alfonso
el Sabio.
52 Si veda Amari, Vespro
siciliano, p. 115.
53 Richard
Kay, p. 21 afferma
che la lettera
è di Brunetto.
54 Villani,
VII.lvii, p. 236, cita la lettera inviata dal Papa
all'Aragona con il suo Sigillo cardinalizio; pergamene
genovesi relative a questo periodo attestano che Genova e i
fiorentini erano in contatto con l'Impero greco per opporsi
a Carlo d'Angiò; Pasquale
Lisciandrelli, Trattati e negoziazione politiche della
repubblica di Genova (958-1797) (Genova: Società ligure di
storia patria, 1960), #338, Archivio di Stato di Genova, Busta
5/20, anche 5/38,39,40, 1261, Genova con Manfredi di Sicilia,
Michele Paleologo di Constantinopoli, 10 luglio, Alfonso el Sabio,
1262, 15 & 16 agosto, Carlo d'Angiò, 21 luglio; 1273, 7
febbraio, #383, Busta 6/2, su ambasciatori genovesi che fanno
accordi con il Papa ad Orvieto e con Venezia per opporsi a Carlo
contro l'elezione imperiale del re di Boemia; 1275, Genova e
l'Imperatore greco ratificano gli accordi del 1261 (Busta 3/39)
tra i due stati, #415, Busta 6/34, quell'accordo prorogato poi il
7 febbraio 1281, per cinque anni ancora o più; l'Archivio Segreto
Vaticano e Archivio della Corona d'Aragona analogamente attestano
l'esistenza di relazioni amichevoli tra questi Stati latini e
l'Impero greco, nel contrastare le ambizioni di Carlo. Il
materiale vaticano sottolinea il bisogno dei portavoce greci di
partecipare alle delegazioni, Instr. Misc. 160, 592, 30 Novembre,
1276. Il lat. 4042, Bibliothèque Nationale, Parigi, dà le lettere
di Pier delle Vigne, di Brunetto Latino/Tesauro e dei Vespri
Siciliani, fols. 92v-95v, il colophon riporta che è stato
compilato come una "summa dictaminis" da Tommaso di Capua, notaio
della Curia Romana, 1294. Nel frattempo, i testi di Brunetto
proliferano in Catalogna e Aragona, come pure in Castiglia e
Andalusia, a conferma della sua vicinanza sia ad Alfonso el Sabio
che a Pietro d'Aragona. Si veda Deno Geanakoplos, Emperor
Michael Paleologus and the West, 1258-1282: A Study in Byzantine
Latin Relations (Cambridge, Mass.: Harvard University Press,
1959).
55 Manoscritti,
Sigla A, Milano, Biblioteca Ambrosiana, G 75
sup. Amari I; As, Florence, Biblioteca
Laurenziana, Ashburnham 540, Amari I, Br,
London, British Library, Addit. 26105, Cronica
del 1285; De Visiani, MS andato perduto,
Amari I; F4, Firenze, BN, Magl. VIII.1375,
Amari III, corrispondente con il Siciliano Lu
Rebelntu di Sichilia, ed. Sicardi; G1,
Florence, Bibl. Laur. Gaddiano 26, Amari II;
G2, Bibl. Laur. Gaddiano 83, Amari II; L1,
Bibl. Laur. 42.20, Amari II; L4, Bibl. Laur.
42.23, Amari I; R1, Firenze, Bibl.
Riccardiana, 2221, Amari I; S, San Daniele
del Friuli, Bibl. Communale, 238, Amari II;
V1, Vaticano, Biblioteca Apostolica, lat.
5908, Amari II; mentre il 1286 Firenze, BN,
Magl. II.VIII.36, parla de Il Tesoro
scritto per amore del suo nemico.
56 Il neo ghibellino Michele Amari ha curato questi resoconti in
Altre narrazione del Vespro siciliano
scritte nel buon secolo della lingua (Milano:
Hoepli, 1887), rifiutando l'attribuzione a
Brunetto. Enrico Sicardi li anche
pubblicati nelle loro
versioni siciliane, Due
Chronache del Vespro in volgare siciliano
del Secolo XIII, in L. A. Muratori, Rerum
Italicarum Scriptores: Raccolta degli
storici italiani (Bologna: Zanichelli,
1917) 39.91-126. http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/bibliotecacentrale/tesori/immagini/t58a.jpg,
offrono un estratto digitale tratto dal
resoconto siciliano dei Vespri Siciliani,
che ha un equivalente nel manoscritto di
Brunetto Latino de Il Tesoro
in volgare toscano conservato nella
Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. Geanakoplos,
Michael Paleologus,
cites De Michaele
et Andronico
Paleologis, ed.
