FLORIN WEBSITE © JULIA BOLTON HOLLOWAYAUREO ANELLO ASSOCIAZIONE, 1997-2024: ACADEMIA BESSARION || MEDIEVAL: BRUNETTO LATINO, DANTE ALIGHIERI, SWEET NEW STYLE: BRUNETTO LATINO, DANTE ALIGHIERI, & GEOFFREY CHAUCER || VICTORIAN: WHITE SILENCE: FLORENCE'S 'ENGLISH' CEMETERY || ELIZABETH BARRETT BROWNING || WALTER SAVAGE LANDOR || FRANCES TROLLOPE || ABOLITION OF SLAVERY || FLORENCE IN SEPIA  || CITY AND BOOK CONFERENCE PROCEEDINGS I, II, III, IV, V, VI, VII || MEDIATHECA 'FIORETTA MAZZEI' || EDITRICE AUREO ANELLO CATALOGUE || UMILTA WEBSITE ||  LINGUE/LANGUAGES: ITALIANO, ENGLISH || VITA
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GIORNATA DI STUDIO ‘DANTE VIVO’

LA CITTÀ E IL LIBRO VII    GLI ATTI



PROGRAMMA

INTRODUZIONE                                                                                                                                          
9.30
I. DANTE E LE NEUROSCIENZE
'DANTE VIVO' - JULIA BOLTON HOLLOWAY
DUE O TRE COSE CHE SO IN DANTE - DONATO MASSARO                                                         
10.00
LA REGISTRAZIONE DELLA COMMEDIA - CARLO POLI                                                             
11.00
LA MUSICA DELLA COMMEDIA - FEDERICO BARDAZZI E MARCO DI MANNO                                                            
I DISEGNI DI BOTTICELLI E DI BLAKE DELLA COMMEDIA - *MORRIS EAVES


II. DONNE E BAMBINI
SANTA ZITA DI LUCCA (1218-1278) - JULIA BOLTON HOLLOWAY                                             
12.00
PARADISO III - CARLO POLI - PICCARDA DONATI (*1273 0 1292)- *M. GRAZIA BEVERINI DEL SANTO
SANT'UMILTA DA FAENZA (1226-1310) - JULIA BOLTON HOLLOWAY
CHRISTINE DE PIZAN (1362-1431), IL CAMMIN DI LUNGO STUDIO - *ESTER ZAGO
FRANCES TROLLOPE (1780-1863), HIRAM POWERS (1805-1873), FREDERICK DOUGLASS (1818-1895)- *DENNIS LOONEY
LA DIVINA COMMEDIA LETTA DALL'UMANITÀ *GHISLAINE AVAN

PAUSA PRANZO                                                                                                                                    
     13.00

III. BRUNETTO LATINO, MAESTRO DI DANTE ALIGHIERI

'BRUNETTO LATINO, MAESTRO DI DANTE ALIGHIERI' - JULIA BOLTON HOLLOWAY  
14.00
LE COSMOGRAFIE DEL TESORO - SONIA MINUTELLO                                                              
15.00 
L'EDITIO PRINCEPS DEL TESORO, TREVISO, 1474 - *DAVID NAPOLITANO

IV. DANTE E FIRENZE                                                                                                                            
16.00                                                                                                                           
INFERNO XXVI - CARLO POLI -  L'ISCRIZIONE DEL BARGELLO - *RICHARD MAC CRACKEN
LA BATTAGLIA E IL LIBRO DI MONTAPERTI - RENATO STOPANI
COPPO 'PITTORE' - *PAOLO CAMMAROSANO
IL LIBRO DEL CHIODO - FRANCESCA KLEIN, *ENRICO GIANNINI, *DANIEL-CLAUDIU DUMITRESCU

*=PRESENTAZIONI VIRTUALI



'DANTE VIVO'
GIORNATA DI STUDIO
FIRENZE
OTTOBRE 2013




Power Point slides of the Conference, Entire Proceedings available as a DVD from Julia Holloway:

Giornata di Studio 1: Dante Alighieri

Giornata di Studio 2: William Blake

Giornata di Studio 3: Donne e bambini

Giornata di Studio 4: Brunetto Latino


                                      
AUREO ANELLO ASSOCIAZIONE E ACCADEMIA DELLE ARTI DEL DISEGNO

VIA ORSANMICHELE 4, 19 OTTOBRE, 2013, DALLE ORE 9.30 ALLE ORE 17.00


    

                   

CON IL PATROCINIO DEL COMUNE DI FIRENZE, DELL’ACCADEMIA DELLE ARTI DEL DISEGNO, DELLA SOCIETÀ DANTESCA ITALIANA, DELL’UNIONE FIORENTINA MUSEO CASA DI DANTE, DELL'ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, DELLA FONDAZIONE IL FIORE, DEL LYCEUM CLUB INTERNAZIONALE, DELL' ASSOCIAZIONE FIORETTA MAZZEI INTERNAZIONALE.

CASE EDITRICI: OLSCHKI, POLISTAMPA, LIBRERIA DELLE DONNE, SISMEL, CENTRO STUDI ROMEI






INTRODUZIONE                                                                                                                    [*3 1GIORNATASTUDIODA] PowerPoint
[9.30]

uesta Giornata di studio 'Dante vivo' dell'Aureo Anello Associazione vuole essere in onore di due donne importantissime per la città di Firenze, Fioretta Mazzei e Maria Grazia Beverini Del Santo, un omaggio per il  loro sostegno per la pace, per l'umanità, per la cultura. Un grazie di cuore al Comune di Firenze, all'Accademia delle Arti del Disegno, all'Archivio di Stato di Firenze, alla Società Dantesca Italiana, all'Unione Fiorentina Museo Casa di Dante, al Lyceum Club Internazionale, alla Fondazione il Fiore e all'Associazione Internazionale 'Fioretta Mazzei' che hanno concesso il proprio Patrocinio per questa nostra giornata. Desidero in particolare ringraziare Eugenio Giani Presidente del Consiglio Comunale e Presidente della Società Dantesca Italiana.

La Giornata di Studio *4 'Dante vivo', realizzata senza fondi nasce dall'amore per Dante e la Commedia. A motivo di ciò la partecipazione di molti dei relatori sarà virtuale, così per Morris Eaves, Ester Zago, Dennis Looney,
David Napolitano, Richard Mac Cracken e Paolo Cammarosano. Una copia del mio volume Twice-Told Tales: Brunetto Latino and Dante Alighieri, sarà donato a chi vorrà offrire il proprio contributo di 20,00 euro per prendere parte al pranzo *5 al Ristorante 'Il Pennello' [055 294848], parte della Casa di Dante originale, come vediamo nelle incisione e foto dell'800. Consiglio di partecipare alla Fiera del Libro dove potremo consultare ed esaminare i libri delle case editrici Olschki, Polistampa, Libreria delle Donne, SISMEL e del Centro Studi Romei. Nel clima economico attuale anche le case editrici sono in difficoltà e noi con il nostro sostegno siamo responsabili per la loro sopravvivenza. In particolare spero che la Libreria Editrice Fiorentina (LEF) ristamperà l'importante libro di Giovanni Papini, 'Dante vivo'. Il Dante sulla locandina è un'incisione di Bruno Vivoli della Messa di San Procolo di Giorgio La Pira e Fioretta Mazzei alla Badia Fiorentina. A Carlo Poli, figlio di contadini del Mugello, la mia grande gratitudine per la sua lettura della Commedia. A Enrico Santori, la nostra gratitudine per la locandina, e a Carlo Steinhauslin, la nostra gratitudine per i rinfreschi.

Presentiamo e condividiamo il DVD 'Dante vivo' - seppur ancora una bozza, un work in progress - con il materiale di cui oggi discuteremo. Di Brunetto Latino la Rettorica da Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, II.IV.127, il *6 Tesoretto dalla Biblioteca Medicea Laurenziana, Strozz. 146, Li Livres dou Tresor in francese dall edizione di Francis Carmody, e il Tesoro stampato a Treviso in 1474, probabilmente da un manoscritto di Francesco da Barberino, che con Dante fu allievo di Brunetto, e anche la tesi di Sonia Minutello sulle cosmografie nei manoscritti del Tesoro. *7 Di Dante Alighieri le tre cantiche della Commedia con la registrazione della lettura di Carlo Poli.  La musica e il testo del *8 Dugentesco chant-fable di Aucassin e Nicolete, scritto in Arras dove Brunetto è in esilio dopo Montaperti. *9 Poi la traduzione italiana a cura di Esther Zago del Chemin de Long Estudes, il Cammin di Lungo Studio, di Christine de Pizan, giovana vedova italiana alla corte del Re di Francia. Un totale di nove libri in uno DVD!


I. DANTE E LE NEUROSCIENZE

traniera conducendo le mie ricerche nelle biblioteche italiane, parlando di Dante con gli studiosi italiani sempre ho udito definire Dante troppo difficile, troppo oscuro.
Ma parlando con i contadini in loro ho scoperto un grande amore per Dante, sovente con la memorizzazione della Commedia come fosse una canzone, come nell'antica Grecia il canto epico di Omero. *10 Gradualmente ho capito che questo paradosso deriva dalla paideia del mondo moderno troppo concentrata sull'emisfero sinistro del cervello, della mente intellettuale, logico, astratto, lineare, che per paura esclude l'altro, esclude il corpo con suoi cinque sensi, e esclude l'anima. A questa intellettualità si accompagna la convenzione del rimanere distaccati e lontani, del non contaminare l'oggetto d'arte con le emozioni. Dante invece scrive con il cervello destro, del corpo e suoi sensi e dell'anima, scrive combinando musica (salvo che nell'Inferno), immagini, suoni, colori, *11,12,13 coinvolgendo il mondo dei cinque sensi, Vista, Udito, Tatto, Olfatto/Gusto. Con il cervello che, invece di essere incastrato sull'io, è globale: E' aperto a tutto il Cosmo. Dante crea un bellissimo equilibrio fra i due emisferi, crea dal sinistro e dal destro. Dante stesso è presente nel testo: risponde con profonde emozioni, ma al tempo stesso la sua figura rappresenta noi, Ognuno, come lettore che partecipa nel suo testo. Noi udiamo, noi vediamo, noi sentiamo, noi odoriamo, noi gustiamo, assieme a lui pienamente, partecipando agli eventi che descrive.

*
14 L'arte medievale, la poesia medievale, non rimane costretta nelle cornici, ad un livello piatto, ma esce fuori vivendo una libertà splendida e plurivalente. Qui, nel Libro del Biadaiuolo di Domenico Lenzi alla Biblioteca Medicea Laurenziana, Tempi 3, vediamo Orsanmichele, le donne e i bambini fuori del potere che ricevono aiuto, la croce che si innalza al cielo. Anche qui sentiamo i rumori, gli odori. Le miniature medievale sono come i rotoli cinesi, nei quali entriamo. Dove partecipiamo. Ascoltiamo il fiume, sentiamo il vento, odoriamo i pini. L'arte moderna sembra invece separata da noi, chiusa nelle cornici, in freddi musei, astratti, sanizzati, deodorizzati. Da non toccare! Non più le cose della natura ma ciò che è meccanico, non le forme rotonde come le spirali di Fibonacci ma la spigolosità degli angoli quadrati. Dobbiamo apprendere a leggere questa arte medievale così ricca, così multimediale e così vicina al mondo dei computer, all'IPod, IPad ecc. Un paradosso nel suo essere così moderna.

*15 Il mondo dell'emisfero sinistro costringe e mutila Dante, un canto alla volta, staccato, divorziato dal resto del testo. E dal contesto. Con prima un'ora di commento superficiale e arrogante, ripetendo gli errori del passato. Anche accompagnato dalla spiegazione che non potremo capire Dante senza questa introduzione. Poi segue la lettura piatta - troppo seria e riverente - di undici minuti. Senza la giocosità di Dante. Lo stesso Roberto Benigni ripete questo modo di rappresentare Dante. Noi, invece, nella nostra biblioteca, un gruppo di fiorentini e stranieri, per due anni abbiamo, ogni giovedì sera, letto Dante senza prima commentarlo. La Commedia due volte e la Vita Nova una volta. E' stata una bellissima esperienza. Successivamete ho registrato la lettura della Commedia di Carlo Poli, e lavorato con Federico Bardazzi e Marco Di Manno per i concerti della musica nel testo. Per scoprire davvero tesori. Ad esempio cinque volte Dante gioca con i mottetti, la giustapposizione della musica sacra in latino con la musica profana in volgare - italiano o provenzale - risolto nell'inno di san Bernardo (ma in fatti composto da Dante) all'inizio di Paradiso XXXIII, in italiano ma sacro, una lauda non benedettina o cicerstense della clausura dei chiostri ma francescana per le piazze e i suoi mercati, come quelli cantati dai laici della Compagnia laudese di Orsanmichele, dalle gente comune. Dante così scherza nelle sue pagine sorridendo nel modo del Magnificat, del Vangelo. Così, allontonandoci dal Dante in marmo bianco, freddo, classico, feroce di Santa Croce, dal Dante dell'Accademicismo romantico.

*16 Nel mio primo libro su Dante osservo come fuori del testo, e nella veste di autore, egli sia il nostro maestro, sempre con la toga rossa,*17 ma entro il testo, nelle miniature medievali, egli è un discepolo, è un apprendista, con la veste di colore azzurro. Un apprendista che impara e sbaglia, che pecca, e pecca macchiandosi di tutti e sette i peccati capitali nelle cornici dell'Inferno. Egli è anche l'apprendista del mago, l'apprendista di Virgilio, che la tradizione medievale vuole un negromante, così come ci insegna Domenico Comparetti. Nelle miniature medievali alla Commedia soltanto il suo maestro Virgilio veste la toga rossa. Con la conversione di Dante - e la nostra - dal mondo pagano e dannato sotto la legge - le lacrimae rerum di Virgilio - al mondo cristiano redento e gioioso, dove sua maestra è Beatrice, figura della fede, della speranza e dell'amore, abbigliata dei colori della bandiera italiana, bianco, verde, rosso. Così il poema serve da paideia. A noi, agli italiani, a tutto il mondo. Tutti conducendo alla libertà.




*
18 Qui vediamo l'attore che legge la Commedia con il Libro del Chiodo in mano, il libro che condanna Dante all'esilio, e la giovane cantante prima che egli sia condannato all'esilio, nel concerto della musica della Commedia eseguita dall'Ensemble San Felice di Federico Bardazzi. Noi entriamo nel testo. Con la nostra lettura diveniamo Dante. Siamo il Dante apprendista e peccatore, il Dante penitente e saggio. Come in un rotolo dipinto cinese. Come nel Pinocchio di Collodi. Tutte opere pedagogiche che insegnano in modo dilettevole.

*
19 Dante, il figlio Pietro Alighieri afferma, si serve del teatro di Terenzio, di Terentius Publius Afer, delle sue Commedie. Un teatro pieno di voci e dialoghi. Come Michail Bachtin ha scritto di Fedor Dostoevskij. Un teatro in cui incontriamo le anime perdute, esempi da non imitare, e le anime penitenti da imitare nella nostra vita - per la nostra salvezza. Terenzio, schiavo affrancato, ha scritto sei Commedie dove le donne e gli schiavi vincono e si riconciliano con i padroni maschi in una democrazia pre-cristiana. Anche noi,  le donne e i bambini, siamo attori in questo suo teatro - la Commedia - in una democrazia cristiana. 


DANTE VIVO *20

ostro ora esempi di 'Dante vivo'.

Questa parte del progetto 'Dante vivo' è dedicata alla cara memoria del Professor Claudio Leonardi, Fondatore della SISMEL

Per me, la Commedia è l'educazione libera dei contadini e degli artigiani, è l'Italia donata agli stranieri e agli esuli - come per Samuel Beckett e James Joyce. E' la vera Chiesa e la vera Università. Come medievista insegnando agli studenti americani, anche ai carcerati di New York, e oggi ai Rom di Romania, sempre faccio riferimento, perché metodo più efficace, alle fonti primarie, ai manoscritti con le miniature conservate nelle biblioteche, ai documenti autografi conservati negli archivi, alla musica cantata e alla scultura del tempo. In breve a tutto ciò che è tangibile e concreto, e che in quanto tale riesce a catturarci sensitivamente.

Il progetto 'Dante vivo' pedagogico si compone di due parti. La prima parte è dedicata a Brunetto Latino, maestro di Dante, la seconda a Dante Alighieri. Il DVD 'Dante vivo' raccoglie il materiale dei portali dedicati ai due autori. Il progetto rende disponibili sul Web e in DVD il testo della Commedia (con sullo sfondo i disegni di Sandro Botticelli e William Blake che illustrano le tre cantiche), e i file audio con la lettura delle tre cantiche. In futuro - è ancora un work in progress - anche la musica sacra e quella profana dei Canti.

*21,22 I versi danteschi sono preceduti da un file in MP3, e cliccando potremo ascoltare la lettura del canto dalla voce di Carlo Poli. Come Giotto Bordone e Beato Angelico, è nativo del Mugello, ora dedica il resto della vita alla recitazione e alla registrazione della Commedia

        
Carlo Poli, San Godenzo

DANTE ALIGHIERI, LA COMMEDIA File audio e testo in italiano:

Inferno I, Inferno II, Inferno III, Inferno IV, Inferno V, Inferno VI, Inferno VII, Inferno VIII, Inferno IX, Inferno X, Inferno XI, Inferno XII, Inferno XIII, Inferno XIV, Inferno XV, Inferno XVI, Inferno XVII, Inferno XVIII, Inferno XIX, Inferno XX, Inferno XXI, Inferno XXII, Inferno XXIII, Inferno XXIV, Inferno XXV, Inferno XXVI, Inferno XXVIIInferno XXVIII, Inferno XXIX, Inferno XXX, Inferno XXXI, Inferno XXXII, Inferno XXXIII, Inferno XXXIV 

Purgatorio I, Purgatorio II, Purgatorio III, Purgatorio IV, Purgatorio V, Purgatorio VI, Purgatorio VII, Purgatorio VIII, Purgatorio IX, Purgatorio X, Purgatorio XI, Purgatorio XII, Purgatorio XIII, Purgatorio XIV, Purgatorio XV, Purgatorio XVI, Purgatorio XVII, Purgatorio XVIII, Purgatorio XIX, Purgatorio XX, Purgatorio XXI, Purgatorio XXII, Purgatorio XXIII, Purgatorio XXIV, Purgatorio XXV, Purgatorio XXVI, Purgatorio XXVII, Purgatorio XXVIII, Purgatorio XXIX, Purgatorio XXX, Purgatorio XXXI, Purgatorio XXXII, Purgatorio XXXIII

Paradiso
I, Paradiso II, Paradiso III, Paradiso IV, Paradiso V, Paradiso VI, Paradiso VII, Paradiso VIII, Paradiso IX, Paradiso X, Paradiso XI, Paradiso XII, Paradiso XIII, Paradiso XIV, Paradiso XV, Paradiso XVI, Paradiso XVII, Paradiso XVIII, Paradiso XIX, Paradiso XX, Paradiso XXI, Paradiso XXII, Paradiso XXIII, Paradiso XXIV, Paradiso XXV, Paradiso XXVI, Paradiso XXVII, Paradiso XXVIII, Paradiso XXIX, Paradiso XXX, Paradiso XXXI, Paradiso XXXII, Paradiso XXXIII

Nell'intento di Dante così doveva essere letta la Commedia, democraticamente, come il Vangelo, come una cantastoria, anche tra le donne e i bambini a casa (Paradiso XV. 121-126).

    L'una vegghiava a studio de la culla,              
e, consolando, usava l'idïoma
che prima i padri e le madri trastulla;    

    l'altra, traendo a la rocca la chioma,           
favoleggiava con la sua famiglia
d'i Troiani, di Fiesole e di Roma. 

*23 La Commedia non solo dovevo essere letto, ma recitato, e alcuni dei canti includono salmi e canzoni da essere cantati. L'Inferno, se escludiamo l'amara parodia marziale e maschile, 'Vexilla regis prodeunt inferni,' del Canto XXXIV, manca della musica; nel Purgatorio e nel Paradiso è grandemente presente la musica, il canto gregoriano in particolare, e culmina con la Madonna e Bambino, 'Vergine madre, figlia del tuo figlio', pacificamente. Dante bambino, battezata sotto questi mosaici di San Giovanni -


Battistero di San Giovanni, Firenze

e cresciuto nella *24 casa detta 'di Dante' nei pressi della Badia fiorentina, deve aver udito i canonici e monaci intonare quei canti in chiesa e abbazia.


           Casa di Dante

*25 Ma giustapposti a questa musica sacra erano anche i canti amorosi, come i mottetti che troviamo nei manoscritti, ad esempio nel Canzoniere Palatino, BNCF Banco Rari 217, dove sono i canti siciliani e toscani


  Canzoniere Banco Rari 127 Pier delle Vigne, Bonagiunta da Lucca, Guido Guinizelli, Notaro e Guittone d'Arezzo.

ad imitare la musica provenzale, per esempio, di Arnaut Daniel. *26 Anche Las Cantigas de Santa Maria di Alfonso el Sabio raggiunto a Firenze nascono sotto influssi multiculturale arabi ed ebraici. Il 'dolce stil nuovo' di Cavalcante e Dante era cosmopolito, un po' come multiculturale e alla moda fu la musica dei 'Beatles', per gli adolescenti inglesi, americani e toscani ribelli. I lettori della Commedia del tempo di Dante devono avere, con la lettura dei versi, udito quella stessa musica, accettabile e ribelliosa, risuonare nella propria mente. Oggi possiamo rivivere questa musica ricercata con i canti dei monaci e inscenata dai musicologi.  Anche cantata dagli adolescenti nelle nostre scuole che possono così inscenare Dante in modo audio. Per questo includo il 'chant-fable' di Aucassin e Nicolete dall'Arras con la sua musica su DVD.


*27 Questa icona viene utilizzata per contradistinguere i brani musicali presenti nel testo,      
e cliccando su questa icona sarà in futuro possibile ascoltare la musica che accompagna il testo.

Salmo CXIII In exitu Israel de Aegypto
(Giacomo Baroffio) cantato da un coro di cento anime

  `In exitu Isräel de Aegypto'                          46               
cantavan tutti insieme ad una voce
con quanto di quel salmo è poscia scripto.

                                                                                               Purgatorio II.46-48

E subito dopo il canto amoroso del 'dolce stil nuovo,' 'L'amor che ne la mente mi ragiona' (112), composto da Dante e cantato
da Casella solo in questo stesso canto. Che provoca la rabbia di Catone, simile a quella di Mosé al Vitello d'oro in Esode.

Siamo oramai avvezzi alla radicata consuetudine che vuole i libri accademici con le pagine in bianco e nero, privi di immagini e senza colore. Unica eccezione ancora sono i libri d'arte. Gli alti costi di stampa, secoli or sono, hanno cancellato il colore dalla nostra vita, dai nostri studi. Essere lettori adulti significa leggere solo pagine in grigio, tutto piattto e noioso. Al tempo di Brunetto e di Dante i libri potevano essere comparati ai moderni computer, con meravigliose pagine miniate dai vividi colori o dorate. Pagine che allettavano la vista e insegnavano con giocosità. "Dante vivo", volgendo lo sguardo al passato tenta di ricreare l'esperienza che il lettore viveva al tempo di Dante. Deve essere dunque il poeta stesso a parlare, sfidando e distruggendo non la sua alterità, ma la nostra distanza dalla sensualità creativa che anima la sua poesia.

