'Dante vivo', 1997-2022 © Julia Bolton Holloway, Carlo Poli, Società Dantesca Italiana, Federico Bardazzi, Ensemble San Felice

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Anti-Purgatorio Valle dei re



DANTE ALIGHIERI

COMMEDIA. PURGATORIO VIII

                                                                                  

ra già l'ora che volge il disio    
ai navicanti e 'ntenerisce il core
   lo dì c'han detto ai dolci amici addio;

4   e che lo novo peregrin d'amore     
  punge, se ode squilla di lontano
  che paia il giorno pianger che si more;

7   quand' io incominciai a render vano  
  l'udire e a mirare una de l'alme
  surta, che l'ascoltar chiedea con mano.

10   Ella giunse e levò ambo le palme,   
  ficcando li occhi verso l'orïente,
  come dicesse a Dio: `D'altro non calme'.
                                                                                                           

                                                                                 

13   `Te lucis ante' sì devotamente    
  le uscìo di bocca e con sì dolci note,
  che fece me a me uscir di mente;

16   e l'altre poi dolcemente e devote   
  seguitar lei per tutto l'inno intero,
  avendo li occhi a le superne rote.

19   Aguzza qui, lettor, ben li occhi al vero, 
  ché 'l velo è ora ben tanto sottile,
  certo che 'l trapassar dentro è leggero.

22   Io vidi quello essercito gentile  
  tacito poscia riguardare in sùe,
  quasi aspettando, palido e umìle;

25   e vidi uscir de l'alto e scender giùe 
  due angeli con due spade affocate,
  tronche e private de le punte sue.

28   Verdi come fogliette pur mo nate  
  erano in veste, che da verdi penne
  percosse traean dietro e ventilate.

31   L'un poco sovra noi a star si venne,
  e l'altro scese in l'opposita sponda,
  sì che la gente in mezzo si contenne.
                                                                                                            

34   Ben discernëa in lor la testa bionda;
  ma ne la faccia l'occhio si smarria,
  come virtù ch'a troppo si confonda.

 37  «Ambo vegnon del grembo di Maria», 
  disse Sordello, «a guardia de la valle,
  per lo serpente che verrà vie via».

40   Ond' io, che non sapeva per qual calle,   
  mi volsi intorno, e stretto m'accostai,
  tutto gelato, a le fidate spalle.

43   E Sordello anco: «Or avvalliamo omai  
  tra le grandi ombre, e parleremo ad esse;
  grazïoso fia lor vedervi assai».

46   Solo tre passi credo ch'i' scendesse,  
  e fui di sotto, e vidi un che mirava
  pur me, come conoscer mi volesse.

49   Temp' era già che l'aere s'annerava,  
  ma non sì che tra li occhi suoi e ' miei
  non dichiarisse ciò che pria serrava.

52   Ver' me si fece, e io ver' lui mi fei: 
  giudice Nin gentil, quanto mi piacque
  quando ti vidi non esser tra ' rei!
                                                                                                             

55   Nullo bel salutar tra noi si tacque; 
  poi dimandò: «Quant' è che tu venisti
  a piè del monte per le lontane acque?».

58   «Oh!», diss' io lui, «per entro i luoghi tristi
  venni stamane, e sono in prima vita,
  ancor che l'altra, sì andando, acquisti».

61   E come fu la mia risposta udita,   
  Sordello ed elli in dietro si raccolse
  come gente di sùbito smarrita.

64   L'uno a Virgilio e l'altro a un si volse 
  che sedea lì, gridando: «Sù, Currado!
  vieni a veder che Dio per grazia volse».

67   Poi, vòlto a me: «Per quel singular grado
  che tu dei a colui che sì nasconde
  lo suo primo perché, che non lì è guado,

70   quando sarai di là da le larghe onde,  
  dì a Giovanna mia che per me chiami
  là dove a li 'nnocenti si risponde.
                                                                                                               

73   Non credo che la sua madre più m'ami,
  poscia che trasmutò le bianche bende,
  le quai convien che, misera!, ancor brami.

76   Per lei assai di lieve si comprende 
  quanto in femmina foco d'amor dura,
  se l'occhio o 'l tatto spesso non l'accende.

79   Non le farà sì bella sepultura      
  la vipera che Melanesi accampa,
  com' avria fatto il gallo di Gallura».

82   Così dicea, segnato de la stampa,     
  nel suo aspetto, di quel dritto zelo
  che misuratamente in core avvampa.

85   Li occhi miei ghiotti andavan pur al cielo,
  pur là dove le stelle son più tarde,
  sì come rota più presso a lo stelo.

88   E 'l duca mio: «Figliuol, che là sù guarde?».
  E io a lui: «A quelle tre facelle
  di che 'l polo di qua tutto quanto arde».

91   Ond' elli a me: «Le quattro chiare stelle 
  che vedevi staman, son di là basse,
  e queste son salite ov' eran quelle».

94   Com' ei parlava, e Sordello a sé il trasse 
  dicendo: «Vedi là 'l nostro avversaro»;
  e drizzò il dito perché 'n là guardasse.

97  Da quella parte onde non ha riparo   
  la picciola vallea, era una biscia,
  forse qual diede ad Eva il cibo amaro.                                                                                                             

100   Tra l'erba e ' fior venìa la mala striscia,  
  volgendo ad ora ad or la testa, e 'l dosso
  leccando come bestia che si liscia.
                                                                                                                  

103   Io non vidi, e però dicer non posso,
  come mosser li astor celestïali;
  ma vidi bene e l'uno e l'altro mosso.

106   Sentendo fender l'aere a le verdi ali, 
  fuggì 'l serpente, e li angeli dier volta,
  suso a le poste rivolando iguali.

109   L'ombra che s'era al giudice raccolta
  quando chiamò, per tutto quello assalto
  punto non fu da me guardare sciolta.

112   «Se la lucerna che ti mena in alto  
  truovi nel tuo arbitrio tanta cera
  quant' è mestiere infino al sommo smalto»,                                                                                   

115   cominciò ella, «se novella vera
  di Val di Magra o di parte vicina
  sai, dillo a me, che già grande là era.
                                                                                    
    

118   Fui chiamato Currado Malaspina;  
  non son l'antico, ma di lui discesi;
  a' miei portai l'amor che qui raffina».

121  «Oh!», diss' io lui, «per li vostri paesi
  già mai non fui; ma dove si dimora
  per tutta Europa ch'ei non sien palesi?

124   La fama che la vostra casa onora,    
  grida i segnori e grida la contrada,
  sì che ne sa chi non vi fu ancora;

127   e io vi giuro, s'io di sopra vada,   
  che vostra gente onrata non si sfregia
  del pregio de la borsa e de la spada.

130  Uso e natura sì la privilegia,    
  che, perché il capo reo il mondo torca,
  sola va dritta e 'l mal cammin dispregia».

133   Ed elli: «Or va; che 'l sol non si ricorca 
  sette volte nel letto che 'l Montone
  con tutti e quattro i piè cuopre e inforca,

136   che cotesta cortese oppinïone 
  ti fia chiavata in mezzo de la testa
  con maggior chiovi che d'altrui sermone,

139   se corso di giudicio non s'arresta».





1 One of the most lovely pilgrim similes used in Dante's text, about the nostalgia for one's homeland by travellers by sea and on land. The Angelus with its 3+3+3+9 (Beatrice's number and Mary's) is being rung at Vespers tide.

'DANTE VIVO'- LA COMMEDIA DI DANTE ALIGHIERI (Testo, lectura, musica, immagini dei manoscritti):

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