I. Dekker (Bonn,
1835), 2 vols, una
storia bizantina
contemporanea di
George Pachymeres
parla di queste
delegati
che si presentano sotto
le mentite spoglie
di Francescani
. Un resoconto
cronachistico dei Vespri
Siciliani anche
occorre con un
manoscritto
catalano de
Il Tesoro,
Biblioteca Seminar
Conciliar de
Barcelona, MS. 74.
57 Isidoro
Carini, Gli Archivi e le Biblioteche di Spagna in rapporto
alla storia d'Italia e di Sicilia in particolare
(Palermo: Statuto, 1884), II, 45-46, contiene del Febbraio,
1280, del 1 Aprile, 1282, e del 19 Maggio,
1282, le scuse di Giovanni di Procita ad Alfonso
el Sabio.
58 Davidsohn,
III, 210-211; Archivio Segreto Vaticano, Instr.
Misc. 157, 158, 159, 160, 592; Archivio vescovile
della Diocesi di Fiesole MS II.B.4, Atti, prefato da versi di
Buonaccursi di
Lastra" a "Phylippus
Perugine"; Scipione Ammirato, Vescovi di
Fiesole, di Volterra, et d'Arezzo (Firenze,
1637), pp. 28-29.
59 Geanakoplos, p. 292,
citando M.
Laurent, Innocent V, 411,
osserva che un passo
scritto
da Charlesper
un altro membro di questa
for one member of this delegation was
for a mysterious "L." Egli
anche
fa cenno ai documenti greci che citano come
coinvolti "Calado"
o "Kladas". Bartholomeus de Neocastro,
Historia Sicula, in Lodovico
Antonius Muratorius, Rerum
Italicum Scriptores (Milano,
1728), III, col. 1049, osserva "Et Carolus Rex . . .
staret pedibus ante Ecclesiam . . .
Magister Bonaccursus tenta balista
terribili in eum projiciens." Si tratta di un
parente di Latino che tira a casaccio al suo re?
60Il
Vaticano 3793
contiene tenzoni
di Palamidesse
Bellindoti,
Guglielmo Beroardi,
Rustico di Filippo,
Brunetto Latino,
ecc. Un altro
compare
sul risguardo di
un manoscritto di
Ferrara del Tresor,
insiema al sonetto
di Dante a Guido
Cavalcanti,
Biblioteca Comunale
Ariostea, II.280.*
61 Paris, BN, lat 4042, fols.
92v-95v; Palermo, Biblioteca Comunale Qq G1.
62 Firenze, Biblioteca
Nazionale, Magl. II.VIII.36, fol. 75.
63 Published in Michele
Amari, Altre narrazioni; Due Cronache
del Vespro in volgare siciliano del Secolo
XIII, a cura di Enrico
Sicardi, in L. A. Muratori, 39.91-126.
64 Biblioteca
Episcopal del Seminar Conciliar de Barcelona, 74.
65 Due dei figli di
Brunetto, Bonaccursus and Perusgio (Perseo),
saranno coinvolti con la corte
angioina di Roberto di Napoli, il primo come ambasciatore di Firenze,
il secondo come cortigiano. La
famiglia dei Bonaccursi erano
banchieri a Napoli e altrove fino a quando la loro banca nel 1312
fallì, Romolo Caggese, Roberto d'Angiò e i
suoi tempi (Firenze: Bemporad, 1922), I,
598. A Perseo sarà concesso di avere sul suo stemma
il giglio degli Angiò da aggiungere alle sei rose
dello stemma di suo padre.
66 Inf. XIX.97-99; Par.
VIII.67-75; Villani, VII.liv, p. 227.
67
Dino Compagni, La Cronica, a cura di Isidoro Del
Lungo (Firenze: Le Monnier, 1924), p. 14-15; Villani, VII.lxxix,
pp. 265267. Anche Brunetto Latino come Dante Alighieri fu tra i
suoi Priori.
68 Le Consulte della
Repubblica Florentina dall'anno MCCLXXX
al MCCXCVIII (Firenze: Sansoni,
1898), pubblica l'
ASF Libri Fabarum, e i Documenti
dell'Antica Costituzione del Comune di
Firenze: Appendice: Parte Prima,
1251-1260, a cura di Pietro Santini (Firenze: Olschki, 1952),
dà molti documenti associati a Brunetto.
69 Twice-Told Tales, pp. 147-155,
385-402.