*
28 Dante rimasto orfano ebbe come suo maestro e tutore Brunetto Latino che nel 1260 ha già viaggiato alla corte del re Alfonso el Sabio di Spagna. *29 Il re e il notaio tra loro si scambiano libri: i volumi sulla astronomia araba, Alfragano, sulla filosofia greca, sull'Etica Nicomachea di Aristotele. E il Comune di Firenze successivamente riceverà in dono un manoscritto prodotto dallo stesso re, una splendida copia de Las Cantigas de Santa Maria.


  
Alfonso el Sabio e
Las Cantigas de Santa Maria, Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, Banco Rari 20

*30 In virtù di questa esperienza Brunetto in Arras e poi, dopo il suo esilio, a Firenze ha potuto creare splendidi manoscritti con miniature.


Brunetto Latino, Li Livres dou Tresor, Biblioteca Nazionale, San Pietroburgo, Fr. F.V. III N 4

Come già Brunetto da Alfonso anche Dante da Brunetto apprenderà come realizzare bellissimi libri miniati nel suo esilio.

*31 Il lavoro di ricerca su Brunetto Latino mi ha permesso di scoprire numerosi documenti direttamente connessi al testo di Dante e le citazioni estrapolate dai documenti sono qui indicate con la sua firma notarile: 






   Così adocchiato da cotal famiglia,                          22
fui conosciuto da un, che mi prese
per lo lembo e gridò: «Qual maraviglia!».  

   E io, quando 'l suo braccio a me distese,           25
ficcaï li occhi per lo cotto aspetto,
sì che 'l viso abbrusciato non difese
  

  la conoscenza süa al mio 'ntelletto;                      28
e chinando la mano a la sua faccia,
rispuosi: «Siete voi qui, ser Brunetto?».
  

  E quelli: «O figliuol mio, non ti dispiaccia          31 
se Brunetto Latino un poco teco
ritorna 'n dietro e lascia andar la traccia».
                                                                                           
Inferno XV.22-33

Mezzo secolo fa oramai, molte delle mie ricerche per la preparazione della tesi si erano concentrate sui volumi di Guido Biagi nel suo commento a Dante. Nel suo testo Biagi inserisce immagini tratte dai manoscritti che egli analogamente utilizza come commento. Successivamente ho scoperto i disegni di Botticelli creati sotto l'influsso del Savonarola. Da qui origina il sogno di creare un nuovo Biagi avvalendosi del Web e DVD, come Dante stesso forse avrebbe fatto per le sue pagine ridenti. I testi su DVD di Brunetto e di Dante sono composto con alternando lettere capitali in rosso e blu sul modello dei manoscritti medievali, una sistema Montessori per la memoria. *32 Sfondo spesso per i canti di Dante sono i disegni di Botticelli o di Blake. Nel suo testo compaiono anche altre miniature estrapolate da vari manoscritti.


Botticelli

*33


*34


Benvenuto da Imola
*35



Giovanni Boccaccio, Biblioteca Riccardiana 1035

Così la lettura del testo della Commedia era e sarà un'esperienza concreta, sensuale e immediata, ricca di suoni e visioni. Dante anche scrive della storia d'Italia, dei luoghi teatro di eventi di importanza storica. La sua è finzione ma anche la verità della cronaca, la narrazione storica per una rivista di viaggi, o per le pagine di un quotidiano. *36 Vittorio Alinari ben comprese questo quando fotografando molti dei luoghi citati nella Commedia per realizzare il suo bellissimo volume Paesaggi italici nella "Divina Commedia"pubblicato nel 1921. Fanno da didascalie alle foto le citazioni dei versi danteschi.

      
Cliccando su questa icona:      

potremo ammirare questa foto Alinari degli inizi del '900.





  Piangendo mi sgridò: «Perché mi peste?            79
se tu non vieni a crescer la vendetta
di Montaperti, perché mi moleste?».
                                                                               Inferno XXXII.79-81

Nel mio volume, Il Pellegrino e il libro: Uno studio su Dante Alighieri, basato su quello di John Demaray, The Invention of Dante's Commedia, fondamentale è stato compiere gli stessi pellegrinaggi descritti nel testo dantesco scoprendo come egli si fosse servito dei paradigmi biblici dell'Esodo e di Emmaus, nell'Inferno anche utilizzando le dieci piaghe dell'Esodo e le sette piaghe dell'Apocalisse. *37 E ancora come il Purgatorio rispecchiasse il Monte Ceceri a Fiesole (quando era fatto di gallerie nude ed esposte di pietra serena prima che gli inglesi nell'Ottocento vi piantassero i cipressi) come vediamo nel quadro di Domenico di Michelino dove le Porte dell'Inferno e del Purgatorio corrispondano alle Porte arnolfiano a Firenze.


e il *38 Monte Sinai in Egitto con la Porta della Confessione dove i monaci del Monastero di Santa Caterina ascoltano le confessioni dei pellegrini.

   
Queste sezioni del poema sono marcate con la conchiglia del pellegrinaggio a Compostela.


Dante con la Commedia, come Brunetto Latino con il suo Tesoro, ha creato un'enciclopedia. Un'enciclopedia che tratta della teologia, della storia, della geografia, che anche include un bestiario, e ancora tratta della astronomia, dell'etica, della retorica, della politica.
 
*39 In passato in Orsanmichele inserendo una monetina potevi illuminare e ammirare il tabernacolo dell'Orcagna con la Madonna di Bernardo Daddi. Una epifania in tecnicolor, una luce esplosiva brevamente per meglio ammirarne la bellezza. Prima per secoli la chiesa fiorentina delle Arti di Orsanmichele era illuminata dal tenue chiarore delle candele votive. Dopo il restauro tutto questo scompare. Non esisteva più, non più vi si celebrava la Messa, non più c'erano le candele, non più potevi con una semplice monetina far risplendere di luce i tesori d'arte che vi sono custoditi. Come con il moderno accademismo la chiesa era divenuta sterile. Un freddo museo. Il popolo si è opposto a questo, ed oggi in Orsanmichele si celebra la messa, possono essere accese le candele, anche se non più è possibile illuminare con una monetina il tabernacolo e la bellissima Madonna. Cliccare sui link disseminati in questo testo sarà come inserire una monetina per meglio ammirare la bellezza della poesia. Questo è l'ipertesto di Dante.


Do ora tre esempi di 'Dante vivo', tre epifanie, tratte dalle tre cantiche:

*40 La prima deriva in parte dalle ricerche di Robert Davidsohn, Nicolai Rubenstein, Richard Mac Cracken, e Diana Modesto.
 
DANTE ALIGHIERI, LA COMMEDIA, INFERNO XXVI File audio e testo in italiano:

Inferno I, Inferno II, Inferno III, Inferno IV, Inferno V, Inferno VI, Inferno VII, Inferno VIII, Inferno IX, Inferno X, Inferno XI, Inferno XII, Inferno XIII, Inferno XIV, Inferno XV, Inferno XVI, Inferno XVII, Inferno XVIII, Inferno XIX, Inferno XX, Inferno XXI, Inferno XXII, Inferno XXIII, Inferno XXIV, Inferno XXV, Inferno XXVI, Inferno XXVIIInferno XXVIII, Inferno XXIX, Inferno XXX, Inferno XXXI, Inferno XXXII, Inferno XXXIII, Inferno XXXIV 

*41,42,43
+SUMMALEXANDER S[AN]C[TU]SQUE[M] MVNDVS ADORAT
CV[M] PASTOR MV[N]DI REGNABA[N]T REX[QVE] GVIELMVS.
ET CV[M] VIR SPLENDE[N]S ORNATVS NOBILITATE:
DE MEDIOLANO DE TVRRI SIC ALAMANNVS:
VRBEM FLORENTE[M] GAVDENTI CORDE REGEBAT
MENIA TVNC FECIT VIR CO[N]STA[N]S ISTA FVTVRIS.
QVI PREERAT P[O]P[V]LO FLORENTI BARTHOLOMEVS
MA[N]TVA QVEM GENVIT COGNOMINE DENVVVLONO
FVLGENTE[M] SENSV CLARV[M] PROBITATE REFVLTUM
QUE[M] SIGNA[N]T AQVILE REDDV[N]T SVA SIGNA DECORVM
INSIGNVM P[O]P[V]LI QUOD CO[N]FERT GAVDIA VITE:
ILLIS QVI CVPIVNT VRBEM CONSVRGERE CELO:


QVAM FOVEAT [CHRISTV]S CO[N]SERVET FEDERE PACIS:
EST QVIA CV[N]CTORUM FLORENTIA PLENA BONORV[M].
HOSTES DEVICIT BELLO MAGNO[QUE] TVMVLTV:
GAVDET FORTVNA SIGNIS POPVLO[QUE] POTENTI:
FIRMAT EMIT FERVENS STERNIT NV[N]C CASTRA SALVTE
QVE MARE QVE TERRA[M] QUE TOTV[M] POSSIDET ORBEM.
PER QVAM REGNANTE[M] FIT FELIX TVSCIA TOTA:
TA[M]QUA[M] ROMA SEDET SEMPER DVCTVRA TRIVMPHOS.
OMNIA DISCERNIT CERTO SVB IVRE CONHERCENS:
ANNIS MILLENIS BIS CENTVM STANTIBUS ORBE:
PENTA DECEM IVNCTIS [CHRIST]I SVB NOMINE QVIN[QUE]
CUM TRINA DECIMA TVNC TE[M]PORIS INDITIONE.


BRUNETTO LATINO

BARGELLO, PALAZZO DEL PODESTA’, IL BARGELLO

GAVDET FORTVNA SIGNIS POPVLO[QUE] POTENTI:
FIRMAT EMIT FERVENS STERNIT NV[N]C CASTRA SALVTE
QVE MARE QVE TERRA[M] QUE TOTV[M] POSSIDET ORBEM.

DANTE ALIGHIERI

COMMEDIA, INFERNO XXVI

GODI, FIORENZA, POI CHE SE' SÌ GRANDE
CHE PER MARE E PER TERRA BATTI L'ALI,
E PER LO 'NFERNO TUO NOME SI SPANDE!


*44 Il canto si chiude con il naufragio di Ulisse. Ma anche con noi lettori che questa storia leggiamo male, poiché il poema molte volte è una nave di peregrini verso Gerusalemme. O a Lampedusa.

COMMEDIA. INFERNO XXVI


Tre volte il fé girar con tutte l'acque;
  a la quarta levar la poppa in suso
  e la prora ire in giù, com' altrui piacque,
 
infin che 'l mar fu sovra noi richiuso.

Inferno XXVI.139-142

*45 DANTE ALIGHIERI, LA COMMEDIA, PURGATORIO X

Purgatorio I, Purgatorio II, Purgatorio III, Purgatorio IV, Purgatorio V, Purgatorio VI, Purgatorio VII, Purgatorio VIII, Purgatorio IX, Purgatorio X, Purgatorio XI, Purgatorio XII, Purgatorio XIII, Purgatorio XIV, Purgatorio XV, Purgatorio XVI, Purgatorio XVII, Purgatorio XVIII, Purgatorio XIX, Purgatorio XX, Purgatorio XXI, Purgatorio XXII, Purgatorio XXIII, Purgatorio XXIV, Purgatorio XXV, Purgatorio XXVI, Purgatorio XXVII, Purgatorio XXVIII, Purgatorio XXIX, Purgatorio XXX, Purgatorio XXXI, Purgatorio XXXII, Purgatorio XXXIII

In Purgatorio X scolpite nel marmo (da Dio? da Dante?), *46, 47 vediamo prima l'Annunziazione, Davide che danza davanti *48 all'Arca, e *49 a seguire 'Traiano imperatore' che con tutto l'esercito romano si ferma per accogliere l'appello di una povera vedova che chiede giustizia per il proprio figlio.



   esser di marmo candido e addorno                     31
d'intagli sì, che non pur Policleto,
ma la natura lì avrebbe scorno.

   L'angel che venne in terra col decreto                 34
de la molt' anni lagrimata pace,
ch'aperse il ciel del suo lungo divieto,

   dinanzi a noi pareva sì verace                            37
quivi intagliato in un atto soave,
che non sembiava imagine che tace.

   Giurato si saria ch'el dicesse `Ave!';                    40
perché iv' era imaginata quella
ch'ad aprir l'alto amor volse la chiave;

   e avea in atto impressa esta favella                     43  
`Ecce ancilla Deï', propriamente
come figura in cera si suggella.


Il Carroccio a Pasqua a Firenze, sul modello del carro dell'Arca (vedi Zaccaria 9.10)


   Era intagliato lì nel marmo stesso                       55
lo carro e ' buoi, traendo l'arca santa,
per che si teme officio non commesso.

   Dinanzi parea gente; e tutta quanta,                    58
partita in sette cori, a' due mie' sensi
faceva dir l'un `No', l'altro `Sì, canta'.

   Similemente al fummo de li 'ncensi                     61
che v'era imaginato, li occhi e 'l naso
e al sì e al no discordi fensi.

   Lì precedeva al benedetto vaso,                         64
trescando alzato, l'umile salmista,
e più e men che re era in quel caso.

Purgatorio X.31-66


DANTE ALIGHIERI, LA COMMEDIA, PARADISO XXXIII *50


Paradiso I, Paradiso II, Paradiso III, Paradiso IV, Paradiso V, Paradiso VI, Paradiso VII, Paradiso VIII, Paradiso IX, Paradiso X, Paradiso XI, Paradiso XII, Paradiso XIII, Paradiso XIV, Paradiso XV, Paradiso XVI, Paradiso XVII, Paradiso XVIII, Paradiso XIX, Paradiso XX, Paradiso XXI, Paradiso XXII, Paradiso XXIII, Paradiso XXIV, Paradiso XXV, Paradiso XXVI, Paradiso XXVII, Paradiso XXVIII, Paradiso XXIX, Paradiso XXX, Paradiso XXXI, Paradiso XXXII, Paradiso XXXIII

*51, 52
Vergine Madre, figlia del tuo figlio,     
   umile e alta più che creatura,
   termine fisso d'etterno consiglio,

tu se' colei che l'umana natura
  nobilitasti sì, che 'l suo fattore
  non disdegnò di farsi sua fattura.

Paradiso XXXIII.1-6


Arnolfo di Cambio, Dormizione della Vergine, Opera del Duomo, Firenze

*53 Il passo successivo per la piena realizzazione del progetto è cercare sostenitori e collaboratori. La Società Dantesca Italiana, la Casa di Dante, l'Archivio di Stato di Firenze, la Biblioteca Medicea Laurenziana, la Biblioteca Riccardiana, la Città di Imola hanno già offerto la propria disponibilità, A questo deve seguire l'autorizzazione da parte della Biblioteca Nazionale, dell'Archivio di Stato di Siena, della SISMEL, dei Fratelli Alinari. Partendo da questo creare un testo, un libro parlante (con la voce recitante di Carlo Poli, attore del Mugelllo con la corretta dizione), e un Sito Web con le immagini e i file audio della musica della Commedia. Un iper-testo, una sorta di manuale per gli insegnanti, perchè lo studio di Dante sia lo studio di 'Dante vivo'. Nostri destinatari, secondo l'intento di Dante, anche le donne e i bambini che non conoscono il latino, gli emigrati italiani in Australia, Argentina, negli Stati Uniti, in Canada, gli immigrati in Italia dalla Romania, dall'Albania, dal Kossovo, dalla Tunisia, dalla Somalia, dall'Inghilterra. Gli scolari, gli alunni, gli studenti universitari in Italia e in tutto il mondo, in Cina, Giappone, India, Pakistan, Russia, Africa, nelle Americhe, in Australia. Nei paesi in cui è imposta solo la lingua inglese, "English only", meglio sarebbe pensare ad progetto con il patrocinio della Chiesa Cattolica creando circoli culturali per lo studio e la conoscenza di Dante. Dei 'Dante Clubs', che preservino e tutelino la bellezza e della lingua e del poema. Dante è il sommo catechista, il suo testo è per l'Italia, l'Europa, il mondo intero. Sulle orme di Dante, e secondo i suoi stessi intendimenti "Dante vivo" è per tutti. 

Fonti:
Dante Alighieri. La Commedia secondo l'antica vulgata a cura di Giorgio Petrocchi. Edizione Nazionale a cura della Società Dantesca Italiana. Milano: Mondadori, 1966-1967.
Dante Alighieri. La Divina Commedia. Illustrazioni di Sandro Botticelli. Firenze: Le Lettere, 1997.
Dante Alighieri. La divina commedia nella figurazione artistica e nel secolare commento. A cura di Guido Biagi, Giuseppe Lando Passerini, Enrico Rostagno & Umberto Cosmo. 3 vols. Torino: UTET, 1924-39.
Vittorio Alinari. Paesaggi italici nella 'Divina Commedia'. Firenze: Presso Giorgio e Piero Alinari, 1921.
Maria Grazia Beverini Del Santo. Piccarda Donati nella storia del Monastero di Monticelli. Firenze: Polistampa, 2007.
Julia Bolton Holloway. Beata Umiltà. Firenze: Editoriale Arcipressi, 2003.
Julia Bolton Holloway. The Pilgrim and the Book: A Study of Dante, Langland and Chaucer. Berne: Peter Lang, 1987, 1989, 1993.
Julia Bolton Holloway. Il Pellegrino e il libro: Uno studio su Dante Alighieri. Firenze: Centro Studi Romei, 2012.
Julia Bolton Holloway. Twice-Told Tales: Brunetto Latino and Dante Alighieri. Berne: Peter Lang, 1993.
Peter Brieger, Millard Meiss and Charles S. Singleton. The Illuminated Manuscripts of the Divine Comedy. Princeton: Princeton University Press, 1969. Bollingen Series LXXXI.

C. Jean Campbell. The Commonwealth of Nature: Art and Poetic Community in the Age of Dante. University Park: Pennsylvania State University Press, 2008.
Il Canzoniere Palatino. A cura di Lino Leonardi. Firenze: SISMEL, 2000.
Domenico Comparetti. Virgilio nel Medio Evo. Firenze: 'La Nuova Italia' Editrice, 1937, 1955. 2 vols.
Robert Davidsohn. Storia di Firenze.
Trans. Giovanni Battista Klein. Firenze: Sansoni, 1957.
John Demaray. The Invention of Dante's Commedia.
New Haven: Yale University Press, 1974.
I Giannini e l'Arte del libro a Firenze, 1856-1986. Firenze: Giulio Giannini e Figlio Editori, 1986.
Il Libro di Montaperti (anno 1260). A cura di Cesare Paoli. Firenze: Documenti di Storia Italiana, IX, 1889.

Il Libro del Chiodo: Riproduzione in Facsimile con edizione critica. A cura di Francesca Klein. Firenze: Polistampa, 2004.
Dennis Looney. Freedom Readers: The African American Reception of Dante Alighieri and the Divine Comedy. Notre Dame: Notre Dame University Press ,2011.
Richard Mac Cracken. The Dedication Inscription of the Palazzo del Podestà in Florence. Firenze: Leo S. Olschki, 2001.
Donato Massaro. Due o tre cose che so di Dante. Masso delle Fate, 2012.
Giovanni Papini. Dante vivo. Firenze: Libreria Editrice Fiorentina, 1933.

Horia-Roman Patapievici. Gli occhi di Beatriuce: Com'era davvero il mondo di Dante? Milano:: Mondadori, 2006.
Immanuello Romano. L'Inferno e il Paradiso. A cura di Giorgio Battistoni. Firenze: La Giuntina, 2000.
Brigitte Roux. Mondes en miniatures: L'iconographie du Livre dou Tresor de Brunetto Latini. Ginevra: Librairie Droz, 2009.
A Scuola con Ser Brunetto.: La ricezionedi Brunetto Latini dal Medioevo al Rinascimento. A cura di Irene Maffia Scariati. Firenze: SISMEL, 2008.
Renato Stopani. L'"Aguato" di Montaperti. Firenze: Editoriale Arcipressi, 2002.
Il Villani illustrato: Firenze e l'Italia medievale nelle 253 immagini del ms. Chigiano L.VIII.296 della Biblioteca Vaticana. A cura di Chiara Frugoni. Firenze: Le Lettere, 2005.

Per questi motivi per l'apertura dei lavori ho scelto l'intervento di Donato  Massaro. Contro le regole dell'Accademia scrivendo e parlando di Dante egli si è concesso di rispondere al testo coinvolgendo le emozioni uscendo dalla rigida veste dello studioso che al testo si avvicina muovendosi tra ragnatele e polvere. Di seguito si parlerà di come usufruire del testo audio, vale a dire della lettura della Commedia di Carlo Poli a cura della Mediatheca 'Fioretta Mazzei' per tutti disponibile sul Web: per gli italiani in Italia, per gli italiani della diaspora, in Australia, in Argentina, negli Stati Uniti ecc, per gli stranieri. Federico Bardazzi parlerà dei nostri concerti della musica della Commedia, frutto del lavoro di ricerca condotto sui manoscritti medievali. Sarò io a presentare l'intervento virtuale di Morris Eaves del Blake Archive dell'Università della Virginia, uno studio sulle illustrazioni per la Commedia delle miniature medievali, e sui disegni di Botticelli e Blake. Sommo modo per leggere Dante. Inscenando e incarnando il testo dove noi partecipiamo nel suo teatro.

Seguirà la sezione dedicata alle donne e a Dante, al libro di Maria Grazia Beverini Del Santo su Piccarda Donati, anche al mio libro su Santa Umiltà da Faenza morta a Firenze nel 1310, e alla traduzione italiana di Ester Zago del Chemin de Long Estudes, Il Cammino di lungo studio, di Christine de Pizan. Ricordiamo che Dante apprendista indossa la veste azzurra, il suo maestro Virgilio la veste di colore rosso. Così Christine di Pizan dipinge se stessa in azzurro o in grigio, la Sibilla che prende il posto di Virgilio, sua guida e guida di Enea, invece con la toga rossa. Nel 1403 Christine scrive in francese, e anche lo illustra con raffinate miniature espressione di una grande sensibilità femminile, un testo che è una combinazione dell'Eneide di Virgilio, del Tesoretto e Tesoro di Brunetto Latino, e della Commedia di Dante Alighieri. Con l'intervento virtuale di Dennis Looney, che su Francesca Trollope, Hiram Powers e Frederick Douglass ha compiuto le sue ricerche, parleremo di questa donna e scrittrice inglese che sprona e sostiene lo scultore americano a realizzare a Cincinatti in Ohio, la Commedia di Dante in cera. Sia Frances Trollope sia Hiram Powers riposano nel Cimitero detto 'degli Inglesi' in Piazzale Donatello, nei pressi dell'antica Porta a' Pinti, quella Porta Fiesolana che Dante e Beatrice fanciulli probabilmente tante volte varcarono per raggiungere la campagna a Sasso. Cimitero, che anche lo schiavo affrancato Frederick Douglass visitò per rendere omaggio al sepolcro di Elizabeth Barrett Browning e Theodore Parker.

Dopo la pausa pranzo seguirà la sezione dedicata all'educazione di Dante e al suo maestro, Brunetto Latino,
il cancelliere di una repubblica modellata sulla repubblica di Cicerone, così come emerge dagli studi di Sonia Minutello, David Napolitano, Richard Mac Cracken, Renato Stopani, Paolo Cammarosano. Soffermarsi sullo studio dell'educazione medievale credo sia per noi fruttuoso - ancor più oggi che la diritta via sembra quasi smarrita. La sezione successiva concentrerà il trauma causa della distruzione e della fine del Primo Popolo di Firenze, vale a dire la disfatta della Battaglia di Montaperti. Concluderemo con il Libro di Montaperti e il Libro del Chiodo, libri antichi di sette secoli giunti fino a noi, documenti che custoditi nell'Archivio di Stato di Firenze 'inchiodano' la realtà alla poesia. Questa Giornata di Studio è anche occasione per un appello. Che questi cimeli siano disponibili per la condivisione tra tutti gli studenti sparsi nel mondo. Questo sarà possibile lavorando ad un progetto per la pubblicazione delle fonti primarie digitalizzate sul Web, la pubblicazione di edizioni a stampa, la pubblicazione di saggi sul Web. E ancora con una 'Mediatheca Dantesca' per il nostro secolo e il nostro mondo in Italia. E per gli italiani della diaspora e per gli stranieri. Sarebbe anche importante una ristampa dell'edizione della Commedia di Dante curata da Antonio Lanza, forse con i disegni di Amalia Ciardi DuPrè, così come anche far conoscere e diffondere il bel libro di Maria Grazia Beverini Del Santo su Piccarda Donati. La pubblicazione della traduzione italiana dello Chemin de Long Estudes di Christine de Pizan, come Cammin di Lungo Studio, la pubblicazione dell'editio princeps del Tesoro di Brunetto Latino, la ristampa della Commedia con i disegni di Botticelli, il facsimile della coperta del Libro del Chiodo, la pubblicazione sul Web dei documenti appartenuti a Dante della Mostra nell'Archivio di Stato di Siena, ecc. Questo il progetto 'Dante vivo' tanto auspicato da Giovanni Papini un secolo fa.

Oggi partecipiamo alla presentazione di molti libri su Dante. Tra questi il volume di Donato Massaro:

                                                                   
                                                                   

DUE O TRE COSE CHE SO DI DANTE - DONATO MASSARO
[10.00]

onato Massaro con il suo approccio ci insegna a come avvicinarci a Dante.

Dante e noi

   Dante vivo. Evidentemente sì, se a 750 anni dalla nascita siamo qui a parlarne con fervore.
Qui e in tanti altri posti dove della sua opera si fanno letture e riflessioni, nelle piazze, in tante istituzioni in Italia e all'estero, nelle biblioteche e nelle scuole. Se tutto ciò accade evidentemente Dante è vivo e attuale pur dopo tanti secoli; segno che riesce ancora a parlare al cuore e alla mente degli uomini anche del nostro tempo.

   Dante è un prisma dalle molte facce, ed essendo un prisma, ci si chiede, Quale Dante: il filosofo, il teologo, lo storico, il politico, il poeta, l'uomo, il cittadino, l'erudito, l'innamorato, il polemico, il realista, il credente, il geniale, ecc. ecc.

   In realtà egli è tutto queste cose insieme, e nelle sue opere e nella sua vita appare come un gigante della Poesia e della Cultura, della Fede e della Ragione, del Sentimento e dell'Impegno. Le montagne di libri a lui dedicati testimoniano questa sua grandezza, che l'usura del tempo non ridimensiona nè la fugacità delle mode mette in discussione.

   Sicchè anche noi rileggendolo, possiamo dire a ragione quello che Bernardo di Chartres, nel secolo delle Chansons de geste, precedente al secolo di Dante, diceva per gli antichi, nella loro riscoperta, al loro confronto: "Siamo come nani appollaiati sulle spalle di giganti".

   E possiamo trarre profitto da quelle altezze, chiedendoci ora, Perchè Dante. Dante, uomo del Medio Evo è attuale per noi oggi uomini del Duemila?

   Sì, lo è, poichè egli non è imbalsamato nè datato, ma sempreverde affronta e tocca problemi che attengono alle domande fondamentali dell'uomo, quali che siano poi le risposte che ognuno dà. Le domande son sempre quelle, su il Bene e il Male, il Cielo e Terra, la Libertà e la Responsabilità, la Virtù e il Vizio, la Giustizia e l'Amore e il loro contrario, e ogni altra antinomia possibile con cui gli esseri umani si confrontano, anche oggi che la fede nella scienza e nella tecnica pare voglia sostituir la fede tout court, la Fede in Dio.

  La Scienza e la Tecnica sicuramente favoriscono il benessere ed hanno grandi meriti, ma certamente non aumentano le certezze, come la stessa letteratura degli ultimi due secoli certifica nello smarrimento dell'uomo moderno e contemporaneo con le sue inquietudini e con le sue ansie. L'uomo del duemila e l'uomo del medioevo alla fin fine cercano le stesse cose, a prescindere dalle differenti condizioni materiali in cui essi vivono, e dalla contingenza delle consuetudini e delle mode che li caratterizzano. Ecco perchè Dante è sempre attuale.

   Egli figlio del suo secolo lo supera e va oltre giungendo fino a noi, uomo di parte è sopra e oltre le parti nell'idealità di un mondo altro; fiorentino per antonomasia, diventa universale, andando oltre le mura comunali, quasi conciliatore degli opposti a motivo della sua forte ispirazione ideale e dell'alta tensione spirituale.

   Figlio del suo tempo ne diventa il cronista, ma per la sua tensione morale ne diventa il cantore, "l'altissimo poeta" nella capacità di volare alto, cogliendo così sia le istanze della città terrena che quelle della città celeste, di cui partecipa figure mirabilmente rappresentate.
 
  Dante già al suo tempo rappresentava la modernità pur proponendo la tradizione, e se la sorte delle avanguardie è quella di passare presto lasciando raramente tracce durature, egli era più che avanguardia poichè non è passato presto e ha lasciato non tracce ma un patrimonio anche per noi lontani posteri. Non passa certo di moda Dante, come non passan di moda: il campanile di Giotto, più o men coevo, e Palazzo Vecchio e il Duomo, e la Divina Commedia, cattedrale gotica della ragione e della fede. Opere del passato ma sempre attuali.

   Ma in che consiste la sua attualità. Attualità è ciò che concerne gli uomini nel loro momento storico ed esistenziale, ed oltre ai fatti ci sono sentimenti e idee che configurano l'attualità.
 
  Il geocentrismo ad esempio, il sole che gira intorno alla terra, lo percepiamo tutti, da oriente a occidente tutti i giorni, è attuale, è vero, ma il geocentrismo non è vero nè attuale, è dimostrato, l'eliocentrismo è attuale, la terra che gira intorno al sole. Dante costruisce il poema architettonicamente sul geocentrismo del suo tempo, e malgrado ciò è sempre attuale, non per sue idee scientifiche datate, questa e altre, ma per la sua visione del mondo e della vita, terrena e oltreterrena, la cui esistenza quest'ultima per ogni civiltà  è sempre stata attuale, benchè ognuna abbia dato risposte differenti in proposito ma affermandone il concetto e la possibilità che attiene al significato stesso della vita con i suoi valori e le sue componenti, il corpo e l'anima; la filosofia si pone gli stessi interrogativi e dà risposte a suo modo, come fa la fede, con il sentimento, con la ragione.

  Ma se la scienza, con il geocentrismo rivela la sua parzialità e caducità, la coscienza continua a interpellarci sui grandi temi dell'uomo, che sono di perenne attualità e che Dante ha saputo interpretare magnificamente, in un compiuto sistema cristiano di valori.

   Il legame storico, culturale, morale, spirituale di Dante con noi, nella valenza delle idee portanti e fondanti della sua opera, nella persistenza delle domande e delle risposte esistenziali sulla vita e nella bellezza della sua poesia, ci fa dire senza titubanze: Dante è vivo.


LA REGISTRAZIONE DELLA COMMEDIA - CARLO POLI

ra entriamo nel mondo del suono di Dante, nel mondo della lettura e del canto. Per anni con Carlo Poli ho lavorato alla registrazione della lettura di tutta la Commedia. Egli, figlio di contadini del Mugello, per la sua corretta dizione fa parte della tradizione orale di Dante: Paradiso III

LA MUSICA DELLA COMMEDIA - FEDERICO BARDAZZI
[11.00]

icordiamo con sant'Agostino 'che chi canta, prega due volte'. Dante, infatti, ai suoi canti dà il titolo di 'Cantiche'. Il Cantico dei Cantici di Salomone in ebraico è cantato, non soltanto letto (consiglio di ascoltarlo su Web in ebraico, è bellissimo), e Dante ben conosce questo dal suo amico ebreo a Verona, Imanuello Romano. Dopo la registrazione della lettura della Commedia ho incontrato il musicista/musicologo Federico Bardazzi, figlio del mio grande amico alla Messa dei Poveri, l'ingegnere Alfredo Bardazzi, e da questo incontro è nata una collaborazione con l'idea di presentare la Commedia con la sua musica. Scrivendo per lui la Regia per questo progetto ho percepito come la Commedia sia davvero un 'musical'. Anche in questo caso abbiamo utilizzato le immagini, le miniature. *Il nostro Dante fuori dell'azione, come colui che scrive e legge il suo stesso testo, veste la toga rossa del magister, la sua immagine dentro l'azione, invece, è in azzurro, e la sua voce è la voce immatura di una donna, di un bambino.

 

I DISEGNI DI BOTTICELLI/BLAKE DELLA COMMEDIA - *MORRIS EAVES                        [*2GIORNATASTUDIOWB]  PowerPoint

l modo in cui le Lecturae Dantis sono condotte con un'unica voce recitante ricalca il testo della Commedia a stampa, soltanto in bianco e nero, senza canti, senza immagini, senza il colore. I giovani con il computer diversamente che nella lettura di un libro a stampa solo in bianco e nero sono immersi in un mondo fatto di immagini e suoni. Dante stesso e il suo Maestro Brunetto hanno vissuto immersi in un mondo multimediale, fatto di suoni, canti, colori, immagini. Quando ho iniziato le mie ricerche su Dante e altri autori medievali francesi e inglesi - al tempo dell'alluvione del 1966 a Firenze - a Berkeley traendone grande profitto ho studiato gli enormi volumi di Biagi che al testo accompagna le miniature e i più antichi commentari. *2 Ho percepito l'importanza e il valore delle immagini sin da bambina, quando ancora analfabeta nella biblioteca dei miei genitori scoprii le spaventose incisioni di Gustave Doré. Ne fui molto colpita ma non le amavo e non le amo oggi proprio perché in bianco e nero, di un colore mettallico e piene di crudeltà. Invece le miniature medievali, come Dante stesso dice, sorridono: 'piu ridon le carte/ Che pennellegia Franco Bolognese'. *3 Possiedono una bellezza profondissima. In particolare le miniature di Imola che accompagnano il commentario di Benvenuto da Imola. Questo manoscritto è spezzato tra Imola e Parigi, e le carte conservate a Parigi con le anime nude sono state barbaramente danneggite. Intatte e integre sono invece quelle di Imola. *4 Il Codice Urbinate di Dante al Vaticano è rinascimentale e della scuola di Mantegna, ma in tutto riflettono l'iconografia medievale. Ed ecco Dante apprendista con la veste di colore azzurro, Virgilio con la toga rossa del maestro. *5 Negli splendidi disegni di Botticelli e *6-53  anche nei disegni di William Blake (1757-1827) Dante erroneamente nel suo sogno/visione è in rosso, il colore di quando è fuori del proprio testo, Virgilio all'inverso in azzurro. A parte questo i due artisti intuiscono a un livello profondissimo come leggere e capire le parole di Dante, come inscenare e vivere loro.

*54 Concludo con Dante Gabriel Rosetti, il suo padre in esilio politico dall'Italia, e che insegna Dante a Londra nell'800, il figlio pingendo Dante pingendo l'angelo all'anniversario della morte di Beatrice, preso dalla Vita Nova, in un atto auto riferenziale. Un quadro ora custodito all'Ashmolean Museum di Oxford.

La mia profonda riconoscenza al Professor Morris Eaves e al Blake Archive dell'Università della Virginia per aver condiviso con noi a Firenze i disegni di Blake per Dante: http://www.blakearchive.org/blake/


II. ANCHE LE DONNE E I BAMBINI                                                                                       [*1 3GIORNATASTUDIODB]  PowerPoint
[12.00]

ggi escludendo Benigni e i contadini, Dante rimane chiuso negli scaffali polverosi delle biblioteche, o solo tra le mani degli studiosi. Amo molto studiare nella biblioteca della Società Dantesca Italiana ma anche amo condividere Dante con i più poveri. Dante stesso ha scelto di non scrivere in latino per gli studiosi, ma in italiano, affinché anche le donne e i bambini potessero comprendere. E Dante spesso utilizza scene e vignette con la povera gente. Nei suoi riferimenti alla poesia epica, alle parabole del Vangelo, alla vita nelle strade di Firenze e del suo circondario. Nei suoi continui riferimenti ai contadini, agli artigiani, a tutti coloro che sono ai margini, fuori dall'educazione formale e lontani dal privilegio. E' per loro anche che egli scrive.




*2 Ai Rom che mendicano per le strade di Firenze in passato ero solita donare cartoline artistiche (riproduzioni dell'arte fiorentina), ad esempio del dipinto di Domenico di Michelino con Dante che insegna la Commedia ai fiorentini in Santa Maria del Fiore. Un giorno una Rom guardando la cartolina mi ha chiesto 'È lui un santo?' Ho risposto 'No, Dante non è un santo, ma a Firenze predicava su come essere buoni'. Nell'udire queste parole ha in cuor che davvero l'immagine fosse quella di un santo, e l'ha baciata come fosse un'icona! Oggi insegno alle famiglie Rom l'alfabeto nella nostra Mediatheca 'Fioretta Mazzei', a loro che sono quasi tutti illetterati. Senza alcuna forma di scholarizzazione o istruzione.

Loro ascoltano con interesse la lettura della Commedia quando registro Carlo Poli. *3 E il loro libro preferito è La Commedia illustrata per ragazzi.

*4 Una ragazza Rom di dieci anni, Esmeralda, partecipante alla Messa dei Poveri alla Badia e alla nostra scuola di alfabetizzazione, vedendo nel mio computer il testo in italiano medievale di Brunetto Latino, maestro di Dante Alihgieri, la parte in cui egli traduce l'Etica Nicomachea di Aristotele sulla Giustizia, è riuscita a leggerlo perfettamente - e nella sua terza lingua. Questa famiglia: la madre vedova, il fratello di dodici anni, e lei stessa, in fatti nata qui a Firenze, dopo un disumano sgombero costretti a dormire per strada sotto la pioggia battente sono per questo anche stati multati. Cacciati dalla città sono poi partiti per la Francia.

SANTA ZITA DI LUCCA - JULIA BOLTON HOLLOWAY

*5 Il peccato per il quale Dante è condannato tre volte all'esilio e a morte nel Libro del Chiodo è il peccato di baratteria. In Inferno XXI, in questo cerchio, Dante ha paura dei demoni.

              Del nostro ponte disse: «O Malebranche,         37
           ecco un de li anzïan di Santa Zita!                                        
*6
                                                                                 
                                                                                   Santa Zita. Disegni di Frances Alexander
          

           Mettetel sotto, ch'i' torno per anche

   a quella terra, che n'è ben fornita:                       40
ogn' uom v'è barattier, fuor che Bonturo;
del no, per li denar, vi si fa ita».

   Là giù 'l buttò, e per lo scoglio duro                   43
si volse; e mai non fu mastino sciolto
con tanta fretta a seguitar lo furo.

             Quel s'attuffò, e tornò sù convolto;                    46
         ma i demon che del ponte avean coperchio,
         gridar: «Qui non ha loco il Santo Volto!
»                                *8
                                                                                                                          
         

Così in Inferno XXI in mezzo ai diavoli si pronuncia il nome della santa patrona di Lucca, l'umile serva Zita, che al suo padrone sottrae il mantello per donarlo a un povero, poi a lui restituito da un angelo che si presenta alla porta. Il povero è Cristo stesso. Anche Santa Zita lottò con la scopa in mano contro un diavolo per salvare l'anima di un ragazzo. Questo secondo miracolo conferisce un tratto comico alla scena. Il ragazzo è qui Dante! In mezzo a quei dannati si fa poi riferimento alla salvezza, e subito dopo al Santo Volto di Lucca. Il nome di Gesù Cristo e la musica sacra dell''Alleluia' mancano nelle pagine quaresimali dell'Inferno. Ma qui compare il nome di una serva, una serva del Magnificat, e il riferimento al Santo Volto di Lucca, anche se Lucca è di Firenze città rivale. Francesca Alexander, una americana nell'800, dopo aver udito la storia della santa cantata in una cantastoria da una contadina, Beatrice Bernardi, realizza i disegni che ne illustrano la vita, disegni che incontreranno l'ammirazione di John Ruskin. *9 Splendida è la festa di Santa Zita che si celebra a Lucca il 27 aprile. L'urna di cristallo con le sue spoglie è posta al centro della chiesa di San Frediano e tutti i lucchesi vi accorrono devotissimi per venerare la loro santa. Sfiorano il cristallo dell'urna con i profumati narcisi, e per tutto il giorno quei fiori portano con sé per le strade della città in onore della loro buona serva ladra. *10 Questa storia mi richiama alla memoria la storia di Santa Paraskeva di Iasi, anch'ella una ladra buona che dona ai poveri il cibo che sottrae in casa ai genitori. Una santa molto amata dai Rom rumeni che toccano lo schermo del mio computer quando vedono la sua immagine,  sicuri di averne protezione e di essere da lei guariti da tutti i mali per un anno.

*11,12 PICCARDA DONATI - *MARIA GRAZIA BEVERINI DEL SANTO

a mia carissima amica, prematuramente scomparsa, Maria Grazia Beverini Del Santo, ha scritto un splendido libro su Piccarda Donati e sul suo convento di Bellosguardo. Quel convento era fondato dalla sorella di Santa Chiara, e anche custodiva il saio del santo. Da questo convento Piccarda fu rapita dal fratello Corso Donati. In Paradiso III nel Cielo della Luna Piccarda parla con Dante, sposato a Gemma della stessa famiglia dei Donati. Questa storia mi tocca profondamente. Costretta ad abbandonare il mio chiostro, il mio convento nel Sussex in Inghilterra, ho qui trovato come eremita la pace di Firenze.  

Ora Carlo Poli lega il terzo canto del Paradiso

*13 SANT'UMILTA DA FAENZA - JULIA BOLTON HOLLOWAY

l tempo di Dante vive a Firenze un'altra suora, *14 Santa Umiltà, fondatrice delle suore Vallombrosiane, giunta da Faenza al tempo della Pace del Cardinale Latino e quando Dante è diciassettenne. *15 Umiltà inizia ad edificare il proprio convento con l'aiuto di un asino sul sito dove oggi sorge la Fortezza da Basso  *16 Poco dopo compie un miracolo prodigioso resuscitando un bambino fiorentino. Per questo viene ben accolta dal Comune di Firenze che nel 1297 affidando i lavori all'architetto Giovanni Pisani, figlio di Niccolò, ultimò il convento. *17 Ella muore poco dopo nel 1310. Il Duca Alessandro dei Medici distruggerà il suo convento per edificare la Fortezza nel 1534. Una fortezza contro i suoi stessi cittadini, contro i fiorentini. Le consorelle dovettero traslarne le spoglie prima a San Salvi, poi nel loro attuale convento a Bagno a Ripoli, dove sono conservate in un'urna di cristallo - come quella di Santa Zita a Lucca. *18 Il polittico del Lorenzetti, che documenta la Firenze di Dante, oggi è in parte conservato agli Uffizi e in parte a Berlino. La statua scolpita dall'Orcagna, invece, è  rimasta a San Salvi. *19,20 Le omelie che ella, illetterata detta alle consorelle, sono permeate di uno splendido misticismo.


*21 CHRISTINE DE PIZAN, LE CHEMIN DE LONC ESTUDES – *ESTHER ZAGO

n secolo dopo un'italiana alla corte del re di Francia, *22-26 Christine de Pizan, Cristina da Pizzano, scrive in francese Le Chemin de Lonc Estudes, Il Cammin di Lungo Studio, la Commedia ma femminile in francese. Ella è qui come Dante nel suo testo, con la veste grigia o azzurra, e la Sibilla, che prende il posto di Virgilio e insegna a lei tutto, indossa la veste di colore rosso. Fanciulla ebbe libero accesso alla biblioteca del re di Francia leggendo quasi tutto. Rimasta vedova e con un figlio da allevare, scrive splendidi libri ai re e ai nobili su come governare l'Europa con l'arma della pace. Quando ho scoperto che molti importantissimi libri scritti dalle donne su Firenze mancassero di una traduzione italiana, alla mia collega Ester Zago ho commissionato la traduzione italiana de Le Chemin de Lonc Estudes oggi contenuto in questo DVD, e poi a Bruna Dell'Agnese e ad Anna Vincitorio la traduzione di Aurora Leigh e Casa Guidi Windows di Elizabeth Barrett Browning. Anche il secondo nostro convegno della serie su la 'Città e Libro' si è incentrato sui manoscritti delle donne custoditi nelle biblioteche toscane. Il manoscritto di Egeria ad Arezzo, il manoscritto di Ildegarda di Bingen a Lucca, quello di Marguerite Porete alla Riccardiana a Firenze, quello di Brigida di Svezia scritto da Cristofano di Gano, segretario di Caterina da Siena, a Siena. Le donne medievali, Matelda Contessa di Toscana, Beatrice Portinari, ecc., sono state figure di grande rilievo a Firenze. Perchè mi chiedo non esistono delle statue che le ricordano in questa città? Scolpite da Amalia DuPrè in passato *27 o da Amalia Ciardi DuPrè oggi? Nello stile di Orcagna della Santa Umilta?

*28 FRANCES TROLLOPE, HIRAM POWERS, FREDERICK DOUGLASS - *DENNIS LOONEY

rances Trollope, madre di Anthony Trollope, e Hiram Powers, scultore, a Cincinnnati in Ohio, sulla frontiera americana, realizzano la Commedia di Dante in cera. Successivamente giunto a Firenze egli insegnerà all'Accademia di Belle Arti. Harriet Beecher Stowe da due altri romanzi contro la schiavitù, Jonathan Jefferson Whitelaw di Frances Trollope e Archy Moore, the white slave; or, Memoirs of a fugitive di Richard Hildreth, trae ispirazione per creare il suo romanzo Uncle Tom's Cabin, La Capanna dello Zio Tom. I due scrittori, Trollope e Hildreth, e lo scultore, Powers, hanno tutti trovato sepoltura qui a Firenze nell' 'English' Cemetery, proprietà svizzera in Piazzale Donatello. I Rom in Romania, schiavi dei monasteri e dei nobili dal Medio Evo fino all'Ottocento conosceranno la libertà quando Uncle Tom's Cabin verrà tradotto in Rumeno. Oggi studiano l'alfabeto e leggono Dante inseriti in un progetto per il restauro del Cimitero 'degli Inglesi'. Dennis Looney, mio collega, recentemente ha pubblicato il volume Freedom Readers: The African American Reception of Dante Alighieri and The Divine Comedy.


*29 LA DIVINA COMMEDIA LETTA ALL'UMANITÀ - *GHISLAINE AVAN

a danzatrice e coreografa francese/italiana Ghislaine Avan, lavora ad un bellissimo progetto: 'La Divina Commedia letta dall'Umanità'. Ovunque ella vada in tutto il mondo con la sua arte invita in una sorta di sfida alla lettura di pagine di Dante. Le sue performance sono anche disponibili in video. Si veda per questo il sito:
http://www.ghislaineavan.com/spip.php?page=page_ladumonde_it


Dante scrive per le donne ed i bambini, come sua guida sulla via della salvezza scegliendo la fiorentina Beatrice cristiana e femminile e non il Virgilio del mondo pagano, romano e di sesso maschile, dell'Inferno. Questo credo il motivo per cui le donne apprezzano Dante. Dorothy Sayers e Barbara Reynolds ad esempio dimostrando questo amore con la loro traduzione della Commedia in lingua inglese. Un Cammin di Lungo Studio anche per noi.