70 Una probabile soluzione
veniva data dalla costituzionalità del
monarca, che per l'esercizio delle
funzioni di podestà per contratto (per
un periodo limitato nel tempo) avrebbe
dovuto mantenere fede ai patti giurati
senza alcuna violazione delle leggi
del Comune, un modello che Jefferson,
probabilmente
per il tramite dell'amico toscano
Filippo Mazzei, adotterà per la carica
di Presidente degli Stati Uniti.
Un altro membro della famiglia Mazzei fece
erigere la targa commemorativa
a Brunetto Latino nella chiesa di Santa Maria Maggiore
posta oggi in alto sopra la
tomba restaurata:
BVRNETTO.LATINO.PATRITIO.FIORENTINO/ELOQVENTIA.AC.POESEOS.
RESTAVRATORI/
DANTIS.ALIGHERII.ET.GVIDONIS.CAVALCANTIS/MAGISTRO.
INCOMPARABILI.QVI.OBIT.AN.DOM.MCCLXXXXIV/HANC.EIVS.SEPVLCHI.
COLUMELLAM.DEPERDITAM/HVIVS.COENOBI.PATRES/ADNVENTE.P.M.IOSEPHO.
MARIA.MAZZEIO.VIC.GENERALI/RESTITVTO.FLORENTINIS.CIVIBVS.TANTO.
SPLENDORE/AD.P.R.M.PONENDAM.CVRARVNT.AN.D.MDCCCLI.
71 Kay,
"Rucco di Cambio," osserva, p. 200, che Manectus
Spine nel 1249 aveva sperimentato la "discutibile
ospitalità della prigione del re"
in Inghilterra al tempo in cui il
re aveva tentato di sopprimere l'usura. Poi, nel 1253, il re
espulse tutti i mercanti, eccetto due senesi,
Manectus Spine e Rucco di Cambio.
72 Li Livres
dou Tresor, ed. Francis Carmody (Berkeley:
University of California Press, 1945), p. 73.
73 Tesoro (Treviso:
Flandrino, 1474), caplo [capitolo] lxxxxi. Un
importante antico manoscritto
del Tesoro fornisce questa
redazione, Firenze, Biblioteca
Laurenziana 42.19, fol. 19, un altro, Bibl.
Nazionale, Magl. II.VIII.36, sopprime il
nome di Carlo.
74 Tra
gli studi su questo
enciclopedismo si
ricordano Michele
Scherillo, Alcuni
capitoli della biografia di
Dante (Torino:
Loescher, 1896), pp.
116-221; Charles Victor
Langlois, La
Connaissance de la nature et
du monde au Moyen Age
d'aprés quelques écrits
français à l'usage des laics
(Paris: Hachette, 1911);
Aristide Marigo, "Lo Speculum
ed il Tresor:
cultura letteraria e
preumanistica nelle maggiori
enciclopedie del Dugento," GSLI,
68 (1916), 1-42, 289-326,
esp. 315-316; Paul Renucci,
L'aventure de
l'humanisme européen au
Moyen Age
(Paris: Les Belles Lettres,
1953); L. Jenaro MacLennan,
"Autocomentario en Dante y
comentarismo latino," Vox
romanica,
19 (1960), 102-117;
Michelangelo Picone, "Glosse
al 'Detto d'Amore'", Medioevo
Romanzo,
3 (1976), 402; connesso a
questo materiale
è il tema concernente il
"Dizionario delle Idee,"
Paul Zumthor, "Pour une
histoire du vocabulaire
français des idées," ZRP,
72 (1956), 350; P.A.
Messelaar, Le
Vocabulaire des idées dans
le 'Tresor' de Brunet Latin
(Assen: Van Gorcum, 1963);
Siegfried Heinimann, "Zum
Wortschatz von Brunetto
Latinis Tresor," Vox
romanica,
27 (1968), 96-105. Christian
Bec, Les
marchands écrivains à Florence, 1375-1434 (Paris: Mouton, 1967) descrive il più tardo contesto
del milieu letterario e di
produzione di questi banchieri/mercanti. Un grazie a Judson
Boyce Allen per questa informazione.
75 Il
Fiore e Il Detto d'Amore, a cura di
Gianfranco Contini (Milano: Mondadori, 1984);
Gianfranco Contini, "Un nodo della cultura
medievale: la serie Roman de la Rose -
Fiore - Divina Commedia," Lettere
italiane, 25 (1973), 162-189; anche in Un'
idea di Dante: saggi danteschi (Torino:
Einaudi, 1976); Earl Jeffrey Richards, Dante
and the "Roman de la Rose": An Investigation
into the Vernacular Narrative Context of the
"Commedia" (Tubingen: Max Niemeyer,
1981), Beihefte sur Zeitschrift für
Romanische Philologie, 184; "Dante's Commedia
and its Vernacular Narrative Context," Ph.D.
Thesis, Princeton University, 1978; Julia
Bolton Holloway, Brunetto Latini: An
Analytic Bibliography (London: Grant and
Cutler, 1981), pp. 91-95, 110-112, ora
aggiornata all'indirizzo
http://www.florin.ms/BrunLatbibl.html.
76 Tra gli
studi in quest'area
Robert Davidsohn, Geschichte von Florenz (Berlin:
Mittler, 1896-1927); Storia di
Firenze, trans. Giovanni Battista Klein
(Firenze: Sansoni, 1957); Giovanni Ferretti,
"Banchieri fiorentini in Francia nel
Dugento, Fanfulla della domenica, 31 (1909), n.
32, citato in Ferdinando
Neri, Gli studi franco-italiani nel primo
quarto del secolo XX (Roma:
Leonardo, 1928), p. 36; Christian Bec, Les marchands
écrivains: affaires et humanisme à Florence, 1375-1434
(Paris: Mouton, 1967). Si veda anche Joan
Ferrante, "Exchange and Communications,
Commerce and Language in the Comedy," The Political
Vision of the Divine Comedy (Princeton:
Princeton University Press, 1984), pp.
311-379; R. A. Shoaf, Dante, Chaucer
and the Currency of the Word: Money, Images,
and Reference in Late Medieval Poetry (Norman,
Oklahoma: Pilgrim Books, 1983); The Poem as
Green Girdle: Commercium in Sir Gawain and
the Green Knight (Gainesville, Florida:
University Presses of Florida, 1984).
76 Per ulteriori testi
letterari associati con
Arras si veda
Albert Pauphilet, Jeux et Sapience du
Moyen Age (Paris: Gallimard,
1951, Bibliothèque de la
Pléiade, 61), p. 42, Jean
Bodel di
Arras; pp. 109 ff,
Courtois d'Arras; p. 159,
Adam de la Halle o le
Bossu. Si veda anche
l'elenco dei
manoscritti
di Latino connessi ad Arras.
77 Saint
Priest, II.26, 304-6.
78 Riporto qui la trascrizione
di Napoli I.G.17, fols. 8,8v. Per
questo passo si veda anche Li
Livres dou Tresor, I, part
II, cap. xcix, ed. P. Chabaille
(Paris: Imprimérie Impériale,
1863), p. 102. Cosa
interessante da osservare è che esiste l'opera francese
intitolata Le comte
d'Anjou, la cui trama è
costruita con lettere
diplomatiche e il Conte è l'infame incestuoso.
(analogia con il
'Racconto del Sergente
della legge' di
Chaucer) H.J.
Chaytor, From Script to Print: An Introduction
to Medieval Vernacular Literature (New York:
October, 1967), pp. 86-87, 145-146, citando
Paris, 1931, Classiques français du Moyen
Age, edition.
79 Guillaume de Lorris et Jean
de Meun, Le Roman de la Rose, ed. Félix
Lecoy (Paris: Honoré Champion, 1976), 3
vols, I. 203-4. Enrico era il fratello
traditore di Alfonso el Sabio che poi anche
tradirà Carlo.
Et se les prueves riens ne
prises
d'ancienes estoires prises,
tu les as de ton tens
noveles,
de batailles fresches et
beles
(de tel biauté, ce doiz
savoir,
conme il peut en bataille
avoir),
c'est de Mainfrai, roi de
Secile,
qui par force tint et par
guile
lonc tens em pez toute la
terre,
quant li bons Charles li mut
guerre,
contes d'Anjou et de
Provance,
qui par devine porveance
est ore de Secile rais,
qu'ainsinc le veut Dex le
verais,
qui tourjorz s'est tenus o
li.
Cist bons rais Challes l'en
toli,
non pas sanz plus la
seigneurie,
ainz li toli du cors la vie.
Quant a l'espee qui bien
taille,
en la prumeraine bataille,
l'assailli por lui
desconfire,
eschec et mat li ala dire
desus son destrier
aufferrant
d'un tret de paonet errant
ou mileu de son eschequier.
De Corradin parler ne quier,
son neveu, don l'exanple est
preste,
don li rais Challes prist la
teste
maugré les princes
d'Alemaigne.