PAUSA PRANZO *30                                                                   
[13.00]


Da
nte lamenta:
              'Tu proverai sì come sa di sale
lo pane altrui, e come è duro calle
lo scendere e 'l salir per l'altrui scale'. Paradiso XVII. 58-60.

Per la pausa pranzo gusteremo il pane toscano senza sale, salumi toscani, formaggio pecorino, vino e acqua. Un pranzo molto democratico, tipicamente fiorentino e rustico. *31 Quelli che hanno comprato copie del libro, Twice-Told Tales: Brunetto Latino e Dante Alighieri, possano pranzare a 'Il Pennello', accanto alla Casa di Dante e alla porta vera di questa casa che vediamo nelle foto e incisione dell'800. I lavori riprenderanno dopo circa un'ora alle 14.00.

 


III. DANTE PAIDEIA           *1                                                                                                                                                                            [4GIORNATA DI STUDIOBL] PowerPoint
[14.00]

BRUNETTO LATINO, MAESTRO DI DANTE ALIGHIERI - JULIA BOLTON HOLLOWAY *2
/1=note
*2=diapositivo di Power Point

   'Sieti raccomandato il mio Tesoro 
                                                          nel qual io vivo ancora'              Dante, Inferno XV.119-120

  *
onostante nell'Ottocento e anche oggì gli studiosi si riferiscano al maestro di Dante con il nome di 'Brunetto Latini', *3 egli nel riferirsi a se stesso adotta il nome latino 'Burnectus Bonaccursi Latinus', il nome francese 'Maitre Brunet Latin', e l'italiano 'ser' o 'maestro Burnetto Latino'. Gli stessi suoi contemporanei, come Dante in Inferno XV, lo appellano con il nome di 'Brunetto Latino', e, in fatti, ha lui nomina se stesso così.

  E quelli: «O figliuol mio, non ti dispiaccia          31 
se Brunetto Latino un poco teco
ritorna 'n dietro e lascia andar la traccia».
                                                                                            Inferno XV.31-33

Il mio lavoro di ricerca in biblioteche e archivi, lo studio di testi e miniature, predilige le fonti dirette, vicine all'epoca in cui Brunetto Latino visse che non congetture e letture critiche successive. Do più credito ai documenti coevi, ignorando l'accumulo di errori sedimentatisi nel corso del tempo. Per queste ricerche, dunque, il mio grande debito di riconoscenza va agli studi condotti da Robert Davidsohn e alle ricerche di Daniela De Rosa negli archivi./1 Questa conferenza rifiuta le posizioni di Vittorio Imbriani, André Pezard, e altri che hanno falsificato il modo comune di percepire il maestro di Dante./2 *4 Le miniature dei manoscritti del Tesoretto, della Rettorica, dell'Etica, de Li Livres dou Tresor, de Il Tesoro, raffigurano Brunetto Latino come maestro con i suoi discepoli. Soltanto in un tardo manoscritto del Tesoro in Veneto si afferma trattarsi di una traduzione in italiano dal francese da parte di Bono Giamboni, collega di Brunetto. Tutti gli altri manoscritti asserivano trattarsi del testo di Brunetto. *5 Tuttavia, dopo l'edizione del 1839 di Carrer da un'edizione a stampa del 1533 di questo stesso tardo manoscritto, i bibliotecari hanno tramandato l'errore nei manoscritti, anche catalogando i manoscritti sotto il nome di Giamboni, ad esempio 'VIII/ LATINI (Brunetto)/ Tesoro volgarizzato/ da/ Bono Giamboni, &c'. Il manoscritto della Biblioteca Nazionale II.VIII.36, scritto nel 1286, possibilmente da Dante Alighieri, chiaramente non è un manoscritto di Bono Giamboni. Questa conferenza indagherà il legame tra il Cancelliere fiorentino ed i suoi discepoli: Guido Cavalcanti, nemico di Corso Donati, Dante Alighieri, amico di Guido, ma che, come Priore, condanna Guido all'esilio provocandone la morte, e Francesco da Barberino, notaio di Corso Donati a Treviso nel 1308, e che con i suoi diffonderà i testi di Brunetto e Dante. *6 Il DVD contiene il facsimile dell'editio princeps del Tesoro del 1474 stampato a Treviso, credo, da un manoscritto di Francesco da Barberino dell'opera del suo maestro Brunetto Latino. Dapprima esaminerò i documenti legali, poi i manoscritti con miniature.
 

I. DOCUMENTI NEGLI ARCHIVI
 d
ocumenti in latino negli archivi dimostrano che la creazione della Commedia di Dante deriva in parte dalle formulae intertestuali della Cancelleria del suo maestro Latino, che questi a sua volta apprese dallo stile cancelleresco del padre Bonaccursus Latinus, dallo stile di Federico II di Sicilia, di Alfonso el Sabio di Spagna, e di Carlo conte d'Angiò e di Provenza, re di Sicilia e di Gerusalemme. 
I documenti negli archivi, morti e tuttavia veri, dall'emispero sinistro del cervello, danno vigore al poema vivo e di finzione, dell'emispero destro. Questo è il disegno dei fili dietro la tela, gli intrecci dell'arazzo, il livello letterale che vive dietro ai quattro sensi allegorici della poesia e della teologia della Commedia.

*7 Nel testo di Dante, in Inferno XIII, incontriamo una figura che va a contrapporsi a Brunetto Latino. In una scena spaventosa, vediamo Dante cogliere un ramo secco che subito inizia a sanguinare e a parlare - potremmo aggiungere a sanguinare inchiostro cancelleresco bruno. Dante poi raccoglie le foglie cadute (folia) e le restituisce al legittimo proprietario. L'ombra, l'albero che parla è il suicida Pier Delle Vigne, Cancelliere dell'Imperatore Federico II di Sicilia. Pier Delle Vigne come Logoteta, capo della cancelleria imperiale, con il suo insegnamento ammaestra i suoi discepoli per così avviarli a quell'ufficio. Il suo metodo di insegnamento comprendeva la copiatura delle sue stesse epistole raccolte come exempla in un Epistolarium. Ritroviamo questa collezione di epistole a Firenze tradotta in italiano e continuata da Ser Brunetto Latino per essere copiata dai suoi studenti, con anche inclusa l'epistola di Brunetto stesso inviata al Comune di Pavia dopo l'esecuzione da parte dei fiorentini dell'Abate Tesauro di Vallombrosa./3

*8 Poi, quando Dante incontra Ser Brunetto in Inferno XV, da lui conosce i nomi di coloro i quali sono in quel girone, *9 nel canto successivo incontra la triade di fuggitivi, Guido Guerra, Tegghaio Aldobrandi e Jacopo Rusticucci, in vita eminenti cittadini del governo del Primo Popolo di Firenze, la sua prima Repubblica. Negli archivi fiorentini nel corso del lavoro di ricerca su Brunetto Latino, sempre riferendomi ai volumi di Robert Davidsohn, ho scoperto numerosissimi documenti, alcuni di proprio pugno di Brunetto Latino, in tutto dieci, e oltre un centinaio di altri nei quali ricorre il suo nome, tutti riflessi nei canti del poema di Dante. Ad esempio, i documenti su Guido Guerra in riferimento all'atto di vendita del suo castello di Romena, 6 Maggio 1255, con testimone Farinata degli Uberti./4 Si tratta dei Conti Guidi una potente famiglia per la maggior parte ghibellina, con l'eccezione di Guido Guerra, Capitano della Firenze Guelfa. Romena fu associata a maestro Adamo, indotto dai Guidi ghibellini a falsificare i fiorini gigliati di Firenze guelfa e che Dante pone nell'Inferno.*10 Nel Paradiso XV di Dante vediamo il suo antenato Cacciaguida rammaricarsi per la vendita a Firenze dei castelli dei Guidi. Lo stesso Dante in esilio sarà ospite dei Guidi ghibellini a Poppi e Romena, così annullando la sua formazione di stampo repubblicano guelfo.

*11 DOCUMENTO I [ASS]. Seppur ancor giovane, forse 24enne, il 20 Aprile 1254, Brunetto Latino, 'Ser Burnectus Bonaccursi Latinus', questo il suo nome nel documento, è il notaio che redige il trattato di pace con Siena in cui Jacopo Rusticucci e Ugo Spini sono citati come ambasciatori di Firenze. Al suono delle campane, 'ad sonum campanarum comunis', il trattato di pace fu poi firmato e legalizzato a Firenze nella Chiesa di Santa Reparata alla presenza degli Anziani, dei consoli e di tutti gli ufficiali della città e del popolo di Firenze. È scritto in un raffinato latino ciceroniano, nello stile repubblicano, molto discostandosi dalla retorica imperiale di Pier Delle Vigne che emula con sarcasmo la retorica della Curia papale.  

Quel documento successivamente, l'11 giugno 1254, fu utilizzato come base per la firma dei Senesi a Montereggioni, che Dante anche menziona in Inferno XXXI, comparando le dodici sue alte torri feroci ai dodici giganti attorno a Satana nel suo abisso profondissimo. Questo documento redatto di proprio pugno da Brunetto Latino, nella sua chiara bella scrittura ed il sigillo notarile della fontana/colonna/5 è tutt'oggi conservato a Siena. Con questo numerosi altri sono i documenti conservati nell'Archivio di Stato in quella cittàtestimoni delle trame e dei preparativi di guerra da parte di Siena con Farinata degli Uberti e altri ghibellini fiorentini insieme al Re Manfredi di Sicilia, figlio naturale dell'Imperatore Federico. 

In Inferno VI.79-80, Dante domanda a Ciacco, il goloso, di 'Farinata e'l Tegghiaio . . . Iacopo Rusticucci' e altri. In Inferno XVI.34-45, Jacopo Rusticucci gli dice di come con Guerra e Tegghiaio Aldobrandi partecipò alla vita politica di Firenze, aggiungendo:

    E io, che posto son con loro in croce,
    Iacopo Rusticucci fui . . .

'E io . . . ' 'Et ego . . . ' questa la formula legale ad un documento comunale di un trattato politico. Il poema di finzione di Dante è così legalizzato, all'interno del suo stesso testo, da innumerevoli ombre. Ombre che egli poté solo incontrare tra le pergamene, nei documenti della Cancellerria fiorentina. Tegghiaio Aldobrandi, ad esempio, era già morto prima della nascita di Dante.

*12 DOCUMENTO II [ASF]. Il 25 Agosto 1254, Brunetto Latino redige ancora un altro trattato di pace, questa volta tra i guelfi di Arezzo e Firenze, firmato quello stesso giorno all'usuale suono delle campane nella Chiesa di San Lorenzo. Ne troviamo copia nei Capitoli di Firenze redatto di proprio pugno con attenta cura da Brunetto Latino, con apposto il suo sigillo notarile, la colonna/fontana./6

In Ottobre, e nuovamente nel dicembre 1254, troviamo Brunetto Latino impegnato per un trattato di pace con Pisa. Dai documenti possiamo constatare anche il coinvolgimento di Genova e Lucca. Il trattato viene firmato il 10 Ottobre, 'Et ego Burnectus Bonacursi Latini notarius et nunc Ancianorum scriba et comunis'./7 Villani, lo storico della Firenze medievale, asserisce che il 1254 a motivo della propria diplomazia e per il potere militare fu dai fiorentini definito 'l'anno della vittoria'./8

Quello stesso anno Brunetto si era distinto per lo studio e l'emendamento degli Statuti di Volterra./9

*13-18 Abbiamo già parlato del lavoro di ricerca di Robert Davidsohn, Nicolai Rubenstein, Richard Mac Cracken, e Diana Modesto da cui sapiamo che nel 1255 il Popolo di Firenze acquisì il terreno dalla Badia per edificare il primo Palazzo del Popolo, oggi il Bargello. Le parole di Brunetto Latino incise sulla lapide della facciata, che Dante sarcasticamente riecheggia ad apertura di Inferno XXVI, corrispondono al canto di Ulisse:

+SUMMALEXANDER S[AN]C[TU]SQUE[M] MVNDVS ADORAT
CV[M] PASTOR MV[N]DI REGNABA[N]T REX[QVE] GVIELMVS.
ET CV[M] VIR SPLENDE[N]S ORNATVS NOBILITATE:
DE MEDIOLANO DE TVRRI SIC ALAMANNVS:
VRBEM FLORENTE[M] GAVDENTI CORDE REGEBAT
MENIA TVNC FECIT VIR CO[N]STA[N]S ISTA FVTVRIS.
QVI PREERAT P[O]P[V]LO FLORENTI BARTHOLOMEVS
MA[N]TVA QVEM GENVIT COGNOMINE DENVVVLONO
FVLGENTE[M] SENSV CLARV[M] PROBITATE REFVLTUM
QUE[M] SIGNA[N]T AQVILE REDDV[N]T SVA SIGNA DECORVM
INSIGNVM P[O]P[V]LI QUOD CO[N]FERT GAVDIA VITE:
ILLIS QVI CVPIVNT VRBEM CONSVRGERE CELO:

QVAM FOVEAT [CHRISTV]S CO[N]SERVET FEDERE PACIS:
EST QVIA CV[N]CTORUM FLORENTIA PLENA BONORV[M].
HOSTES DEVICIT BELLO MAGNO[QUE] TVMVLTV:
GAVDET FORTVNA SIGNIS POPVLO[QUE] POTENTI:
FIRMAT EMIT FERVENS STERNIT NV[N]C CASTRA SALVTE
QVE MARE QVE TERRA[M] QUE TOTV[M] POSSIDET ORBEM.
PER QVAM REGNANTE[M] FIT FELIX TVSCIA TOTA:
TA[M]QUA[M] ROMA SEDET SEMPER DVCTVRA TRIVMPHOS.
OMNIA DISCERNIT CERTO SVB IVRE CONHERCENS:
ANNIS MILLENIS BIS CENTVM STANTIBUS ORBE:
PENTA DECEM IVNCTIS [CHRIST]I SVB NOMINE QVIN[QUE]
CUM TRINA DECIMA TVNC TE[M]PORIS INDITIONE.
/10

GODI, FIORENZA, POI CHE SEI SI GRANDE,
  CHE PER MARE E PER TERRA BATTI L'ALI,
  E PER L'INFERNO IL TUO NOME SI SPANDE.


Brunetto successivamente, l'8 Maggio 1257, è coinvolto nella stesura di un trattato di pace con Faenza, nel quale a lui si fa riferimento come 'Burnecto notario fil. Bonacursi Latini sindico comunis et popule Florentie'.
/11 Nel giugno 1257 Firenze e Lucca formano una lega contro Pisa dopo che Alfonso el Sabio di Castiglia fu da Pisa nominato Imperatore Romano, essa anche opponendosi a Firenze. Ma nel Settembre di quello stesso anno in Santa Reparata un trattato di pace fu firmato tra Firenze e Pisa. Successivamente, la Siena ghibellina e Genova formano una lega con Manfredi - illegittimo erede di Federico IIcontro la Firenze guelfa. E Genova offre a Manfredi il trono imperiale.

*19-21
DOCUMENTO III [Capitolo Fiorentino, Santa Maria del Fiore] 20, 22 giugno 1257, i canonici fiorentini e aretini prestano la decima per la guerra del Papa contro il re Manfredi di Sicilia in Puglia./12

Il 14 Ottobre 1258, l'Abate Tesauro di Vallombrosa, sospettato di simpatizzare con i ghibellini, viene ucciso a Firenze decapitato dalla folla. Pavia, sua città natale, protesta. La risposta di Firenze alla città fu, però, una replica molto aspra. Probabilmente di pugno di Brunetto Latinonon nello stile ciceroniano propugnato dai guelfi, ma nello stile ghibellino ereditato dal Cancelliere imperiale di Federico II, Pier Delle Vigne - l'epistola schernisce i pavesi. Vien loro detto di non accumulare i propri 'tesori' in terra ma nei cieli, creando un gioco di parole tra il nome dell'Abate Tesauro, e la citazione dal Vangelo di Matteo 29.16-42. Pier delle Vigne nella sua scrittura si serve di questo misto di paronomasia e di parole della Bibbia, nei suoi scritti, e anche in Dante, dove usa il suo nome, Pier, in riferimento a San Pietro, che apre e chiude il cuore di Federico, e il suo cognome, Delle Vigne, a significare la Vera Vite, Cristo. Brunetto aggiunge questa lettera, così sarcastica, alla compilazione degli exempla nell'Epistolarium delle lettere diplomatiche vignolane che avrebbe poi fatto copiare ai suoi discepoli, compreso Dante, come parte della loro formazione a futuri cancellieri. Per l'assassinio dell'Abate Tesauro Firenze è sotto l'interdetto papale, cui i ghibellini si riferiscono per giustificare la loro guerra contro la Firenze guelfa. *Il Papa, tuttavia, continua a servirsi dei banchieri fiorentini per pagare con i fiorini i mercenari contro il ghibellino Manfredi./13 Dante mette Tesauro in Inferno XXXII 

*22 DOCUMENTI IV, V [ASF Protocollo Compagnie religiose soppresse, Abbazia di Badia a Settimo, Cistercensi]. 14 Ottobre 1259, Brunetto Latino come scriba degli Anziani del Comune di Firenze redige le minute delle delibere per la ricostruzione dei ponti Rubaconte e Carraia sull'Arno, e della pescaia del Rubaconte. 'Et ego Burnectus Latinus notarius nunc Antianorum scriba predicta domini Capitanei et Antianorum mandato publice scripsi.'/14

DOCUMENTO VI [ASF, Libro di Montaperti] Firenze nel 1260 è sull'orlo della disastrosa guerra con Siena, e la sua Repubblica guelfa appoggia il Papa contro il ghibellino Manfredi di Sicilia. Già Pisa, Genova e Siena si erano rivolte ad Alfonso el Sabio,  che nel 1257 viene eletto a parità di voti insieme al suo rivale e pretendente al trono imperiale, Riccardo di Cornovaglia, fratello del re d'Inghilterra, queste città offrendogli appoggio per la sua elezione imperiale in cambio sollecitandone l'aiuto./15 Il Libro di Montaperti, l'archivio sul campo di battaglia, preda di guerra dei senesi con il Carroccio, registra ed elenca i preparativi dei fiorentini per provvedere alla guerra. Di pugno di Brunetto sono l'incipit e alcune altre carte del Libro, in cui egli è nominato cinque volte. La prima volta come 'Burnetto Bonaccursi Latini, iudici et notario, sindico ut dixit Comunis et hominum de Monte[varchi]', che sul campo di battaglia ha un vexillum o vessillo, e un padiglione o tenda. Le altre quattro volte, come notaio, a garantire che da parte di alcuni fiorentini si provveda all'invio in battaglia di un certo numero di uomini./16

Ma Brunetto Latino non sarà sul campo di battaglia. Il Primo Popolo, la Repubblica guelfa di Firenze nel 1260, invia Brunetto, allora suo cancelliere, in ambasceria presso Alfonso el Sabio, al tempo stesso che Guglielmo Beroardi, anch'egli poeta e diplomatico, fu inviato all'altro candidato al trono imperiale, Riccardo di Cornovaglia. Con la speranza che l'uno o l'altro sarebbe accorso in suo aiuto,  la disperata guelfa Firenze offriva a tutte e due il suo aiuto per la conquista del trono imperiale fossero essi giunti in Italia a combattere contro il ghibellino Manfredi. Giovanni Villani a servizio della compagnia dei Bonaccursi, la famiglia di Brunetto, nella sua Storia di Firenze dedica un'intero capitolo di accurata attenta cronaca su queste ambescerie. 18 *Lo stesso Brunetto Latino nel suo Tesoretto scrive una cronaca in versi della sua ambasceria e dell'incontro con il re di Spagna Alfonso el Sabio,19 collocato tra luglio e settembre al tempo in cui Alfonso el Sabio si trova a Siviglia./20 *23-27 L'ambasceria viene ricevuta nel Salón de Embajadores (Salone degli Ambasciatori) all'Alcazar, che la monarchia castigliana conquistò dai Mori. Ambedue, Alfonso el Sabio e Brunetto Latino, sono scrittori. I libri sui quali Alfonso maggiormente concentrò il suo interesse la composizione dei tomi della legislazione Las Siete Partidas del rey don Alfonso el Sabio, la composizione di una cronaca del mondo, e vari trattati d'alchimia e astronomia. Successivamente i manoscritti miniati de Las Cantigas de Santa Maria e la loro musica./21

*28 Brunetto ha già tradotto Cicerone. L'ambasceria in Spagna con l'acquisizione delle opere di Aristotele e Alfragano produrrà le opere offerte in dono ad Alfonso el Sabio: i suoi Il Tesoretto, *29 Li Livres dou Tresor,  e *30 l'Etica di Aristotele, che egli crea dai due. *31 Plausibilmente per lungo tempo dopo egli deve aver mantenuto i contatti con il quasi imperatore, perché più tardi Alfonso donerà ai fiorentini la splendida copia del suo Las Cantigas de Santa Maria con l'unica miniatura del miracolo della sua guarigione quando quello stesso suo libro gli viene presentato in dono alla Battaglia di Victoria. Il manoscritto è ancora oggi conservato nella Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, Banco Rari 20, e un manoscritto de Li Livres dou Tresor appartenuto al re, è oggi all' Escorial./22 Il Tesoretto con ogni probabilità è da considerarsi un incantevole biglietto 'di ringraziamento'. La Sommetta del 1286, contiene poi la formula notarile per il Papa da riservare ad Alfonso nella comunicazione degli scambi epistolare: 'Al preclaro et amato figliuolo Anfoso, Re di Castella.'/23

*31 Ma ormai era troppo tardi per l'ambasceria di Latino. La Firenze guelfa il 4 settembre 1260 subisce una totale disfatta nella sanguinosa Battaglia di Montaperti, 'che fece l'Arbia colorata in rosso'./24 I fiorentini ghibellini esiliati hanno vinto i fiorentini guelfi a Montaperti il 4 settembre 1260, adducendo a giustificazione della loro guerra la morte di Tesauro. Dante pone Bocca degli Abati - che a Montaperti tradì Firenze troncando il braccio del portainsegna della cavalleria fiorentina così favorendo i senesi - in Inferno XXXII, assieme a Tesauro di Pavia e Vallombrosa, ucciso prima della nascita di Dante, e con Ugolino della Gherardesca, che tradirà Pisa per Firenze e poi divorerà la sua progenie. 

*32 Brunetto scrive di aver avuto notizia della condanna all'esilio sulla via del ritorno da uno 'scolaio' di Bologna al Passo di Roncisvalle. Giunta a noi è anche un'epistola molto fiorita ed accorata del padre Bonaccorso a Brunetto, a lui consegnata, viene detto, dal fratello. L'epistola si apre con la formula: 'Bonaccursius latinus de florencia dilecto filio Bornecto notario, ad excellentissimum dominum Alfonsum romanorum et hyspanorum regem iamdudum pro comuni florentie destinato, salutem. . .' e prosegue con la cronaca della battaglia e la notizia della condanna all'esilio comminata alla famiglia./25 Il padre di Brunetto, Bonaccursus Latinus - egli stesso notaio - è al servizio del vescovo guelfo di Fiesole, il figlio del Comune guelfo di Firenze. Ambedue banditi all'esilio, il padre lo trascorre interamente presumibilmente nel quartiere di San Frediano a Lucca, il figlio Brunetto, dapprima a Montpellier, poi ad Arras, il logico rifugio per i guelfi fiorentini, le due città essendo centri per la produzione di arazzi, e ancora a Bar-sur-Aube, dove anche conoscerà il riccamente miniato Roman de la Rose. In quei luoghi egli mantenne intensi contatti con le 'case' di banchieri lombardi i cui tentacoli si estendevano fino al Baltico, le Isole Britanniche, e oltre./26  

La risposta del Papa all'aggressione di Manfredi risultò nella sua detronizzazione e in una crociata intrapresa contro di lui con l'aiuto dei banchieri lombardi, ottenendo dalle chiese in Inghilterra, e altrove, il pagamento della decima per questa guerra 'santa'./27 Per rappresaglia contro Montaperti, i guelfi fiorentini erano anche riusciti a far espellere dalla Corona i mercanti senesi ghibellini presenti in Inghilterra./28 Dai documenti del tempo giunti fino a noi si desume chiaramente che Latino fu un importante membro del governo fantasma guelfo fiorentino in esilio, che sebbene ancora sotto l'interdetto papale per l'assissinio del ghibellino Tesauro de' Beccaria, Abate di Vallombrosa, con i banchieri che paradossalmente furono gli alleati del Papa contro Manfredi /29 cercava di riconquistare la propria città per mezzo di fiorini e marchi di sterlinghi, e con l'appoggio dei papi dopo il mancato aiuto dei candidati imperiali. Due sono le lettere in nostro possesso di pugno di Brunetto Latino e che recano la sua firma risalenti a questo periodo:

*34 DOCUMENTO VII [Archivio Segreto Vaticano]. La prima lettera, scritta per la Curia romana da Arras inerente ad atti che Latino rogò, datati 15 e 24 settembre e concernenti queste operazioni, garantiva la fedeltà dei banchieri fiorentini in esilio - ad Arras e Parigi - alla causa del Papa contro Manfredi, "quondam principis Tarentini"./30 In essa si registrano i nomi dei maggiori banchieri fiorentini: Aymeri Cose, Pietro e Lotterio Benincase, Cante o Cavalcante della Scala, Thomas Spigliati e Ricco Cambi (Rucco di Cambio), alcuni dei quali erano stati in ambasceria presso la Curia romana, e molti di loro menzionati nel documento redatto da Brunetto per il trattato di pace tra Siena e Firenze del 1254 e nel documento ratifica redatto a Orvieto./31 Un volume del secolo XVI che raccoglie documenti negli archivi intitolato Antiquités d'Arras (Bibliothèque Municipale 1110), fa cenno alla presenza di Lombardi e usurai nei pressi dell'Abbazia di san Vedasto (St. Vaast che oggi ospita quella biblioteca e possiede alcuni manoscritti aristotelici connessi a Latino e un magnifico manoscritto de Li Livres dou Tresor)./32

*35 DOCUMENTO VIII [Westminster Abbey] La seconda lettera, scritta da Bar-sur-Aube datata 17 April 1264, e indirizzata all'Inghilterra, ancora conservata a Westminster Abbey, concerneva proprio il pagamento della decima per la Crociata. I membri della famiglia dei Bellindoti e degli Spinelli, con altri mercanti e banchieri fiorentini contraggono un patto fra i membri delle famiglie Bellindoti e Spinelli e altri mercanti e banchieri fiorentini per la concessione di un prestito di quasi duemila marchi (d'argento sterling) per il pagamento alla Curia romana della decima del Vescovo di Hereford./33 Una frase straordinaria nel documento attesta che il prestito ad interesse da parte dei banchieri fiorentini godeva dell'approvazione papale, e che tale forma di usura persino assicurava (o, piuttosto, acquistava) l'indulgenza della Crociata. Esiste la possibilità che questa somma, duemila marchi d'argento sterling, fosse la somma che la Curia dispose di pagare a Lucca per il diritto d'asilo degli esuli guelfi fiorentini nella parrocchia di san Frediano./34 [Ricordiamo qui la presenza della santa Zita in questa chiesa.] Altri documenti nominano  Cavalcante Cavalcanti, padre di Guido Cavalcanti, il discepolo di Brunetto e l'amico poeta di Dante. Interessante osservare che uno dei membri della famiglia Bellindoti fosse Palamidesso di Bellindoti del Perfetto, che nel Libro di Montaperti è "vessillifero dei balestrieri di Porta di Duomo." Anch'egli poeta, è menzionato da Brunetto nel suo Favolello, e parteciperà nelle tenzoni scritte su Carlo d'Angiò./35 Denaro e poesia sono combinati negli affari fiorentini.

Dante Alighieri, di famiglia troppo insignificante e non abbastanza guelfa per essere esiliata da Firenze, nasce nel maggio 1265.*36 Nel giugno di quello stesso anno, Carlo d'Angiò, fratello di san Luigi di Francia, mentra la madre era sorella di re Alfonso di Spagna, viene nominato 'Sanatore' di Roma./36 Li Livres dou Tresor, composto da Brunetto Latino prima del giugno 1265 nel francese piccardo della contea di Arras, come volume da offrire in dono, contiene un accurato resoconto del giuramento del podestà, e nel caso specifico di Carlo d'Angio al momento del suo insediamento a 'Sanatore' di Roma. Nella lettera Latino riversa la sua teoria politica e la propria filosofia etica. L'uomo, egli asserisce, possiede un'innata aspirazione alla libertà; l'avidità invece produce danni e distruzione. Un re giusto è necessario. Il re deve curare l'avanzamento e il progresso degli uomini nobili, controllare malizia e malvagio agire. La lettera, invertendo il rapporto feudale medievale del suddito nei confronti del monarca, è una lettera con la quale un cittadino 'antico' e 'moderno' predispone i preparativi per la scelta del podestà da parte di un Comune. La scelta di un presidente che prestando giuramento si impegna a mantener fede alla costituzione, e a non violarne le leggi. Carlo, egli continua, dovrebbere giungere in Campidoglio. Qui ricevere i libri della Costituzione e dieci mila libbre di salario, con sé portando dieci giudici e dodici esperti fidi notai, ed entro tre giorni decidere se accettare il titolo offerto o diversamente lasciare la signoria./37

*37 Coeva al volume è la statua di Arnolfio di Cambio
, che raffigura Carlo d'Angio al Campidoglio al momento della sua investatura a 'Sanatore'. Assiso in trono, sostenuto dai leoni egli indossa una toga romana bianca e nella destra impugna i Capitoli, la Costituzione di Roma, a cui prestando giuramento dovrà mantener fede. Opera non scritta con il pennino su pergamena, ma con lo scalpello modellata nel marmo. Questi due manufatti fiorentini, il documento enciclopedico e il monumento in marmo, attestano e registrano un atto linguistico giuridico, e sono degno tema del nostro studio./38 Entrambi si servono della storia romana repubblicana per educare un nobile francese a governare un comune italiano. Nel Tresor, che combina Cicerone ed Aristotele, come pure nella scultura,  possiamo scorgere i germi del Rinascimento fiorentino. I banchieri fiorentini ed i loro notai, nel loro esilio, manipolano spazio e tempo per rappresentare un dramma di libertà da contrapporre al timore che essi possano essere l'incarnazione del potere e dell'oppressione. Che il testo del Tresor sia scritto con sarcasmo sulla ricchezza, continuando l'onomasia su 'Tesoro' di Vallombrosa, l'abate pavese ucciso della lettera di Brunetto cancelliere di Firenze al comune di Pavia, fa anche riferimento alle difficoltà che Carlo ha già conosciuto con i suoi sudditi a Marsiglia - che nel 1257 contro di lui insorgono per le pesantissime tasse. Questo si ripeterà a Palermo con i Vespri Siciliani, a riprova del fatto che i banchieri fiorentini cercano di controllare l'insaziabile avidità di denaro del loro cliente. Questo spiega il perché un fiorentino scriva il suo magnum opus nel francese piccardo di Arras - il suo intento è che Carlo d'Angiò possa leggerlo e capirne gli insegnamenti politici e finanziari./39

*38-39
Carlo, Conte d'Angiò e la consorte saranno incoronati re e regina di Gerusalemme e Sicilia dal Papa in Vaticano il 6 gennaio 1266.
Qui mostro la bellissima scultura di Arnolfo di Cambio della liturgia romana. *40-41 Il 26 febbraio nella Battaglia di Benevento, Carlo d'Angiò vince su re Manfredi. Incontriamo Manfredi in Purgatorio III 103-145, dove egli mostra le proprie ferite. I suoi soldati gli daranno sepoltura sotto una grande cumulo di pietre ma il Papa ne ordina la dissepoltura perché sia gettato sulla sponda di un fiume fuori del suo regno. Dopo Benevento la Firenze ghibellina è compromessa dall'elezione di due frati godenti bolognesi, un guelfo e un ghibellino, che avrebbero dovuto governare la città. Dante li pone in Inferno XXIII, nella bolgia degli ipocriti, condannati a camminare in eterno sotto gravi cappe di piombo dorate. Nel marzo 1266, ambasciatori ghibellini giunti da Firenze, tra cui Buonaccorso Elisei, parente di Dante, suggeriscono al Papa il restauro del governo fiorentino guelfo. In aprile, Papa Clemente dopo otto lunghi anni finalmente toglie l'interdetto che gravava su Firenze per l'esecuzione dell'abate Tesauro di Vallombrosa.

Carlo d'Angiò, re di Gerusalemme e Sicilia ora, nel maggio 1267 è a Firenze. Egli ha posto Guido Guerra, Vicario per Firenze, sotto il francese Jean Britaudi, Vicario per la Toscana. Brunetto Latino, sembra, invece, aver trovato un incarico di minore importanza sotto il re angioino. Alcuni documenti talvolta lo nominano 'protonotario', o solo 'notario'. Due di questi documenti coinvolgono Volterra, 20 agosto 1267. *42 DOCUMENTO IX [ASF San Gimignano Diploma] Un terzo documento è redatto a Pistoia da Brunetto Latino come 'protonotarius' del vicario per la Toscana, e concerne San Gimignano, 6 dicembre 1269./40

Quantunque Brunetto Latino potesse aver sperato, a motivo del Tresor e del saggio suo consiglio, di rimanere al servizio di Carlo, solo per i primi anni del regno di Carlo, come i documenti attestano, è protonotario del vicario angioino per la Toscana e cancelliere della Repubblica fiorentina. In questi documenti Brunetto è presente principalmente nell'esercizio del suo ufficio per la ratifica dei contratti per la costituzione delle città-stato e la scelta del podestà./41 Successivamente è per proprio conto, prima coinvolto nella concessione di prestiti a membri della sua famiglia in documenti rogati a Bologna,/
42 poi attivo nelle negoziazioni segrete con Siena per la Lega Toscana guelfa, 25 luglio 1274./43 Trattato segreto che si colloca venti anni dopo l'iniziale trattato di pace di Brunetto tra Firenze e Siena, e dieci anni prima che Latino fosse ufficialmente ed esplicitamente chiamato, per volere di Carlo, a presiedere la Lega contro Pisa./44 Nel 1275 egli è 'nunc absentius', ora assente./45 Nella Pace del Cardinale Latino del 1280, Brunetto è nominato come appartenente al Sesto di Porta del Duomo. Segue uno strano silenzio, una strana assenza di Brunetto negli atti notarili negli anni compresi tra il 1270 e il 1284. Egli scompare nel mondo sotterraneo, e dopo il febbraio del 1275, eccetto che per la 'Pace del Cardinale Latino' del 1280, credo egli si cali in quello che è il mondo della diplomazia segreta, fino allo scoppio dei Vespri Siciliani del 1282. Con la presenza a Firenze di Brunetto ' nel 1280, si registra al tempo stesso, conformemente alla tradizione delle leggende legate ai Vespri Siciliani, la presenza di Giovanni da Procida a Viterbo, che con Papa Niccolò III è impegnato nelle delicate negoziazioni./46

Che cosa è accaduto in questi anni fra il 1270 e il 1284? Brunetto Insegna? E dove? A Firenze? A Bologna? (è qui che prende in prestito del denaro per i fratelli e altri parenti) È in Sicilia? A Costantinopoli? In Catalogna? Ad Acri? Dante fu suo discepolo in questi anni o dopo? La produzione dei manoscritti nella regione d'Arras de Li Livres dou Tresor e dopo a Firenze de Il Tesoro, forse attesta l'attività di Brunetto come maestro. Egli qui coniugando la produzione dei libri con l'insegnamento ai discepoli che copiano i suoi libri come discorsi ('E poi il maestro dica . . . '), *43 una formula araba appresa dalla sua visita in Spagna. I suoi discepoli anche copiano le epistole cancelleresche di Pier Delle Vigne, come quelle del padre su Montaperti, e la propria sull'abate Tesauro di Vallombrosa, modelli del passato per il futuro.*44-46 Sappiamo che questa è la tradizione fra i notai, che il proprio mestiere trasmettono di padre in figlio, e ai loro discipuli, e riferimenti coevi dicono che Guido Cavalcanti, Dante Alighieri e Francesco da Barberino erano i discepoli di Brunetto. *47 Nell'affresco del Buon Governo a Siena un maestro, un magister che indossa la toga rossa insegna ai suoi discepoli che siedono davanti a lui, in uno dei negozi della Piazza del Mercato. Credo che Brunetto abbia ricreato un negozio/studio/università simile, in Arras, a Firenze, o ovunque egli fosse. Ad esempio, a Poggibonsi, a Volterra, Pistoia, o a Bologna. In Puglia, in Sicilia, o ad Acri, al servizio di Carlo d'Angiò.

O fu il suo destino ancor peggiore? Fu egli rinchiuso in una prigione angioina, sequestrato a Napoli, senza avere accesso alle pergamene, a penna e inchiostro? Questo dobbiamo pensare perchè quasi non esistono documenti in questo periodo. Né documenti legalitesti letterari, salvo che le copie dei suoi libri in Francia e in Italia. Al suo ritorno a Firenze i suoi discorsi in cui vive il ritmo ciceroniano sono incentrati sull'obbligo di liberare gli schiavi, i condannati politici, in particolare le donne. Così eloquenti erano i suoi discorsi sempre suscitando approvazione e voti a favore.

Contestualmente, la scena politica in relazione al patrono di un tempo di Brunetto, re Carlo, è una scena dominata da grande durezza. Nella conquista di un senso di identità re Carlo ed il fratello san Luigi di Francia sono per carattere diametralmente opposti. L'uno modella la propria vita su san Francesco e Cristo. L'altro per i contemporanei era un Faraone ed un Nerone./47 L'insaziabile avidità di denaro di re Carlo conduce a gravare di tasse i suoi sudditi di al di là di ogni possibile sopportazione. Persino prima delle negoziazioni fiorentine, a Marsiglia i sudditi si rivoltano contro di lui./48 'Carlone' come lo appellano gli italiani, già vittorioso a Benevento, nel 1268 sconfigge Corradino a Tagliacozzo, giustiziando brutalmente il biondo giovane principe a Napoli, imprigionando e infliggendo mutilazioni ai capi ghibellini. In particolare al conte Giordano che a Montaperti combattè per Siena contro Firenze./49 Alla morte del fratello san Luigi, il re Carlo abbandona precipitosamente la Crociata tunisina e giunge a Viterbo, determinato ad esercitare la sua autorità sul conclave dei cardinali. In quella città, il suo vicario generale, Guido di Montfort, ed il fratello Simone di Montfort, uccidono in chiesa (nella Chiesa di San Silvestro) il principe inglese Enrico di Cornovaglia. Re Carlo anche insinuerà Dante persino giunse macchiarsi dell'avvelenamento di Tommaso d'Aquino per poter avere come suo candidato francese Martino IV, Purgatorio XX.61-69.

Carlo opprime il popolo che governa a piacimento dei Papi, attirando su di é per questa sua durezza anche il biasimo papale. Clemente IV nel 1268 scrive a Carlo esprimendo disapprovazione per la crudeltà mostrata verso Corradino, le donne e i bambini, per il suo rifiuto di accogliere esortazioni, consigli, e per il suo rifiuto del parlamento./50 La Crociata, per la quale raccoglie la decima, spremendo denaro soprattutto dai sudditi siciliani, non era voluta per la riconquista della Gerusalemme saracena ma della Costantinopoli cristiana. Gregorio X cerca un'alleanza con l'Oriente ortodosso, per una politica che si rivelerà non favorevole ai disegni di Carlo. Niccolò III al pari di Gregorio X, cerca l'unione con l'Oriente ortodosso inviando una delegazione di francescani con lettere che parlano di Carlo. In esse apertamente attaccando Carlo, privandolo del titolo di Senatore di Roma e del Vicariato di Toscana, tentando la pacificazione delle due fazioni dei guelfi e dei ghibellini in lotta tra loro./51 Infine la 'Pace del Cardinale Latino', con il forte sostegno dei banchieri fiorentini, riesce a riunire e riconciliare guelfi e ghibellini a Firenze, nel quale le famiglia degli Uberti ghibellini e Cavalcanti guelfi si uniscono in matrimonio, contro il volere di Carlo, che con grande crudeltà aveva perseverato nell'infliggere pene e mutilazioni ai capi ghibellini. Troncandone il piede destro, la mano destra, e cavandone l'occhio destro, incarcerandoli 'in perpetuo', come aveva fatto con il conte Giordano./52

Nel 1281 i fiorentini scrivono al vicario dell'imperatore Rodolfo d'Asburgo, asserendo che il Comune di Firenze non riconosce l'autorità di alcun imperatore./53 Dietro le quinte si intreccia un gioco diplomatico tra l'Imperatore Michele VIII Paleologo di Costantinopoli ed *48 il re Pietro III d'Aragona *49 ad opera di Gianni di Procita e un altro personaggio nelle vesti di francescani (che il Villani illustrato mostra invece come domenicani), per distruggere dalle fondamenta i preparativi della Crociata di re Carlo./54 *50 Contro Carlo, il lunedì di Pasqua del 1282 a Palermo scoppiano i Vespri Siciliani. Dal documento diplomatico in latino è chiaro che l'insurrezione dei Vespri Siciliani contro Carlo d'Angio non fu una sollevazione spontanea ma il risultato di un piano ordinato. Non fu l'insurrezione dei sudditi oppressi contro il loro re, ma una sollevazione istigata con cura da papi e imperatori, e messa in atto da repubblicani e aristocratici.

Firenze in genere la si ritiene fuori da queste trame. Però documenti in inchiostro bruno, e persino rosso sangue sparso in una piazza di Palermo, ne registrano la caduta conseguente ai Vespri Siciliani per le trame ordite contro Carlo dai vari Papi, da un imperatore, dai genovesi, pisani, senesi. Dagli aragonesi, dai siciliani, amche dai fiorentini. Qui cercherò di dimostrare la segreta diplomazia verosimilmente esercitata da Brunetto Latino e la sua complicità in questo evento, con i documenti d'archivio associati a lui o che citano il suo nome, con le cospirazioni segrete dei Vespri così come reperibili nei manoscritti di Latino. Brunetto è sarcastico nel suo utilizzo della parola 'Tesoro'. Li Livres dou Tresor è una sorta di tangente a Carlo d'Angiò, avaro, avido di denaro, che desidera ardentemente una crociata contro la Costantinopoli cristiana. Invece di essere un 'Sanatore' che sotto giuramento preserva la libertà romana - e anche fiorentina, egli è visto come un tiranno. Più crudele, diranno, di Nerone. In un bellissimo manoscritto, purtroppo mutilo, nella Biblioteca Nazionale Centrale, datato fra il 1286 e il 1287 (che credo sia scritto da Dante), il nome di Carlo d'Angiò è cancellato, e il nome del suocero, Raymondo di Berengar, sostuito. Un altro manoscritto, Plut. 42.19, Biblioteca Laurenziana, parla di Brunetto che scrive l'opera per 'amore del suo nemico', e non del suo 'amico', *51 questa frase sarà ripetuta nell' editio princeps del 1474 stampata a Treviso.

In un terzo delle trentasei traduzioni del manoscritto italiano del Tresor, il Tesoro, compaiono attenti resoconti, in tre differenti versioni, da Michele Amari edite come I, II, e III./55 Le versioni più complete includono le lettere diplomatiche ed i resoconti di prima mano delle conversazioni segrete intercorse tra Gianni di Procita (Giovanni da Procida), cavaliere e medico napoletano, cancelliere d'Aragona, e un certo Accardo Latino. I due, nelle vesti di francescani, viaggiano, divisi tra l'imperatore di Costantinopoli Michele VIII, il Papa, re Pietro III d'Aragona, i nobili siciliani in esilio, cospirando i Vespri. Di un racconto che troviamo in un manoscritto del Tesoro in toscano alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, VIII.1375 e *52 anche in due in siciliano a Palermo, /56 due (uno in toscano, Il Tesoro di Brunetto Latino, l'altro in siciliano) danno la versione che vuole i Vespri Siciliani come provocati dalla rivolta contro il pagamento della decima per la Crociata di Carlo alla conquista di Costantinopoli. Il terzo di questi resoconti dà la versione di Giuseppe Verdi che vuole l'assalto francese come il risultato di una provocazione ai danni di una giovane nobildonna siciliana. Gli Archivi della Corona d'Aragona custodiscono documenti da parte dei da Procida ad Alfonso el Sabio relativi a quest'opera diplomatica./57 Il padre di Brunetto, Bonaccursus Latinus, è al servizio di Filippo da Perusgia, francescano e vescovo di Fiesole, che Niccolò III inizialmente inviò come legato apostolico presso l'mperatore greco Michele VIII Paleologo./58 Una conferma della veridicità in riferimento a questa notizia è reperibile anche nella Cronica di Villani e nella Commedia di Dante. Ad esempio, quando in Inferno Dante condanna il pontefice Niccolò III per aver accettato denaro inviato dall'imperatore bizantino Michele VIII Palaeologo per il tramite di questi due legati per opporsi a Carlo d'Angio:

  Però ti sta, chè tu se' ben punito;
e guarda ben la mal tolta moneta
ch'esser ti fece contra Carlo ardito. Inferno XIX.97-99
E dove in Paradiso VIII egli descrive come i Vespri Siciliani fecero lievitare il denaro pagato a questo scopo:  

          E la bella Trinacria . . .

        attesi avrebbe li suoi regi ancora,

        nati per me di Carlo e di Ridolfo,

          se mala segnoria, che sempre accora

        li popoli suggetti, non avesse

        mosse Palermo a gridae: "Mora, mora!"
Paradiso VIII.67-75


Questa indizio mi induce a credere che Accardo Latino potrebbe essere identificato con Brunetto Latino, che incoraggiato dal padre e delegato dal Cardinale Latino, questa diplomazia segreta compie presso i guelfi e i Papi nella politica segreta di opposizione a Carlo./59 Ancor più di questo persuasa considerando la partecipazione di Brunetto con altri poeti in una serie di tenzoni scritte contro Carlo./60 Come pure i manoscritti Epistolaria - che includono le epistole di Pier Delle Vigne seguite da quelle di Brunetto sull'Abate Tesauro di Vallombrosa, le epistole dei Papi che per le gravi ingiustizie verso il popolo inveiscono contro Carlo, e la lettera del Comune di Palermo diretta al *53 Comune di Messina, scritte nello stile delle lettere del Primo Popolo, anch'esse incluse in queste collezioni brunettiane,/61 con la Sommetta del discepolo di Latino contenente la formula notarile che Papi e imperatore avrebbero dovuto riservare a Carlo d'Angio, ad Alfonso el Sabio, all'Arcivescovo Ruggieri di Pisa e altri./62 E ancora i numerosi resoconti della diplomazia segreta dei Vespri Siciliani quali si ritrovano in così tanti manoscritti italiani del Tesoro,/63 la proliferazione del materiale di Latino - in due casi anche in versioni siciliane, in un caso legato ad un altro resoconto in catalano dei Vespri nel Regno d'Aragona - /64 il costante coinvolgimento della famiglia dei Latino Bonaccursi con le 'case' d'Aragona e d'Angio,/65 la conoscenza della complicità da parte di Dante Alighieri e Giovanni Villani./66

Subito dopo i Vespri Siciliani a Firenze fu stabilita la nuova forma costituzionale del governo fiorentino, il Priorato - come se un evento fosse diretta conseguenza dell'altro. Il Governo del Priorato era fondato sull'elezione di dodici Priori (lettera di Latino nel Tresor in cui si fa riferimento a dieci, o nella versione italiana Il Tesoro a dodici giudici e dodici notai), che eletti per due mesi, durante il periodo del loro ufficio risiedevano chiusi nella *54 Torre della Castagna, lontani da ogni ascendenza e corruzione. Il giovane Dino Compagni coinvolto nel disegno di riforma del governo fiorentino, ne offre un resoconto accurato nella sua Cronica, e Giovanni Villani, osserva che il concetto di Priore 'fu tratto dal Santo Vangelo, ove Cristo disse a' suoi discepoli: "Vos estis Priores" (Voi siete i Priori)./67

Troviamo un riferimento a Brunetto Latino nel 1282, poco dopo la costituzione del Priorato delle Arti in quello stesso anno. Sebbene si tratti di un documento non datato a causa della parte superiore strappata, riguardo all'Arte di Calimala, DOCUMENTO X [ASF documento non datato con precisione]. Poi ancora silenzio fino al 1284, quando egli è figura eminente nella Lega contro Pisa tra Genova, Lucca, Firenze, ed altre città. Da questa data e fino alla sua morte il nome di Brunetto ricorre ripetutamente, quarantadue volte tra il 1285 e il 1292 nelle Consulte o Libri Fabarum nell'ufficio di consigliere su questioni costituzionali, sulla diplomazia segreta, come per le inequivocabili orazioni sulla libertà repubblicana e comunale, che riecheggiano le orazioni sulla libertà di Cicerone contro Catilina./68

Carlo d'Angiò, ora solo re di Gerusalemme e Napoli, avendo perduto la Sicilia, scrive ai guelfi fiorentini, 10 aprile 1283, chiedendo 'guerra viva' contro Pisa. Brunetto Latino è il principale ambasciatore in questa guerra contro Pisa, *55 affamando la città che viene privata delle derrate alimentari.