Henri, frere le rai
d'Espaigne,
plein d'orgueill et de
traïson
mist il morir en sa prison. 6601-6632
APPENDICE:
Censimento manoscritti strettamente
pertinenti all'argomento
trattato:
A1. Ginevra, Bibliothèque Publique et Universitaire, 179. Libraria bolognese, miniature bottega Maître Honoré, provenienza Parigi. XIII/ XIV secolo. Sion Segre-Amar, "Su un codice parigino del 'Tresor,'" Studi francesi, 71 (1980), 256-261, che commenta, p. 258, anche, sul Bibliothèque Nationale, fr. 566, 567, 570, 571, 726, 1109, 1110, 1113, 2024, 12581 e il Tresor di Leningrado.
A3. Lione, Bibliothèque Municipale, 781. Manoscritto francese del Tresor di mano italiana. L'Explicit poema francese, anch'esso di mano italiana. Spiegabile per la presenza di scribi italiani in Francia impiegati nelle cancellerie e nei contesti bancari. Brunetto implicato con Gregorio X, che nel 1274 convoca il Concilio di Lione per l'unificazione delle Chiese d'Oriente e Occidente, al quale intervengono e sono presenti anche il futuro Innocenzo V, Giovanni XXI, Niccolò IV. La sezione della Cronica del Tresor pone l'accento su Papi e Imperatori.
A5. Lione, Bibliothèque Municipale, 948. Correzioni interlineari, scrittura italiana. secolo XIII.
D2. Oxford, Bodleian Library, Douce 319. Appartenente Thomas Woodstock, Duca di Gloucester, dono di William Montague, Conte di
Salisbury. Del secolo XIII in francese piccardo (della contea di
Arras), scrittura italiana, in libraria
bolognese con caratteristiche della
cancelleresca. La presenza in Inghilterra di questo codice
è riconducibile agli affari
dei banchieri lombardi per
la raccolta della decima per combattere
Manfredi di Sicilia e per far questo pagare
Carlo d'Angiò, come attesta il Westminster Abbey
Muniment 12843. Presumibilmente, dunque,
fu un volume dono ad un re o nobile. La sua unica
mappa mundi introduttiva a piena pagina pone in
evidenza le Isole britanniche.
Otto Pächt e J. J. G. Alexander ritennero fosse
stato prodotto in Italia con elementi di contaminazione
francese. Illuminated
Manuscripts in the Bodleian Library,
Oxford (Oxford: Clarendon Press,
1973), II, # 154. Un grazie ad Albinia
de la Mare e alla Bodleian Library, Oxford. Oggi lo si può considerare
prodotto da fiorentini
in esilio in Francia con l'intento di
influenzare politicamente l'Inghilterra.
M2. Ne fa menzione Carlo Morbio, "Novissimi studi su Brunetto Latino, Dante e Petrarca e sul loro soggiorno in Francia", come manoscritto appartenente al Principe Albani (ora venduto). Archivio storico italiano, 3 ser, 17 (1873), 192. Divenuto New York, Columbia University, Plimpton 287. Il manoscritto è tardo, l'elemento di interesse i manoscritti del Tresor e del Tesoro, sua traduzione italiana.
M3. El Escorial, Biblioteca, ii.L.3. Testo
francese con miniature fiorentine scritto in libraria bolognese,
seconda redazione, presumibilmente copia dono
per Alfonso el Sabio, con numerose glosse in latino
sui margini per le
parti di particolare interesse per quel monarca. Forse come
dono diplomatico in relazione alla continua richiesta
di appoggio per la conquista della corona imperiale,
Firenze possiede
una splendida copia de Las Cantigas de Santa Maria,
Biblioteca Nazionale, Banco rari 20. Antonio G.
Solalinde, "El Còdice florentino de la Cantigas y su relaciòn con
los demàs manuscritos," Revista de Filologia Espanola, 5 (1918),
143-179; John E. Keller e Richard P. Kinkade,
"Iconography and Literature: Alfonso Himself in
Cantiga 209," Hispania, 66 (1983),
348-352, una miniatura del suo
manoscritto de Las Cantigas raffigura
lo stesso Alfonso guarito per miracolo dalla
sua malattia quando una copia con
rilegatura in pergamena color rosso gli viene presentata in
dono e mentre si solleva a
sedere sul letto per riceverlo.
P. Parigi, Bibliothèque Nationale, Fr. 571. Di mano affine a mano italiana, bei disegni francesi, anche miniature a foglia d'oro. Fol. 122, colophon, explicit, Valenciennes; fol. 147v, riferimento Arras, Fauvel. Catalogo, Bibliothèque Nationale, datato XIII secolo.
R. Bibliothèque Nationale, Fr. 726. Francese Faits des Romains, "Ici comencent li tests romains compile ensenble de Sallust, de Suetone de lucan. de Julius Cesar," e Tresor. Paul Meyer, Romania, 14 (1885), 23-6, ha suggerito Brunetto quale autore/traduttore dei Faits des Romains. Questo spiega il perché Dante in Inferno XV accenni a Catilina e Fiesole. M.-J. Mincwitz, "Notice de quelques manuscrits du Tresor," Romania, 38 (1909), 112-119, intervento su alcuni Faits des Romains e frammenti del Tresor a Berna, Svizzera. Desta interesse il fatto che questi testi anche si ritrovano in manoscritti italiani come Fatti dei Romani. Il Tresor tende anche a porre l'accento su Berengario dei Lombardi, in riferimento al suocero di Carlo d'Angiò, Raimondo Berengario di Provenza. Carmody osserva trattarsi di scribi italiani. La miniatura per l'assassinio di Cesare "par les synnatores" raffigura Cesare con una corona d'oro, la toga tirata su fino a coprire gli occhi, i senatori come italiani del tempo con copricapi con lunghe orecchie. Lo stesso copricapo indossato da Dante, foglio cviij.
R3. Vaticano Reg. lat. l320. Miniature miste, alcune francesi, fogli 1 (sul margine conigli, cervo con corna, affini al manoscritto del Fiore dei Filosofi), 20, 28v, altre fiorentine, fogli 19v, 23, 24, 27v, 33, glosse in francese e italiano, foglio 36. Exciplit, foglio l34v, "Li dit iulius cesar," foglio 155, "des governeours des chites", poi foglio. 176, metodi per la datazione della Pasqua, oroscopo, annotazioni aggiunte databili al XIV secolo sulle nascite in una famiglia italiana.
R5. Vaticano lat. 3203. Manoscritto francese, appartenuto successivamente ad un italiano, con glosse in italiano del Cardinale Bembo nel testo francese, nota di possesso, acquistato in Guascogna nel 1472, seconda redazione.
S. Bibliothèque Nationale, Fr. 1109. Mano italiana, miniature Francesi. Foglio 311, riferimento ad "Adam le Bocu d'Arras," Adam de la Halle, poeta di Corte di Carlo d'Angiò, come colophon eccetto il Tresor.
T2. Torino,
Biblioteca Nazionale, L.II.18. Antico Tresor, integro, danneggiato
da un incendio, scrittura tra la Gotica
francese e la libraria bolognese,
miniature chiaramente francesi, come colophon
componimento provenzale.
Y. Parigi, Bibliothèque Nationale, 2024. Scriba italiano, XIII secolo, come colophon componimento italiano, fogli 293, 293v.
Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea, II.280. Prima redazione, testo francese del Tresor, che termina con un resoconto dei luoghi santi del pellegrinaggio a Gerusalemme, fogli di guardia, componimenti taliani, includendo tenzoni sui re d'Inghilterra e Francia, e Carlo d'Angiò, il 'Guido, i' vorrei che tu e Lapo ed io' del sonetto di Dante, fol. 1 e altrove. "Glosse al 'Detto d'Amore,'" p. 402, correlazione per mezzo delle note tra questa lirica e l'endecasillabico Mare amoroso di 333 versi, in passato attribuito a Brunetto Latino; Il Mare amoroso di Brunetto Latini, ed. Giusto Grion (Bologna: Fava e Garagnani, 1869, e Il Propugnatore, I, pp. 3-30; Il Mare amoroso, a cura di Emilio Vuolo, Cultura neolatina, 12 (1952), 103-30; 16 (1956), 147-77; glossa, 17 (1957), 74-174; note, 18 (1958), 5-52, e Il Mare amoroso (Roma: Istituto di Filologia Moderna, Università di Roma, 1962); Leo Spitzer, "A proposito del Mare amoroso," Romanische Literaturstudien, 1936-1956 (Tubingen: Niemeyer, 1959, p. 508; e Cultura neolatina, 16, 179-199, 17, 175-6, che autore del testo considera Richard di Fournival; Cesare Segre, "Per un'edizione del mare amoroso," Giornale storico della Letteratura italiana, 140 (1963), 1-29; Joy M. Potter, "La struttura del Mare amoroso," Cultura neolatina, 23 (1963), 191-204. Come con il Fiore, possiamo certamente affermare che questi poemi sono il prodotto di una scuola, una comunità testuale in esilio, quantunque sia molto difficile accertare con esattezza qualsiasi attribuzione.
Napoli, Biblioteca Nazionale, I.G.17. Tresor francese, prima redazione, in origine nella Collezione Farnese, Roma, poi passato alla Biblioteca Palatina di Parma, prima di pervenire a Napoli. Miola, Notizie di manoscritti neolatini della Biblioteca Nazionale di Napoli, I (1895), 2-3.