Vinum                                           Milium              Nuces  
Granum seu frumentum      Pamthum        Avellane seu nocesse
Ordeum                                        Faseola            Amigdale
Sigala                                             Carnes             Oleum
Scandella                                     Caseus             Fabe
Spella                                             Mel                    Cicera et
Avena                                            Figus                 Cetera legumina

Ma Brunetto e altri fiorentini negoziano segretamente anche con il Conte Ugolino della Gherardesca, il Signore di Pisa./69 Brunetto in apparenza a sostegno della politica di Carlo d'Angiò, agisce segretamente contro. Egli è il prototipo di Macchiavelli.

Pisa apprende di questo tradimento nel 1288 e solo più tardi a causa di una terribile carestia, prende la disperata decisione di imprigionare *56 Ugolino e la sua progenie. Guido da Montefeltro getterà le chiavi della torre in Arno, lasciando la famiglia morire di fame. La stessa fame inflitta alla propria città. La Cronica di Firenze, che la tradizione attribuisce  a Brunetto Latino, parla precipitosamente del cannibalismo del Signore pisano che divorò la sua stessa famiglia e *57 dei fiorentini che edificano la loggia in pietra con dieci colonne del granaio di Orsanmichele, per nutrire, spiega Villani, anche i nemici della città in tempo di carestia.  *58-60 La loggia del mercato del grano, la loggia del granaio della città, nel Trecento ricostruita dopo un incendio, sembra copiare le miniature del tabernacolo miracoloso della Madonna del manoscritto de Las Cantigas de Santa Maria donato a Firenze da Alfonso el Sabio nel 1280. Brunetto ha composto una bellissima lauda per la  Compagnia dei Laudesi di Orsanmichele e la figlia Biancia lasciò la parte più cospicua del suo patrimonio al granaio. Tutte cose che troviamo insinuate nell'Inferno XXXII-XXXIII.

Tra il gennaio del 1285 e il luglio del 1292 Brunetto tiene dozzine di discorsi davanti ai vari corpi del governo comunale fiorentino, su affari costituzionali e ambascerie, diplomazia e legge. I suoi discorsi quasi sempre sono approvati all'unanimità, i suoi consigli sempre accolti con voti a favore. Libri Fabarum e altri documenti negli archivi fiorentini ne annotano Brunetto uno dei dodici Priori, dimora, come anche Dante dopo di lui, nella *61Torre della Castagna dal 15 Agosto al 15 Ottobre 1287. Molti di questi documenti sono relativi ai preparativi per una guerra contro Arezzo. L'11 giugno del 1289 Dante partecipa alla Battaglia di Campaldino, nella quale Firenze vince su Arezzo. Ed anche il suo Vescovo viene ucciso in battaglia (Inferno XXII.1-5). In questo periodo a Brunetto, oramai avanti negli anni, il giovane Dante offre in dono la Vita Nova - permeata di averroismo islamico (che Brunetto importò dalla Spagna) e colma di poesia provenzale (che Brunetto portò a Firenze dalla Provenza) - accompagnata del sonetto pasquale 'Messer Brunetto, questa pulzeletta'.

Da questo materiale emerge un quadro dell'abilità fiorentina guelfa a mantenere e riconquistare le sue libertà comunali per mezzo di un bilanciamento del potere, contrapponendo un candidato imperiale ad un altro. Al tempo stesso segretamente cospirando per negare quelle medesime rivendicazioni imperiali o regali, sottomesse ad un moderno governo costituzionale./70

*II. MANOSCRITTI NELLE BIBLIOTECHE
al Tesoretto apprendiamo che la scelta in principio cadde su Alfonso el Sabio, in cambio egli ricevendo il premio dell'appoggio di Firenze per la corona imperiale a Roma. Questo testo poetico enciclopedico, scritto in italiano e comprensibile al monarca spagnolo, è dedicato a lui. Qui mostro le pagnine zoologiche, il suo bestiario.*62 Ma questo è un testo incompleto, caduto oramai l'appoggio dei banchieri fiorentini risoluti a non più sostenere Alfonso come candidato imperiale. *63 La Rettorica di Latino è dedicata ad un ricco banchiere fiorentino, di nome Manecto (forse Manecto Spine), anch'egli in esilio, patrono e protettore di Brunetto, 'suo porto' nella tempesta come egli l'appellava./71 *64-65 Successivamente Brunetto mette mano all'opera in prosa, in francese piccardo, Li Livres dou Tresor. Questa monumentale enciclopedia che contiene la Bibbia, una astronomia, una storia universale, una geografia, un bestiario, una parte mostrato qui, un'etica, una retorica, e una politica, è un manuale per la formazione di un re e per il giusto governo, sul modello dell'educazione di Aristotele di Alessandro e dell'educazione di Cicerone alla Repubblica Romana. La parte sulla Politica parla sovente dei papi e degli imperatori. *66 Separatamente Brunetto anche pubblica l'Etica. Una splendida copia è custodita a Madrid. Dopo l'esilio lui ha avuto Li Livres dou Tresor in francese composta *67-68 invece in italiano, il Tesoro. Dove ritroviamo le medesimo osservazioni zoologiche./72

Brunetto Latino, per salvare la Firenze repubblicana, dovette sedurre re e imperatori. Egli ama il Cicerone repubblicano e odia l'Aristotele imperiale, tutore di Alessandro. Ma copiò il secondo, creando enciclopedie per re e imperatori, nelle quali infonde e cela i suoi insegnamenti sulla democrazia repubblicanaIl Tresor apprendiamo dal testo stesso è stato in parte compilato attingendo dal lavoro di ricerca che Brunetto compì negli archivi notarili e della Curia. Nel trattare dello storico rapporto tra Papato e Impero, egli con accuratezza asserisce quanto le sue conoscenze siano frutto dello studio sui registri pontifici: 'Or dist l'istore, et li registre de sainte eglise le temoignent . . . .'/73 E continua con la presentazione, nel cuore della sezione sulla Politica, della lettera embrionale indirizzata a Carlo d'Angio, con la quale gli vien chiesto di assumere la carica di 'Sanatore' di Roma per opporsi al ghibellino Manfredi. Dopo Federico II, scrive Brunetto nella prima redazione dei manoscritti, non vi è più stato un vero Imperatore. Manfredi, suo figlio naturale, usurpa la Corona di Puglia e Sicilia contro Dio, il diritto, la Santa Chiesa, perseguitando gli italiani fedeli alla Chiesa, e soprattutto i guelfi fiorentini. Questa la ragione, egli aggiunge nel testo, della condanna all'esilio di 'Maistre Brunet Latin', che questo libro scrive in Francia 'per amore del suo amico', Carlo d'Angiò, Conte di Provenza. Più tardi, quando quell'amico si rivelerà in realtà essere un nemico, Brunetto - o un discepolo - quella frase riscriverà in italiano, che diverrà 'per amore del suo nemico'./74 Egli predilige il romanico classico, la scrittura libraria bolognese con forme rotonde, e non lo stile gotico che imita la scrittura quadrata ebraica e l'achitettura islamica. Ai suoi discepoli, tuttavia, Guido Cavalcanti, Francesco da Barberino, Dante Alighieri Brunetto insegna Aristotele e Averroè, loro donando il dolce stil nuovo gotico, creato dai contatti dei crociati franco-normanni con l'Oriente, dalla condivisa presenza di Islam ed Ebraismo nei regni di Sicilia e Spagna.

Jean de Meun, come Guillaume de Lorris prima di lui, era originario della Champagne, vicino a Bar-sur-Aube. Sia Jean de Meun sia Brunetto Latino parlano esplicitamente della Rettorica di Cicerone. Da qui, dunque, pare che i due si conoscessero anche influenzandosi a vicenda./75 Altra contea francese strettamente legata a Carlo d'Angio è la Contea d'Artois e la Piccardia, in particolare Arras./76 Associato a Carlo ancora un altro poeta di Arras (in questo periodo Arras è una città culturalmante vivace e straordinariamente attiva nella produzione letteraria), Adam de la Halle, o Adam de Bossu, suo Poeta Laureato che con lui persino viaggia in Italia, partecipando agli eventi che ruotano intorno ai Vespri Siciliani del 1282, e al servizio del Conte d'Artois muore nel 1288 a Napoli. Adam de la Halle è il primo a scrivere della leggenda delle quattro figlie del conte di Provenza Raimondo Berengario IV e del pellegrino Romeo divenuto suo ciambellano, che riuscì a far sposare le giovani a quattro re. Tra loro Beatrice con Carlo d'Angiò, futuro re di Sicilia, Margherita con Luigi IX, re di Francia (san Luigi). Leggenda anche riferita da Dante in Paradiso VI e da Giovanni Villani nella sua Cronica ./77 Una cerchia di poeti francesi, in Francia e in Italia, è così intrecciata con la politica italiana. Anche la deliziosa Aucassin e Nicolete nasce in questo ambito.

Nella parte della Cronaca il testo del Tresor include un racconto degli eventi della Battaglia di Montaperti e degli eventi riguardanti Carlo d'Angiò, aggiornati in più tarde redazioni del testo. Nella versione originale la sezione della Cronaca inizia con la morte dell'imperatore Federico II:
Et quant il fu traspases de cist siecle, si com a deu plot. Lempire vaca longuement sens Roi et sens empereor. ia soit ce qe Manfrois. fils dou devant dit frederic. non mir de droit marriage tint le roiaume de puille et de cecilie contra dey et contre rason. si come celui qi del tot fu contrante a sancte yglise. perce si stil mainte guerre et diverses persecusions contre toz les ytaliens qi se tenoient devers scte yglise, meesmement. contra la guelfe partie de florence. tant qil furent chachies hors de la ville. et lor cosses furent misses a feu. et a flante et a destrucion. et avec els en fucachies maistre Brunet latin e si estoit parcelle guerre essillies en france. quant il fist ces livres por amor de son amis, selonc ce qil dist a prologues devant./78
Anche nella Cronaca del testo che ha influenzato Il Tesoretto, Le Roman de la Rose, compare Carlo. In Jean de Meun Ragione racconta all'Amante non storie antiche ma moderne.
c'est de Mainfrai, roi de Secile,
qui par force tint et par guile
lonc tens em pez toute la terre,
quant li bons Charles li mut guerre,
contes d'Anjou et de Provance,
qui par devine porveance
est ore de Secile rais,
qu'ainsinc le veut Dex le verais./79
Oltre che per mezzo di questi resoconti quasi cronachistici nel Roman de la Rose e nel Tresor, i poeti italiani associati con le varie famiglie di banchieri in esilio tra loro interloquiscono scrivendo tenzoni politiche, in esse dibattendo se la scelta di Carlo d'Angiò ad imperatore fosse più o meno desiderabile. Brunetto aveva chiuso il Tesoretto con il Fagoletto, un trattato in versi sull'amicizia indirizzato a un poeta ghibellino, Rustico di Filippo, nel quale menziona il guelfo Palamidesse di Belindotti del Perfetto.
E ciò che scritto mando
è cagione e dimando
che ti piaccia dittare
e me scritto mandare
del tuo trovato adesso
ch'e'l buon Palamidesso
mi dice, ed ho creduto,
che se''n cima saluto;
ond'io me n'allegrai.
Qui ti saluto ormai:
e quel tuo di Latino
tien per amico fino
a tutte le carrate
che voi oro pesate. 149-163
Rustico di Filippo, forse in risposta a quest'opera, scrive una tenzone.

A! voi che ve ne andaste per paura
Sichuramente potete tornare,
da che ci é dirizata la ventura,
ormai potete guerra inconinzare.
E più non vi bisogna stare a dura,
da che nonn é chi vi schomunicare,
ma ben lo vi tenete n'ischiagluira,
che non avete più casgion che dare.

Ma so bene, se Carllo fosse mortto,
che voi ci trovereste ancor casgione;
però del Papa nonn ò gran confortto.
Ma io non voglio con voi stare a tenzone
ca llungo temp'e ch'io ne fui accorto
Che'l ghibellino aveste per garzone./80

Questa serie di tenzoni, giochi seri e sempre più virtuosi, includono le tenzoni scritte da
Guglielmo Beroardi, che accompagnò Brunetto nella sua ambasceria in Spagna nel 1260, e da altri autori./81 Queste poesie sono servite a dissipare l'odio tra guelfi e ghibellini, e al tempo stesso a far decrescere l'ansia e il disagio nei confronti di Carlo d'Angiò. Giocavano sui romanzi del ciclo di re Artù, e sul nome arturiano del poeta Palamidesse di Bellindoti del Perfetto della famiglia di banchieri italiani in esilio in Inghilterra./82 Sono un gioco poetico e diplomatico; cronache e lettere  nei contesti di notai e banchieri mutate in sonetti.

A questo punto volgiamo l'attenzione ai manoscritti franco-italiani di questo periodo e alla loro intertestualità, intrecciandoli con le rotte percorse dai banchieri e notai lombardi, che con i loro libri di conto e le loro lettere di credito e di cambio viaggiavano per tutta la Francia, o con Carlo sulla via del ritorno in Italia. Gli studiosi hanno rilevato l'affinità tra le due lingue e letterature./83 Questo è anche vero in senso inverso, vale a dire dei copisti italiani in Francia./84 Ma gli italiani mostrarono maggiore flessibilità, versatilità e apertura rispetto ai francesi; sono stati capaci di bilinguismo, laddove i francesi al contrario hanno solo mantenuto la propria lingua. Gli italiani in esilio si adattarono al nuovo contesto, apprendendo la langue d'oil e la langue d'oc e imitando la poesia del nord e del sud della Francia. I francesi conquistatori rifiutano la mescolanza, non apprendono l'italiano, né impiegano gli italiani. Cause prime queste dell'insurrezione dei Vespri Siciliani.

La maggior parte dei manoscritti del Tesoretto, compilati in Francia durante l'esilio, sono oggi conservati nelle biblioteche italiane, otto a Firenze, altri nella Biblioteca Vaticana, e ancora a Brescia e Venezia. Quattro in Francia, Belgio, Polonia, e America. Un altro pare fosse nella collezione Marques de Santillana in Spagna./85 Tre sono rilegati con la Commedia di Dante. È chiaro che questo manoscritto non ebbe una grande circolazione nelle aree francofone. Prima di Dante, testi francesi erano letti in Italia. Non così era, invece, per i testi italiani in Francia. Questa probabilmente il principale motivo alla base della decisione di Brunetto di lasciare incompiuto il Tesoretto - inteso presumibilmente come opera da offrire in dono al candidato al trono imperiale, Alfonso el Sabio di Castiglia, che avrebbe potuto leggere e capire l'italiano scritto - e di cimentarsi nell'impresa de Li Livres dou Tresor, da scrivere nel dialetto piccardo della regione di Arras e come libro da donare al candidato al titolo di 'Sanatore' di Roma, Carlo di Provenza e d'Angiò, che poteva essere tollerante solo verso il proprio francese. 

Del Tresor di Latino in francese possediamo una moltitudine di manoscritti. Tinora sono a conoscenza dell'esistenza di 80 manoscritti sparsi in tutta Europa, due addirittura in America. Manoscritti questi che per la maggior parte si trovano ancora oggi in situ, nei centri bancari e mercantili ove furono collocati sotto il controllo della Compagnia degli Spigliati-Mozzi, ad Arras, Lione, Rouen, Bruxelles, Cambrai, Amiens, Rennes, Saint Omer, Saint Quentin, Parigi, Londra, Cambridge, Oxford, Escorial. A Roma, Torino, Milano, Napoli, Verona, Bergamo, Ferrara, Modena, Udine (in queste ultime cinque città presumibilmente per i viaggi dei discepoli di Brunetto, con l'esilio di Dante, e con Francesco da Barberino, notaio al servizio di Corso Donati, podestà di Treviso, e poi maestro a Padova /86), Karlsruhe, Strasburgo, Monaco. Solo uno a Firenze, dove giunge molto tardi. Due sono le redazioni in francese: la prima redazione si compone della storia del mondo fino all'esilio di Brunetto da Firenze dopo la Battaglia di Montaperti; la seconda prosegue con la cronaca della vittoria di Carlo su Manfredi nella Battagli di Benevento, la sconfitta e la morte di Corradino dopo la Battaglia di Tagliacozzo./87 È evidente che questi manoscritti della seconda redazione in francese provengono dagli scriptoria e dalle botteghe in Artois-Picardia, con ogni probabilità dopo il ritorno di Brunetto a Firenze. Questo dà prova dell'inalterato interesse da parte dei banchieri francesi - e della stessa famiglia di Brunetto - nella diffusione di questo libro enciclopedico piccardo-fiorentino.

Questi manoscritti sono stati anche propagati in volgare fiorentino (45 manoscritti), in dialetto siciliano, volgare bergamasco, catalano, castigliano. John Gower una parte del Tresor anche tradurrà in inglese./88 In Spagna prolifereranno nei dialetti castigliano e catalano, influenzando il Don Quixote di Cervantes, con Sancho Panza che diviene il podestà ideale nella propria isola.

Uno studio dei manoscritti franco-italiani, delle enciclopedie e della poesia posseduti dai mercanti banchieri fiorentini e, in particolare, uno studio dell'ambiente del fratello di san Luigi, Carlo Conte di Provenza e d'Angiò, possono aiutarci a spiegare gli elementi di multiculturalismo che in questi testi riscontriamo. Ad esempio, la coesistenza di miniature francesi e scrittura italiana, l'inclusione di poesia provenzale o materiale che concerne Arras e la Champagne, oppure tutti questi elementi insieme. E, inoltre, a spiegare il perché Dante Alighieri - che ebbe come suo tutore dopo la morte del padre, e anche come suo maestro, Brunetto Latino,/89 conoscesse testi letterari francesi sia nella langue d'oil, ad esempio  l'enciclopedico Roman de la Rose, sia nella langue d'oc, in particolare la poesia lirica provenzale. E anche il perché egli abbia intrecciato questi testi e il loro ricco multiculturalismo nel suo poema, se stessso riflettendo, quale novello Narciso/Amant, in quelle cristalline pagine importate (lucenti per il piombo). Con Francesca lettrice di romanzi in Inferno V quale sua novella Eco, rispecchiando e riecheggiando attraverso questo racconto italiano, un racconto britannico in francese, lungo lo scorrere della vita nello spazio e nel tempo./90

[Un'opera importante, che gli studiosi sono stati molto inclini ad associare a Brunetto Latino, è il manoscritto franco-italiano che contiene Fiori e vita di filosafi e d'altri savi e d'imperadori. Alfonso d'Agostino, il curatore, è arrivato alla conclusione che il testo fosse più tardo della Flores historiarum di Adam de Clermont portato a termine nel 1267/1270. Fiori e vita di filosafi e d'altri savi e d'imperadori, a cura di Alfonso d'Agostino (Firenze: La Nuova Italia Editrice, 1979), pp. 29, 39. Si veda anche "Uber die 'Fiore e Vita di Filosafi ed Altri Savii ed Imperadori," ed. Harmann Varnhagen (Erlangen: Junge, 1893). Mentre egli rileva che la segnatura Na è una delle segnature dei cinque manoscritti integri del testo, non si trova invece a proprio agio con il dialetto toscano con tracce di 'echi' della parlata di Lucca e Pisa, Arezzo e Cortona. Credo abbia fallito nel suo intento. L'esame del manoscritto risulta infatti insufficiente e deludente. Na, Firenze, Biblioteca Nazionale, Conv. Soppr. F.4.776, proveniente da Santo Spirito, è un manoscritto affascinante, prodotto a Parigi nel 1268, "traslato e volgarizzatto ne la città di parigi negli anni di dio .M./cc.lx.viii." (Fol. 26v), da Andrea da Grosseto per un possessore italiano. Il manoscritto si apre con il Liber consolationis et consilii di Albertano da Brescia, incluso il capitolo del Racconto di Melibeo che diverrà il racconto di Chaucer nei Canterbury Tales (I Racconti di Canterbury) - Geoffrey Chaucer, The Riverside Chaucer, ed. Larry D. Benson (Boston: Houghton Mifflin, 1987), pp. 217-239. Conv. Soppr. F.4.776, fol. 8, "Qui e compiuta lo primo libro de la dottrina del parlare e del tacere facto de albertano giudice & avogado di leggio de la cata di brescia del a contrada di santa agatha translatata in volgançata da andrea da grosseto ne la città di parigio. Qui si comincia il secondo libro di quegli huomini che non possono avere consolacione dellaversita" - poi il Fiore dei filosafi, con l'exciplit "Explicit liber filosoforum," e infine una preziosa raccolta di poesia provenzale. D'Agostino a p. 10 afferma che il manoscritto fu presumibilmente scritto in Francia nella langue d'oc, ignorando l'attestazione del manoscritto stesso che indica fosse originario di Parigi. Come con il Douce 319 gli studiosi non hanno adeguatamente considerato la possibilità dell'esistenza di enclavi di italiani in esilio dediti alla produzione di libri su suolo francese. I fogli di guardia del manoscritto elencano i vari possessori del libro via via succedutisi nel tempo, tutti discendenti della famiglia dei Latino. Si tratta chiaramente di un testo didascalico, con al foglio 3 una raffinata miniatura della Grammatica in veste di maestro e del discepolo nelle sembianze di un giovinetto. Brunetto probabilmente lo ordinò da Parigi per i suoi figli, non necessariamente scrivendo egli stesso il testo ma dando istruzioni perché fosse fatto da altri. Quantunque alcuni studiosi siano propensi a credere che Brunetto potesse essere l'autore del Fiore dei filosafi, questa rimane questione molto dibattuta. Vinceno Nannucci osserva che l'attribuzione a Latino del Fiore dei Filosafi è data da un manoscritto veneziano, Manuale della letteratura del primo secolo della lingua italiana, III (Firenze: Barberà, 1837), pp. 223-76; Antonio Cappelli, Fiore di filosofi e di molti savi attribuito a Brunetto Latini: Testo in parte inedito, citato dalla Crusca e ridotto a miglio lezione (Bologna: Gaetano Romagnoli, 1865, in Scelta di curiosità letterarie inedite o rare dal secolo XIII al XVI, vol. LXIII), p. vii, rileva l'anonimo Magliabechiano, Biblioteca Nazionale, Firenze, Magliabechiano, i manoscritti dell'anonimo Gaddiano, Biblioteca Laurenziana, e il manoscritto Farsetti, Biblioteca Marciana, Venezia, con l'attribuzione, "Detti . . . volgarizzati da Brunetto Latino"; D'Agostino, p. 95-6. Né chiaro appare che questa fosse la redazione da cui Dante trasse il racconto di Papa Gregorio e il racconto dell'imperatore Traiano (nel manoscritto scritto "Troiano", secondo la grafia che avremmo anche ritrovato in Langland) e della vedova, che egli adotterà in Purgatorio X nella cornice dei superbi. Un altro manoscritto , il Vaticano Chigiano L.VII.267, foglio xxxviij, attesta che Brunetto Latino è l'autore della tenzone tra Cicerone e Sallustio. Quella "tençione" compare qui nel Fiore dei filosafi al foglio 53. Il manoscritto dal foglio 60 in avanti, termina con un'antologia della poesia provenzale, includendo poeti quali Peire Cardenal e Folquet de Marseilha. D'Agostino a p. 10 segnala i seguenti studi del manoscritto, E. Stengel, "Studi sopra i canzonieri provenzali di Firenze e di Roma," Rivista di Filologia Romanza, 1 (1872), 20-45; P. Savj-Lopez, "Il canzoniere provenzale J," Studi di Filologia Romanza, 9 (1903), 490-8; C. Brunel, Bibliographie des manuscrits littéraires en ancien provençal (Paris, 1935), p. 88.