Bergamo, Cassaforte 2.5. Tresor, scrittura italiana, termina con Tenzoni, poesia Catalana/Provenzale. O. Capasso, "Di un presunto originale de 'Li Livres dou Tresors,'" Bergamo, Civica Biblioteca, Bolletino, 2 (1908), 252-263.
Verona, Biblioteca
Capitolare, DVIII. Questo tardo manoscritto francese fu
chiaramente acquisito da italiani da destinarsi
come dono diplomatico ad un congiunto del Doge di
Venezia. Belle miniature francesi, legatura
italiana.
Udine, Archivio di Stato. Frammento del Tresor di 31 fogli scoperto in contesto cancelleresco in Veneto. Scrittura Francia del Nord. Cesare Scalon, Libri scuole e cultura nel Friuli medioevale: "Membra Disiecta" dell'Archivio di Stato di Udine (Padova: Antenore, 1987), pp. 209-213. Un grazie al Professor Cesare Scalon per aver portato a mia conocenza l'esistenza del manoscritto.
Modena, Biblioteca Estense E.5=alpha.P.G.l. Estratti in piccardo della sezione dell'Etica del Tresor, in libraria bolognese. Giulio Camus, "Alcuni frammenti in antico dialetto piccardo dell' Etica di Aristotele compendiata da Brunetto Latini," Memorie della Regia Accademia di Scienze, lettere ed arti in Modena, ser. 2, vol. 7 (Modena: Società tipografica, 1890), p. 8.
Un'opera
importante, che gli studiosi non sono stati molto inclini ad associare a
Brunetto Latino, è il manoscritto franco-italiano che
contiene Fiori e vita di filosafi e
d'altri savi e d'imperadori. Alfonso d'Agostino,
il curatore, è arrivato alla conclusione che il testo
fosse più tardo della Flores historiarum di
Adam de Clermont portato a termine nel
1267/1270. Fiori e vita di filosafi e
d'altri savi e d'imperadori, a cura di Alfonso d'Agostino
(Firenze: La Nuova Italia Editrice, 1979), pp. 29, 39. Si
veda anche "Uber die 'Fiore e Vita di Filosafi ed
Altri Savii ed Imperadori," ed. Harmann Varnhagen
(Erlangen: Junge, 1893). Mentre
rileva che la segnatura Na era una dei cinque manoscritti
integri del testo, non si trova egli a proprio agio con il
dialetto toscano con echi della parlata di Lucca e Pisa,
Arezzo e Cortona. Credo abbia fallito
nel suo intento. L'esame del manoscritto risulta infatti
insufficiente e deludente. Na, Firenze, Biblioteca Nazionale,
Conv. Soppr. F.4.776, proveniente da Santo Spirito, è un
manoscritto affascinante, prodotto a Parigi nel 1268, "traslato
e volgarizzatto ne la città di parigi negli anni di dio
.M./cc.lx.viii." (Fol. 26v), da Andrea
da Grosseto per un possessore italiano. Il manoscritto si apre
con il Liber consolationis et consilii di
Albertano da Brescia, incluso il
capitolo del Racconto di Melibeo
che diverrà il racconto di Chaucer nei Canterbury Tales (I
Racconti di Canterbury), Geoffrey Chaucer, The Riverside
Chaucer, ed. Larry D. Benson (Boston: Houghton
Mifflin, 1987), pp. 217-239. Conv. Soppr. F.4.776, fol. 8, "Qui e
compiuta lo primo libro de la dottrina del parlare e del
tacere facto de albertano giudice & avogado di leggio de
la cata di brescia del a contrada di santa agatha translatata
in volgançata da andrea da grosseto ne la città di parigio.
Qui si comincia il secondo libro di quegli huomini che non
possono avere consolacione dellaversita", poi il Fiore
dei filosafi, con l'exciplit "Explicit liber
filosoforum," e infine un'eccellente raccolta di poesia
provenzale. D'Agostino afferma a p.
10 che il manoscritto fu
presumibilmente scritto in francia nella langue
d'oc, ignorando l'attestazione dello
stesso manoscritto che lo indica come
originario
di Parigi. Come con il Douce 319 gli studiosi non hanno
adeguatamente considerato la
possibilità dell'esistenza di enclavi
di italiani in esilio dediti alla
produzione di libri su suolo francese.
I
fogli di guardia del manoscritto elencano i vari possessori del
libro via via succedutisi
nel tempo, tutti discendenti della famiglia dei Latino.
Si tratta chiaramente di un testo
didascalico, con al foglio 3 una raffinata
miniatura della Grammatica
in veste di maestro e del suo discepolo nelle sembianze di
un giovinetto. Brunetto probabilmente lo
ordinò per i suoi figli da Parigi, non
necessariamente scrivendo egli stesso
il testo ma dando istruzioni perché fosse fatto da altri. Quantunque
alcuni studiosi siano
propensi a credere che Brunetto potesse essere l'autore
del Fiore dei filosafi, questa rimane questione
molto dibattuta. Vinceno Nannucci osserva che
l'attribuzione a Latino del Fiore dei Filosafi
è data da un manoscritto veneziano, Manuale della letteratura del primo secolo
della lingua italiana, III
(Firenze: Barberà, 1837), pp.
223-76; Antonio Cappelli, Fiore di filosofi e di molti
savi attribuito a Brunetto Latini: Testo in parte
inedito, citato dalla Crusca e ridotto a miglio lezione
(Bologna: Gaetano Romagnoli, 1865, in Scelta di
curiosità letterarie inedite o rare dal secolo XIII al
XVI, vol. LXIII), p. vii, rileva
l'anonimo Magliabechiano, Biblioteca
Nazionale, Firenze, Magliabechiano, i manoscritti
dell'anonimo Gaddiano, Biblioteca Laurenziana, e il
manoscritto Farsetti, Biblioteca
Marciana, Venezia, con l'attribuzione, "Detti
. . . volgarizzati da Brunetto Latino"; D'Agostino, p.
95-6. Né chiaro appare
che questa fosse la redazione da cui Dante trasse il racconto di Papa Gregorio,
dell'imperatore Traiano (nel manoscritto scritto
"Troiano", secondo il modo che sarebbe
anche stato di Langland) e della vedova, che
egli adotterà in Purgatorio
X nella cornice dei superbi. Un altro
manoscritto , il Vaticano Chigiano
L.VII.267, foglio xxxviij, attesta che Brunetto
Latino è l'autore della tenzone tra Cicerone e
Sallustio. Quella "tençione" compare qui
nel Fiore dei filosafi al foglio
53. Il manoscritto dal foglio 60 in
avanti, termina con un'antologia della poesia provenzale,
includendo poeti quali Peire Cardenal e Folquet de Marseilha.
D'Agostino
a p. 10 segnala i seguenti studi del manoscritto,
E. Stengel, "Studi sopra i canzonieri provenzali
di Firenze e di Roma," Rivista di Filologia Romanza,
1 (1872), 20-45; P. Savj-Lopez, "Il canzoniere
provenzale J," Studi di Filologia Romanza,
9 (1903), 490-8; C. Brunel, Bibliographie des
manuscrits littéraires en ancien provençal
(Paris, 1935), p. 88.
Un'altra bella raccolta di poesia provenzale è conservata a Modena nella Biblioteca Estense, E.45=alpha.R.4.4, 12 agosto 1254, tuttavia scritta oltre un decennio prima, che include liriche di Arnaut Daniel, Peire Vidal, della Contessa de Dia, di Sordello (il Sordello di Dante e Browning), Bernart de Ventadorn, Fulquet de Marsella, Peire de Corbiac, Matthieu le Juif, e, sorprendentemente un romanzo cortese in prosa di Moniez d'Arras. La scrittura della raccolta è la libraria Bolognese, che, prima dell'esilio di Brunetto, attesta una profonda conoscenza della letteratura francese del sud e del nord, della langue d'oil e della langue d'oc, forse quale maniera privilegiata per comunicare con Carlo d'Angiò e la sua sposa, Beatrice di Provenza. Dobbiamo, inoltre, al contempo, richiamare alla memoria che la famiglia di Simon de Monfort, che ebbe un ruolo centrale nell'infame Crociata Albigese in Provenza, continuò ad essere al servizio di Carlo d'Angiò in Italia insieme ad Adam de la Halle - seppur l'unica prova in nostro possesso è che Brunetto fu al servizio di Carlo per un breve arco di tempo prima di far ritorno ai suoi affari fiorentini. Come Brunetto, sia Pierre de Corbiac sia Sordello scrissero delle opere dal titolo "Tresor." L'altro titolo favorito per queste raccolte di opere è "Fiore." Altre opere, appartenenti a questa cerchia, tuttavia, ricorrono alle ambientazioni dei contesti notarili e bancari dei loro luoghi di produzione e si definiscono "Detto" e "Documenti", come questi manoscrittti combinando scrittura libraria e cancelleresca, libri mastri e poesia, legge e letteratura. Dante, naturalmente, nelle pagine della sua Commedia, attingerà da Arnaut Daniel, Sordello, Bernart de Ventadorn, Folquet di Marseilles, così come dal Roman de la Rose.
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