Un'altra bella raccolta di poesia provenzale è conservata a Modena nella Biblioteca Estense, E.45=alpha.R.4.4, datata 12 agosto 1254, tuttavia scritta oltre un decennio prima, che include liriche di Arnaut Daniel, Peire Vidal, della Contessa de Dia, di Sordello (il Sordello di Dante e Browning), Bernart de Ventadorn, Fulquet de Marsella, Peire de Corbiac, Matthieu le Juif, e, sorprendentemente, un romanzo cortese in prosa di Moniez d'Arras. La scrittura della raccolta è la libraria Bolognese, che, prima dell'esilio di Brunetto, attesta una profonda conoscenza della letteratura del sud e del nord della Francia, della langue d'oil e della langue d'oc, forse quale modo privilegiato per comunicare con Carlo d'Angiò e la sua sposa, Beatrice di Provenza. La famiglia di Simon de Monfort, dobbiamo al tempo stesso, inoltre, richiamare alla memoria - che ebbe un ruolo centrale nell'infame Crociata Albigese in Provenza - continuò ad essere al servizio di Carlo d'Angiò in Italia insieme ad Adam de la Halle, seppur l'unico indizio in nostro possesso per affermar questo è che Brunetto fu al servizio di Carlo per un breve arco di tempo prima di far ritorno ai suoi affari fiorentini. Come Brunetto, sia Pierre de Corbiac sia Sordello scrissero delle opere dal titolo "Tresor." L'altro titolo maggiormente prediletto per queste raccolte di opere è "Fiore." Altre opere, di appartenenti a questa cerchia, tuttavia, ricorrono alle ambientazioni dei contesti notarili e bancari dei loro luoghi di produzione e si definiscono "Detto" e "Documenti", come questi stessi manoscrittti combinando scrittura libraria e cancelleresca, libri mastri e poesia, legge e letteratura. Dante, naturalmente, nelle pagine della sua Commedia, attingerà tanto da Arnaut Daniel, Sordello, Bernart de Ventadorn, Folquet di Marseilles, quanto dal Roman de la Rose. 

Prima tratterò del Fiore nel manoscritto franco-italiano, Montpellier Faculté de Medecine H 438, in passato rilegato insieme all'Ashburnham 1234, Biblioteca Medicea Laurenziana. Il primo manoscritto contiene il Roman de la Rose in francese, e il Fiore - compendio di sonetti in italiano che raccontano il Roman - il secondo il Detto d'amore. Il Roman de la Rose in questo manoscritto è chiaramente di scriba italiano. Egli utilizza le lettere capitali in rosso e azzurro alternate non nella scrittura gotica francese ma nella libraria bolognese. I sonnetti del Fiore invece sono in scrittura cancelleresca, la scrittura di Francesco da Barberino, lo scriba del Codice Trivulziano della Commedia./91 Non sempre custodito a Montpellier/92 il Fiore acquisito da Etienne Bouhier - nel 1611 studente a Padova - fu inizialmente portato a Digione, poi a Troyes./93 Il fatto che giunse in Veneto è da ricondurre alla presenza in quella regione di due discepoli di Brunetto, Francesco da Barberino e Dante Alighieri. Nel suo complesso il manoscritto è esattamente il tipo di manoscritto che avrebbe potuto benessimo essere stato prodotto dagli scriptoria della scuola di Brunetto, nel suo esilio in Francia, o, successivamente, al suo ritorno in Italia. Che il manoscritto in sé incorpori entrambe le scritture, la scrittura cancelleresca e quella libraria, ne denota la genesi nei contesti giuridici - e persino i diagrammi astronomici ed i motivi ornamentali della sezione del Detto d'amore Laurenziano sono tipici degli scriptoria di Latino in Francia e in Italia. Questa stessa mano - o una mano ad essa affine - si ritrova nel Detto d'amore Laurenziano, frammista con la libraria bolognese. Il Codice Trivulziano, il più antico codice in nostro possesso del testo di Dante, identifica il suo copista con un certo, 'Ser Franciscus Ser Nardi de barberino,' che scrive il testo non nella libraria bolognese ma nella scrittura cancelleresca degli uffici notarili. Un altro codice dantesco in questa medesima mano è il Laurenziano Plut. 40.16. Questa mano è simile all'Etica, Yale University, Marston 28. Manoscritto correlato a Brunetto Latino. Simile a questo Roman de la Rose è l' E.152=alpha.K.2.48, Biblioteca Estense, Modena, che contiene quattro carte del Roman de la Rose, anch'esse con lettere capitali in libraria bolognese. Scoperto nell'archivio storico del Monferrato, dono di Debenedetti a Giulio Bertoni, il manoscritto fu da questi depositato nella Biblioteca di Modena.]


*68 III. DISCEPOLI DI BRUNETTO: GUIDO CAVALCANTE, FRANCESCO DA BARBERINO, DANTE ALIGHIERI
a tradizione coeva parla di tre discepoli di Brunetto Latino, Guido Cavalcante, Francesco da Barberino e Dante Alighieri, nonostante Vittorio Imbriani. Già il padre Cavalcante Cavalcanti faceva parte di questa cerchia di Brunetto dell'esilio dopo la Battaglia di Montaperti. Il dolce stil nuovo e la dedica di Dante a Guido della Vita Nova rimandano Guido alla cerchia di Brunetto. Un manoscritto de Li Livres dou Tresor, Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea, II.280, termina con un racconto dei luoghi santi del pellegrinaggio a Gerusalemme, e con un compendio di poesia italiana, che include tenzoni su Carlo d'Angiò, sui re d'Inghilterra e di Francia, e i versi del sonetto di Dante, 'Guido, i' vorrei che tu e Lapo ed io' (fol. 1). *69 Tragicamente Guido sarà bandito all'esilio da Dante Priore nella Torre della Castagna. *70-71 Muore perché lotta contro Corso Donati, suo nemico e guelfo nero che nella storia di Firenze si contrappone all'ideale del podestà del Tesoro di Brunetto.

Ma Francesco da Barberino (1264-1348), il secondo discepolo di Brunetto Latino, sarà egli stesso guelfo nero, poi anche ghibellino e notaio al servizio di Corso Donati, podestà di Treviso, e anche insegnerà a Padova. In una vena simile al Tesoretto, egli avrebbe scritto i Documenti d'amore, /94 *70-86 in cui la sua allegoria della 'Sapienza' ricalca le figure allegoriche nel Tesoro di Brunetto nel Pluteo 42.19 della Biblioteca Laurenziana. Manoscritto questo ritengo copiato e miniato da Francesco da Barberino. Come credo anche il Tesoretto, Laurenziana, Strozzi 146. (In passato avevo suggerito fossero da attribuire a Dante.) *87-93 Recentemente è stato ritrovato l'Officiolum, bellissimo manoscritto, scritto e miniato da Francesco da Barberino, in cui egli si trova in un magnifico paessaggio allegorico. Francesco da Barberino nel 1308 ebbe parte nella realizzazione degli affreschi dell'Episcopio di Treviso, quando era notaio di Corso Donati, quell'anno podestà della città. *96 Treviso è anche la città dove il figlio di Dante, il giudice Pietro Alighieri, viene sepolto nella chiesa di San Francesco. *97-98 Con Quentin Skinner ho studiato le figure allegoriche nella Cappella dell'Arena a Padova, 1304-1310 (cui Francesco da Barberino fa cenno nel 1312-1313) e nella Sala della Pace di Siena, dipinte nel 1338-1339. Allegorie delle virtù che Skinner crede derivino dall'Etica Nicomachea di Aristotele, tradotta da Brunetto Latino. *99 Anche il sepolcro del Vescovo Antonio degli Orsi di Tino da Camaino nel Duomo fiorentino fu commissionato da Francesco da Barberino *100 al tempo stesso degli affreschi nella Cappella della Maddalena del Bargello con il ritratto di Dante Alighieri, questi sempre forse su suggerimento di Francesco da Barberino. *101 Ricordiamo la scena nello studio di Brunetto, forse con miniature commissionate da Francesco da Barberino, nel manoscritto Pluteo 42.19 della Biblioteca Laurenziana. Qui vediamo, mi sembra, i ritratti di Francesco, Guido e Dante ai piedi del loro maestro, Ser Brunetto. Di fondamentale importanza, ritengo, lo studio di questi manoscritti, di questi affreschi, ricollocandoli nel loro contesto, gli uffici notarili, le cancellerie, tra notai e banchieri al servizio dei podestà. Ed in particolare in connessione con i discepoli di Brunetto Latino, per poter così più profondamente capire queste opere e i loro autori.  

Il terzo discepolo fu Dante Alighieri che nella dialettica e nell'amarezza del suo più tardo esilio diverrà ghibellino, e non guelfo. Una risposta trovando nella monarchia e nell'impero virgiliano e non nella ciceroniana repubblica romana, riflessa nel Comune fiorentino. Il discepolo fu per la pace; il maestro per la libertà.

Nonostante Dante punisca ridicolmente Brunetto con un gioco di parole sotto la grandine di fiamme, dove il corpo nudo del suo maestro brucia, dove egli è Aristotele, e Dante, Alessandro, la Commedia è profondamente intrecciata con il Tesoretto e il Tesoro. Dante che smarrisce la via in Inferno I deriva da Brunetto che smarrisce la via nel Tesoretto. Le pagine raccolte e rilegate in un unico volume in Paradiso XXXIII trasformano il timore di Brunetto per le pagine sciolte e gettate via da scolai nel suo Tesoretto. Il Tesoro che dà una formazione universitaria tra le pagine di un solo unico libro, insegna la grammatica, la logica, la retorica, l'aritmetica, la geometria, la matematica, l'astronomia, la musica, la storia, la geografia, l'economia, l'ecologia, l'etica, la politica, la teologia. Così è per la Commedia. Nelle pagine del Tesoro Babilonia ed Egitto sono poste sullo stesso piano. Qui incontriamo giganti, ad esempio Nembrot, ritroviamo i quattro fiumi del Paradiso. Incontriamo Boezio, Pseudo Dionigi, Clitennestra, Oreste, Paride, Tolomeo, Salomone, Aristotele, Alessandro, Ulisse, Catilina, Cicerone, Cesare, Catone, Pompeo, Cornelia, Terenzio, Virgilio, Enea, Re Artù, Tristano, Isolde. Incontriamo Fiesole e Firenze, i Libri della Bibbia, Carlo d'Angiò, Federico II, Manfredi. Incontriamo fiumi, sorgenti, mari, maree, le Colonne d'Ercole, la zoologia. Incontriamo sirene (Purgatorio XIX) e serpenti (Inferno XXIII), incontriamo Gerione, stormi di uccelli, gru e rondini, le sette stelle, il gioco dei dadi. Esistono molti antichi manoscritti in italiano del Tesoro ancora a Firenze, ma un solo manoscritto della versione francese, Li Livres dou Tresor. È chiaro che è Il Tesoro in italiano il testo che Dante conosceva. Ma di questo testo manca finora una edizione accademica se si esclude Il “Tesoro” volgarizzato da Bono Giamboni, a cura di Luigi Carrer (Venezia: Gondoliere, 1839). Questa edizione che si basa su una edizione veneziana a stampa del 1533, lo attribuisce a Bono Giamboni, ripetendo l'errore di un tardo manoscritto veneziano. E tuttavia portando fuori strada Pietro Beltrami, Paolo Squillacioti, Plinio Torri e Sergio Vatteroni che curano una edizione del testo francese, Li Livres dou Tresor, con traduzione italiana a fronte (Torino: Einaudi, 2007) da un manoscritto de Li Livres dou Tresor in Verona, invece del testo de Il Tesoro. Per rimediare all'errore ho pubblicato sul Web il facsimile e la trascrizione dell'editio princeps del Tesoro (Treviso, 1474), che, come i manoscritti, è attribuita al solo Brunetto Latino, e probabilmente composta da un manoscritto di Francesco da Barberino da lui stesso portato in quella città al tempo in cui era notaio al servizio di Corso Donati. Il testo gemello è il Plut. 42.19  della Biblioteca Laurenziana, ed è raffinatamente miniato. Ad esempio serpenti strisciano tra le righe del testo. 

La Commedia di Dante presenta immagini autoreferenziali sulle carte bruciate, sul 'lato pelo' e 'lato carne' delle pagine in pergamena, sullo scriba e il miniatore. Dante e Oderisi, che  l'uno accanto l'altro, aggiogati come due buoi trascinano l'Arca santa, quando parlano di Cimabue e Giotto. Dante e Giotto sono soci della stessa Arte dei Medici e Speziali. Credo che la sua Commedia sia anche un poema intorno ai notai e ai loro uffici, intorno ai banchieri e ai loro libri di conto, intorno ai cancellieri e alle loro cancellerie, tra loro uniti dalla rete di condivise reciprocità. Un poema sulle entrate e uscite internazionali e paneuropee registrate in inchiostro nero e rosso. Un poema sul suo maestro e i suoi compagni, discepoli come lui. Da tutto questo Dante crea la Commedia, costruendo un teatro della memoria, una casa/prigione di parole e pergamena. Egli è come il Bartleby di Hermann Melville, lo scrivano che lavora nell'ufficio delle lettere giacenti, oramai 'lettera morta'. Egli è come i monaci di Umberto Eco nella loro immensa, apocalittica biblioteca effimera. Tuttavia, da questi mondi legali e letterari, dove non si è certi se carne e sangue possano essere pergamena e inchiostro, ancora oggi ci sono restituiti i documenti autografi di Brunetto Latino - anche se, fino ad oggi, nessuno di Dante. *102 E questi documenti giacenti negli archivi - di cui dieci autografi in inchiostri bruno e autenticati con il sigillo di Brunetto, la colonna/fontana/giglio - chiaramente attestano 'Et ego Burnectus Bonaccorsi Latinus notarius', quasi come fossero stati scritti non sette secoli or sono ma oggi. 


NOTE

1 Robert Davidsohn, [Geschichte von Florenz (Berlin: Mittler, 1896-1927)]; Storia di Firenze, trans. Giovanni Battista Klein (Firenze: Sansoni, 1957). La mia riconoscenza anche a  Daniela De Rosa per il suo prezioso aiuto con i doumenti archivistici fiorentini e senesi.
2 Vittorio Imbriani,
'Dimostrazione che Brunetto Latini non fu maestro di Dante', Giornale napoletano di filosofia e lettere A VII (1878), 1-24, 169, 198; rpt. come 'Che Brunetto Latini non fu maestro di Dante'. StD (Firenze: Sansoni, 1891), pp. 335-80; André Pezard, Dante sous la pluie de feu: Chant XVI (Paris: Vrin, 1950); Richard Kay, Dante's Swift and Strong. Essays on "Inferno" XV (Lawrence: Regents Press of Kansas, 1978). Un grazie speciale e il mio debito di riconoscenza al National Endowment for the Humanities e all'American Association of University Women per i miei viaggi in Europa per compiere il lavoro di ricerca nelle biblioteche, e al Graduate Council of the University of Colorado, Boulder, per la pubblicazione del volume Twice-Told Tales: Brunetto Latino and Dante Alighieri. Per gentile concessione dell'Archivio di Stato di Firenze e di altri archivi le immagini delle diapositive che accompagnano questa presentazione, alcune anche tratte da Il Villani illustrato: Firenze e l'Italia medievale nelle 253 immagini del ms. Chigiano L.VIII.296 della Biblioteca Vaticana, a cura di Chiara Frugoni (Firenze: Le Lettere, 2005).
3 1258, Vaticano lat. 4957, fols. 79-80; Riccardiano 15438, fols. 199v-200v; Vaticano Chigiano L.VIII.267, attesta che la lettera è di Brunetto Latino, fol. 177v.
4 Julia Bolton Holloway, Twice-Told Tales: Brunetto Latino and Dante Alighieri (Bern: Peter Lang, 1993), p. 327.

5 Twice-Told Tales, pp. 317-318.
6 Twice-Told Tales, pp. 321-325.

7 Twice-Told Tales, pp. 325-326.
8 Giovanni Villani,
Istoria di Firenze (Firenze, 1823; Roma: Multigrafica Editrice, 1980), VI.lviii.82-84.
9 Villani, VI.lvii; Twice-Told Tales, pp. 30-31.

10 Richard Mac Cracken, The Dedication Inscription of the Palazzo del Podestà in Florence (Firenze: Leo S. Olschki, 2001).
11
Twice-Told Tales, p. 327.
12
Twice-Told Tales, pp. 327-333.
13
Twice-Told Tales, pp. 35-38.
14
Twice-Told Tales, pp. 333-335.
15 Davidsohn, II. 617-8, 687; Pisa aveva chiesto aiuto proponendo Alfonso all'elezione imperiale con lui creando una lega contro Lucca, Genova, Firenze, 1256; Archivio Segreto Vaticano,  Instr. Misc. 87, 1257/1268, "Articuli propositi a procuratoribus Alphonsi regis Castellae coram Clem. IV. ad probandum eius electionem in Regem Romanorum a nonullis Electoribus Imperii facta an. 1257, contra Riccardum, fratrem Regis Angliae, qui ab aliis Electoribus inauguratus fuerat. Exemplar membr. 9 paginorum"; 1 Febbraio, 1264, Alfonso scrive al Papa chiedendo di essere incoronato imperatore, Archivio Segreto Vaticano, A.A. Arm. 1-18, n. 167, epistola  pubblicata in Bruno Katterbach e Carolus Silva-Tarouca, Epistolae et Instrumentum saeculi XIII, in Exempla scriptorum edita consilio et opera procuratorum bibliothecae et tabularii vaticane, Fasc. II (Roma: 1930), Tavola 22a; il vescovo spagnolo, Garcìa di Silves, inviato al Papa a Roma per perorare questa causa, nel Dicembre 1267, fu ucciso da Ranieri de' Pazzi, riferimento in Inferno XII. 137-8; Instr. Misc. 46, 23 Marzo, 1276: "Innocentius PPV concedit Regi Castellae et Legionis ecclesiasticarum decimarum . . . pro subsidio contra Saracenos. Bullo orig. carens plumbo."
16 Brunetto è citato nel Libro di Montaperti e di suo pugno sono alcune carte, versione pubblicata, Libro di Montaperti (An MCCLX), a cura di Cesare Paoli (Firenze: Vieusseux, 1889): 26 Febbraio, 1260, fol. 11, p. 34; 20 July, fol. 50v, p. 123; 22 July, fol. 65v, p. 148; 24 July, fol. 65v, p. 148; 23 July, fol. 74v, p. 172; Renato Stopani, 'Libro di Montaperti: l'unica fonte documentaria della celebre battaglia', http://www.florin.ms/beth2.html.
17 Demetrio Marzi, La Cancelleria della Repubblica Fiorentina (Rocca S. Casciano: Capelli, 1910), p. 35, afferma che Latino fu prima "Dettatore e Cancelliere della Republica"; Daniela De Rosa osserva che questo potente ufficio non era concentrato nella mani di un unico individuo ma condiviso tra i vari notai durante il periodo del Primo Popolo.
18  Giovanni Villani, Istoria di Firenze (Firenze, 1823; Roma: Multigrafica Editrice, 1980), VI. lxxiv; ripetuto in ASF MS 225, fol. 9; Lapo da Castiglionchio, Biblioteca Laurenziana, LXI. 13, fols. 14v-15.
19 Brunetto Latini, Il Tesoretto, ed. and trans. Julia Bolton Holloway (New York: Garland, 1981), lines 113-162, Laurentian Strozziano 146, illumination, fol. 2.
20 Carmody, p. xvi, citando Schirrmacher, Geschichte Castiliens im 12. und 13. Jahrhundert, ed. Friedrich Wilhelm Lembke (Gotha, 1881), 476, e Memorial Historico Espanol, I (Madrid, 1851), 134, sulle attività di Alfonso, a Toledo il 2 Febbraio, a Soria il 12 Aprile, a Cordova il 3-6 Giugno, a Siviglia il 27 luglio, ritorna a Cordova il 20 Settembre, mentre Brunetto Latino è presente nel fiorentino Libro di Montaperti fino al 24 luglio e la Battaglia di Montaperti è del 4 Settembre, questo fa collocare l'ambasceria a Siviglia.
21 Las Siete Partidas del rey don Alfonso el Sabio (Madrid: Imprenta Real, 1807); "Titulo XXIV: De los romeros et de los Peregrinos, Ley I," molto affine alla defizione dei pellegrini di Dante nella Vita Nova, forse trasmessa per il tramite di Latino. Brunetto deve essere venuto a contatto con le più importanti traduzioni dell'Etica Nicomachea e della Politica di Aristotele, come dell'Almagesto di Alfraganus (al-Farghānī,) e Tolomeo. È probabile che da Alfonso Brunetto avesse ottennuto queste opere, che negli anni del suo esilio tradurrà in francese.2492
22 È possibile che la presenza a Firenze di uno dei due più sontuosi manoscritti regali de Las Cantigas de Santa Maria ne disveli il suo valore di dono diplomatico da parte del pretendente alla dignità imperiale ad un Comune che si sapeva grandemente coinvolto nella politica papale. Biblioteca Nazionale, Banco Rari 20; Antonio G. Solalinde, "El Còdice florentino de la Cantigas y su relaciòn con los demàs manuscritos," Revista de Filologia Espanola, 5 (1918), 143-179.
23
Li Livres dou Tresor, Madrid, Escorial L.II.3; Il Tesoro, Firenze, Biblioteca Nazionale, Magl. II.VIII.36, fol. 75 (manoscritto forse copiato da Dante).
24 F. Donati, "Lettere politiche del secolo XIII sulla Guerra del 1260 fra Siena e Firenze," Bulletino senese di storia patria, 3 (1896), 230-232, che trascrive il MS 342, documento 73, Bibilioteca Breslau, distrutto dalla guerra (Un sentito grazie ad Anthony Luttrell per questa informazione); Dell' Historia di Siena scritta da Orlando Malavolti (Venezia, 1599), fine del primo volume, "che fece l'Arbia colorata in rosso."
25 Armando Petrucchi, Notarii: documenti per la storia del Notariato italiano (Milano: Guiffré, 1958), p. 17, osserva che il mestiere di notaio era trasmesso di padre in figlio. 
26 Menzionato nel Tesoretto, verso 2451; gli Archives de la Ville de Montpellier: Inventaires et Documents, III: Inventaires des Cartulaires de Montpellier, (980-1789) (Montpellier: Serre et Roumégons, 1901-7), pp. 101-2, #712, 715, 716, dimostrano l'importanza del mercanti italiani che collegavano quella città con la grande fiera nella Champagne a Bar-sur-Aube.
27 Edouard Jordan, Les registres de Clement IV (Paris: Thorin, 1893), numeri 1456, 1469 (naminano Thomas Spigliati, Manecto Spine e altri banchieri fioretini connessi a Brunetto Latino), 1472 (12 Settembre, 1265, Perugia: "Regis Sicilie et omnium contra Manfredum et Sarracenos Lucerie crucesignatorum terras sub sedis Apostilice protectione suscepit"), 1473, 1475, tutti relativi alla crociata contro Manfredi e alla raccolta della decima a questo scopo e frequentemente coinvolgendo la chiesa parigina di Ste. Geneviéve.
28 Lettera di Andrea de Tolomei, Troyes, 4 Settembre, 1262, in Lettere volgare del secolo XIII scritte da Senesi, a cura di Cesare Paoli, E. Piccolomini (Bologna: Romagnoli, 1871), p. 41, citato, F. Donati, "Lettere politiche del secolo XIII sulla Guerra del 1260 fra Siena e Firenze," Bulletino senese di storia patria, 3 (1896), p. 259.
29 Villani, "e mandarono loro ambasciadori a papa Clemente, accioché gli raccomandasse al conte Carlo eletto re di Cicilia, e profferendosi al servigio di santa Chiesa," VII.ii.
30 Archivio Segreto Vaticano, Instr. Misc. 99, Settembre 15 e 24, 1263; M. Armellini, "Documento autografo di Brunetto Latini relativo ai ghibellini di Firenze scoperto negli archivi della S. Sede," Rassegna italiana, V/I (March, 1885), p. 359-363; Hans Foerster, Mittalterliche Buch und Urkundenschriften auf 50 Tafeln mit Erlauterungen und Vollstÿaundinger Transkription (Berne: Haupt, 1946), Plate XXV, commenti, trascrizione, pp. 64-5 (un grazie a David Anderson per questo riferimento); Bruno Ketterbach e Carolus Silva-Tarouca, Epistolae et Instrumentum saeculi XIII, in Exempla scriptorum edita consilia et opera procuratorum bibliothecae et tabularii vaticane, Fasc. II (Roma, 1930), p. 20, Plate 21.
31 Gino Arias, "Sottomissione dei banchieri fiorentini alla Chiesa, 9 dic., 1263," in Studi e documenti di storia del Diritto (Firenze: Le Monnier, 1901), pp. 114-120, dà un importante documento connesso, che nuovamente nomina Thomas Spigliati, Ricco Cambi, Pietro Benincasa, Hugo Spine, Jacopo Lecci, Jacopo della Scala, Maynecto Spine, Diritto Cambi, Aymeri Cose, Lotterio Benincase, etc.; E. Jordan, De Mercatoribus camerae apostolicae saeculo XIII (Paris, 1909), p. 97, osserva che Thomas Spigliati era associato con Arras, anche parla di Hugo Spine, pp. 25-30; si veda anche Richard Kay, "Rucco di Cambio de' Mozzi in France and England," Studi danteschi, 47 (1970), 49-57; R. Bower, "Italian Merchants in the Reign of Henry III," Southern Quarterly, 6 (1968), 191-202, esp. 196, 201. Documento di Siena, esibito e catalogato in Le Sale della Mostra della Mostra e il Museo delle Tavolette dipinte, catalogo: Publicazione degli Archivi di Stato XXIII (Roma: Ministero dell'interno, 1956), #6, p. 117; trascritto in Il Caleffo Vecchio del Comune di Siena, ed. Giovanni Cecchini (Firenze: Olschki, 1935), #567, II. 779. Villani analogamente esplicita che i guelfi in esilio si alleano con Carlo d'Angio ed il Papa Clemente IV contro Manfredi.
32 Si veda Catalogue général des manuscrits des Bibliothèques des Départments, IV: Arras-Avranches-Boulogne (Paris: Imprimérie Nationale, 1872), p. 414. Per questo riferimento un sentito grazie a  Charles J. Ermatinger. 
33 Westminster Abbey Muniment 12843, April 17, 1264. Peter de Egeblanke, vescovo di Hereford, con la Curia e i fiorentini in esilio dopo Montaperti, raccoglie fondi contro Manfredi, Davidsohn, II, 608-9.
34 Davidsohn, II.754; III.30, rileva nel 1268 il pagamento di 6000 marchi sterling da Lucca dati in prestito a Carlo d'Angiò, da restituire alla fiera di Bar-sur-Aube nella Champagne con il pagamento della decima della crociata della Francia, II.607-9,701,741, anche tratta delle relazioni con la Curia, e delle relazioni in Inghilterra dei Mozzi-Spini e Spigliati, Ardinghelli, Aymeri Cose. Un manoscritto del Tesoretto, il Riccardiano 2908, in dialetto Lucchese, fu in genere utilizzato quale testo base per edizioni di quel poema.
35
Davidsohn, II.681,III.43; Ruggero Palmieri, "Palamidesse Bellindote poeta fiorentino del secolo XIII," Giornale dantesco, 23 (1915), 132-140.
36 Archivio di Stato di Firenze, MS 225, fol 10, "Nel medesimo anno [1265] Papa Urbano quarto per sodisfare à Guelfi di Toscana, fece in Roma un gran concilio, nel quale privò Manfredi di Regni di Sicilia, et di Puglia, et ne investa Carlo d'Angiò, et di Provenza Fratello del Re Luigi di Francia"; fol. 10v, "Nel detto tempo i Guelfi usciti di Firenze mandarono à Papa Clement à offeriva in servizio di s[anc]ta Chiesa per essere raccomandate . . . Conte Carlo nuovo Re di Sicilia."
37 Li Livres dou Tresor, ed. Francis J. Carmody (Berkeley: University of California Press, 1945), III.ii.v, pp. 396-6. Carmody, p. xviii, doubted the importance of the letter, despite Davidsohn; perhaps because E. Jordan, Les origines de la domination angevine en Italie (Paris: Picard, 1909), p. 458, had discounted it: "Je ne tiens pas de compte de la lettre des Romains à Charles d'Anjou, inserée dans le Tresor de Brunetto Latino. Contrairement à l'opinion de Sternfeld, Karl von Anjou als Graf der Provence, 183, n. 2, elle me semble etre un simple exercise de style. La preuve en est qu'elle parle d'une élection pour un an, alors que nous savons que le comte fut élu à vie." However, there are passages specifically directed at Carlo in the "Rettorica" section of the Tresor, ed. Carmody: "Li tiers est sa vile: raison coment: nous devons croire que cis hom soit bons drapiers por ce k'il est de Provins. Li quars est de sa lignie: raison comment: bien doit estre Karles loiaus, car il fu fius le roi de France," III.lii, pp. 360-361; "sachies que nous somes in Franche . . . je ti pri ke tu soies prodom en ceste guerre," III.lxxi, p. 390.
38 Davidsohn, III, 586-7, II, Piatto 33, Roma, Palazzo dei Conservatori; Alexis Guignard comte de Saint Priest, Histoire de la Conquete de Naples par Charles d'Anjou, frère de Saint Louis (Paris: Amyot, 1858), II, 149; Michele Amari, La guerra del Vespro siciliano (Paris: Baudry, 1845), I.46.
39
1257,
Saint Priest, II.53. 1282, Vatican Chigiano L.VII.267, fols. cxxiii verso-cxxv, in Italian; Paris, Bibliothèque Nationale, lat. 4042, fols. 92v-95v, in Latin. Saint Priest, II. 149; Amari, Vespro siciliano, I, 46-47. In his place Charles made Henry, the traitor exile brother to Alfonso X el Sabio of Castile, Senator of Rome. True to his treacherous nature, Henry was to welcome and receive the young Conradin in Rome: Charles-Joseph Hefele, Histoires des Conciles, trans. H. Leclercq (Paris: Letouzey, 1914), VI, 57.
40 Twice-Told Tales, pp. 350-355.
41
Twice-Told Tales, pp. 82-86, 350-357
42 Twice-Told Tales, pp, 358-359.
43
Twice-Told Tales, p. 90.
43  Davidsohn, III. 116, 149; ASS Cons. gener. 19, fol. 9v; Twice-Told Tales, pp. 88-89, 361-362. Un sentito grazie a Daniela De Rosa che ha letto il documento in questione e osservato che la trattazione continua nei fogli 4v, 24v, 42, 57v-58.
44  Amari, Vespro siciliano, II, 365-6, dando gli Archivi di Napoli, segn. 1283, Reg. Carlo I, A, fol. 130, come fonte. Gli Archivi di Napoli furono distrutti da un incendio nel 1944. Tuttavia, Palermo, Bibl. Com. Qq Gl e Roma, Bibl. Angelica D.VIII.17 transcrivono documenti che si riferiscono alla Sicilia e a Carlo. The documents survive, Genova, Liber Iurum Reipublicae Genevensis II, in Historia Patriae Monumentum (Torino, 1836-84), II, cols. 60 ff, transcribing 13-21 October, 1284; Codex A, fols. 437-441; ASG Codex C, fols. 126-131; #424, Busta 6/42; ASF Capitoli di Firenze, 43 (in precedenza XLIV/XLVI), fols. 29-39, Brunetto Latino citato, fols. 34, 37v, 38. La morte di Ugolino e della sua progenie per fame come risultato delle trame fioretine su Pisa determineranno forse la costituzione di Orsanmichele come granaio per i tempi di carestia.
45 Twice-Told Tales, pp. 89, 362.
46 Sir Steven Runciman, The Sicilian Vespers (Cambridge: Cambridge University Press, 1958 ), pp. 206-7.
47
Frasi trovate nella retorica associata a Gianni di Procita contro Carlo passim, in manoscritti a Palermo e nella Biblioteca Angelica e in resoconti dei Vespri Siciliani ne Il Tesoro.
48 Saint Priest, II. 28.
49 Amari, Vespro siciliano, p. 115; il resoconto del Tesoro sui Vespri si conclude con il toccante lamento del Conte Giordano, che alla sua continua miseria preferisce la morte, il quale si rivolge alla sua mano mozza che aveva colpito così tanti onesti cavalieri.
50 Palermo, Bibl. Com., Qq Gl, fols. 100v-102; Hefele, Histoire des Conciles, VI. 59.
51 Hefele, Histoires des Conciles, VI. 153-268; Archivio Segreto Vaticano, Instr. Misc. 157, 158, 159, 160, 592; Gaetano Salvemini, Magnati e Popolani in Firenze dal 1280 al 1295 (Firenze: Carnasecchi, 1899), p. 19; la Sommetta di Latino contiene la formula notarile per il Papa Niccolò III da usare nel rivolgersi a Carlo d'Angiò e Alfonso el Sabio.
52 Si veda Amari, Vespro siciliano, p. 115.
53
Richard Kay, p. 21 afferma che la lettera è di Brunetto.
54
Villani, VII.lvii, p. 236, cita la lettera inviata dal Papa all'Aragona con il suo Sigillo cardinalizio; pergamene genovesi relative a questo periodo attestano che Genova e i fiorentini erano in contatto con l'Impero greco per opporsi a Carlo d'Angiò; Pasquale Lisciandrelli, Trattati e negoziazione politiche della repubblica di Genova (958-1797) (Genova: Società ligure di storia patria, 1960), #338, Archivio di Stato di Genova, Busta 5/20, anche 5/38,39,40, 1261, Genova con Manfredi di Sicilia, Michele Paleologo di Constantinopoli, 10 luglio, Alfonso el Sabio, 1262, 15 & 16 agosto, Carlo d'Angiò, 21 luglio; 1273, 7 febbraio, #383, Busta 6/2, su ambasciatori genovesi che fanno accordi con il Papa ad Orvieto e con Venezia per opporsi a Carlo contro l'elezione imperiale del re di Boemia; 1275, Genova e l'Imperatore greco ratificano gli accordi del 1261 (Busta 3/39) tra i due stati, #415, Busta 6/34, quell'accordo prorogato poi il 7 febbraio 1281, per cinque anni ancora o più; l'Archivio Segreto Vaticano e Archivio della Corona d'Aragona analogamente attestano l'esistenza di relazioni amichevoli tra questi Stati latini e l'Impero greco, nel contrastare le ambizioni di Carlo. Il materiale vaticano sottolinea il bisogno dei portavoce greci di partecipare alle delegazioni, Instr. Misc. 160, 592, 30 Novembre, 1276. Il lat. 4042, Bibliothèque Nationale, Parigi, dà le lettere di Pier delle Vigne, di Brunetto Latino/Tesauro e dei Vespri Siciliani, fols. 92v-95v, il colophon riporta che è stato compilato come una "summa dictaminis" da Tommaso di Capua, notaio della Curia Romana, 1294. Nel frattempo, i testi di Brunetto proliferano in Catalogna e Aragona, come pure in Castiglia e Andalusia, a conferma della sua vicinanza sia ad Alfonso el Sabio che a Pietro d'Aragona. Si veda Deno Geanakoplos, Emperor Michael Paleologus and the West, 1258-1282: A Study in Byzantine Latin Relations (Cambridge, Mass.: Harvard University Press, 1959).
55 Manoscritti, Sigla A, Milano, Biblioteca Ambrosiana, G 75 sup. Amari I; As, Florence, Biblioteca Laurenziana, Ashburnham 540, Amari I, Br, London, British Library, Addit. 26105, Cronica del 1285; De Visiani, MS andato perduto, Amari I; F4, Firenze, BN, Magl. VIII.1375, Amari III, corrispondente con il Siciliano Lu Rebelntu di Sichilia, ed. Sicardi; G1, Florence, Bibl. Laur. Gaddiano 26, Amari II; G2, Bibl. Laur. Gaddiano 83, Amari II; L1, Bibl. Laur. 42.20, Amari II; L4, Bibl. Laur. 42.23, Amari I; R1, Firenze, Bibl. Riccardiana, 2221, Amari I; S, San Daniele del Friuli, Bibl. Communale, 238, Amari II; V1, Vaticano, Biblioteca Apostolica, lat. 5908, Amari II; mentre il 1286 Firenze, BN, Magl. II.VIII.36, parla de Il Tesoro scritto per amore del suo nemico. 
56 Il neo ghibellino Michele Amari ha curato questi resoconti in Altre narrazione del Vespro siciliano scritte nel buon secolo della lingua (Milano: Hoepli, 1887), rifiutando l'attribuzione a Brunetto. Enrico Sicardi li anche pubblicati nelle loro versioni siciliane, Due Chronache del Vespro in volgare siciliano del Secolo XIII, in L. A. Muratori, Rerum Italicarum Scriptores: Raccolta degli storici italiani (Bologna: Zanichelli, 1917) 39.91-126. http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/bibliotecacentrale/tesori/immagini/t58a.jpg, offrono un estratto digitale tratto dal resoconto siciliano dei Vespri Siciliani, che ha un equivalente nel manoscritto di Brunetto Latino de Il Tesoro in volgare toscano conservato nella Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. Geanakoplos, Michael Paleologus, cites De Michaele et Andronico Paleologis, ed. I. Dekker (Bonn, 1835), 2 vols, una storia bizantina contemporanea di George Pachymeres parla  di queste delegati che si presentano sotto le mentite spoglie di Francescani . Un resoconto cronachistico dei Vespri Siciliani anche occorre con un manoscritto catalano de Il Tesoro, Biblioteca Seminar Conciliar de Barcelona, MS. 74.
57 Isidoro Carini, Gli Archivi e le Biblioteche di Spagna in rapporto alla storia d'Italia e di Sicilia in particolare (Palermo: Statuto, 1884), II, 45-46, contiene del Febbraio, 1280, del 1 Aprile, 1282, e del 19 Maggio, 1282, le scuse di Giovanni di Procita ad Alfonso el Sabio.
58 Davidsohn, III, 210-211; Archivio Segreto Vaticano, Instr. Misc. 157, 158, 159, 160, 592; Archivio vescovile della Diocesi di Fiesole MS II.B.4, Atti, prefato da versi di Buonaccursi di Lastra"  a "Phylippus Perugine"; Scipione Ammirato, Vescovi di Fiesole, di Volterra, et d'Arezzo (Firenze, 1637), pp. 28-29.
59 Geanakoplos, p. 292, citando M. Laurent, Innocent V, 411, osserva che un passo scritto da Charlesper un altro membro di questa  for one member of this delegation was for a mysterious "L." Egli anche fa cenno ai documenti greci che citano come coinvolti "Calado" o "Kladas". Bartholomeus de Neocastro, Historia Sicula, in Lodovico Antonius Muratorius, Rerum Italicum Scriptores (Milano, 1728), III, col. 1049, osserva "Et Carolus Rex . . . staret pedibus ante Ecclesiam . . . Magister Bonaccursus tenta balista terribili in eum projiciens." Si tratta di un parente di Latino che tira a casaccio al suo re?
60 Il Vaticano 3793 contiene tenzoni di Palamidesse Bellindoti, Guglielmo Beroardi, Rustico di Filippo, Brunetto Latino, ecc. Un altro compare sul risguardo di un manoscritto di Ferrara del Tresor, insiema al sonetto di Dante a Guido Cavalcanti, Biblioteca Comunale Ariostea, II.280.*
61 Paris, BN, lat 4042, fols. 92v-95v; Palermo, Biblioteca Comunale Qq G1.
62 Firenze, Biblioteca Nazionale, Magl. II.VIII.36, fol. 75.
63 Published in Michele Amari, Altre narrazioni; Due Cronache del Vespro in volgare siciliano del Secolo XIII, a cura di Enrico Sicardi, in L. A. Muratori, 39.91-126.
64
Biblioteca Episcopal del Seminar Conciliar de Barcelona, 74.
65 Due dei figli di Brunetto, Bonaccursus and Perusgio (Perseo), saranno coinvolti con la corte angioina di Roberto di Napoli, il primo come ambasciatore di Firenze, il secondo come cortigiano. La famiglia dei Bonaccursi erano banchieri a Napoli e altrove fino a quando la loro banca nel 1312 fallì, Romolo Caggese, Roberto d'Angiò e i suoi tempi (Firenze: Bemporad, 1922), I, 598. A Perseo sarà concesso di avere sul suo stemma il giglio degli Angiò da aggiungere alle sei rose dello stemma di suo padre.
66 Inf. XIX.97-99; Par. VIII.67-75; Villani, VII.liv, p. 227.
67 Dino Compagni, La Cronica, a cura di Isidoro Del Lungo (Firenze: Le Monnier, 1924), p. 14-15; Villani, VII.lxxix, pp. 265267. Anche Brunetto Latino come Dante Alighieri fu tra i suoi Priori.
68 Le Consulte della Repubblica Florentina dall'anno MCCLXXX al MCCXCVIII (Firenze: Sansoni, 1898), pubblica l' ASF Libri Fabarum, e i Documenti dell'Antica Costituzione del Comune di Firenze: Appendice: Parte Prima, 1251-1260, a cura di Pietro Santini (Firenze: Olschki, 1952), dà molti documenti associati a Brunetto.

69 Twice-Told Tales, pp. 147-155, 385-402.
70 Una possibile soluzione derivava dalla costituzionalità del monarca, che per l'esercizio delle funzioni di podestà per contratto (per un periodo limitato nel tempo) avrebbe dovuto mantenere fede ai patti giurati senza alcuna violazione delle leggi del Comune, un modello che Jefferson, probabilmente per il tramite dell'amico toscano Filippo Mazzei, adotterà per la carica di Presidente degli Stati Uniti. Un altro membro della famiglia Mazzei fece erigere la targa commemorativa a Brunetto Latino nella chiesa di Santa Maria Maggiore posta oggi in alto sopra la tomba restaurata:
BVRNETTO.LATINO.PATRITIO.FIORENTINO/ELOQVENTIA.AC.POESEOS.

RESTAVRATORI/ DANTIS.ALIGHERII.ET.GVIDONIS.CAVALCANTIS/MAGISTRO.

INCOMPARABILI.QVI.OBIT.AN.DOM.MCCLXXXXIV/HANC.EIVS.SEPVLCHI.

COLUMELLAM.DEPERDITAM/HVIVS.COENOBI.PATRES/ADNVENTE.P.M.IOSEPHO.

MARIA.MAZZEIO.VIC.GENERALI/RESTITVTO.FLORENTINIS.CIVIBVS.TANTO.

SPLENDORE/AD.P.R.M.PONENDAM.CVRARVNT.AN.D.MDCCCLI.
71 Kay, "Rucco di Cambio," osserva, p. 200, che Manectus Spine nel 1249 aveva sperimentato la "discutibile ospitalità della prigione del re" in Inghilterra al tempo in cui il re aveva tentato di sopprimere l'usura. Poi, nel 1253, il re espulse tutti i mercanti, eccetto due senesi, Manectus Spine e Rucco di Cambio.
72 Tra gli studi su questo enciclopedismo si ricordano Michele Scherillo, Alcuni capitoli della biografia di Dante (Torino: Loescher, 1896), pp. 116-221; Charles Victor Langlois, La Connaissance de la nature et du monde au Moyen Age d'aprés quelques écrits français à l'usage des laics (Paris: Hachette, 1911); Aristide Marigo, "Lo Speculum ed il Tresor: cultura letteraria e preumanistica nelle maggiori enciclopedie del Dugento," GSLI, 68 (1916), 1-42, 289-326, esp. 315-316; Paul Renucci, L'aventure de l'humanisme européen au Moyen Age (Paris: Les Belles Lettres, 1953); L. Jenaro MacLennan, "Autocomentario en Dante y comentarismo latino," Vox romanica, 19 (1960), 102-117; Michelangelo Picone, "Glosse al 'Detto d'Amore'", Medioevo Romanzo, 3 (1976), 402; connesso a questo materiale è il tema concernente il "Dizionario delle Idee," Paul Zumthor, "Pour une histoire du vocabulaire français des idées," ZRP, 72 (1956), 350; P.A. Messelaar, Le Vocabulaire des idées dans le 'Tresor' de Brunet Latin (Assen: Van Gorcum, 1963); Siegfried Heinimann, "Zum Wortschatz von Brunetto Latinis Tresor," Vox romanica, 27 (1968), 96-105. Christian Bec, Les marchands écrivains à Florence, 1375-1434 (Paris: Mouton, 1967) descrive il più tardo contesto del milieu letterario e di produzione di questi banchieri/mercanti. Un grazie a Judson Boyce Allen per questa informazione. 
73 Li Livres dou Tresor, ed. Francis Carmody (Berkeley: University of California Press, 1945), p. 73.
74
Tesoro (Treviso: Flandrino, 1474), caplo [capitolo] lxxxxi. Un importante antico manoscritto del Tesoro fornisce questa redazione, Firenze, Biblioteca Laurenziana 42.19, fol. 19, un altro, Bibl. Nazionale, Magl. II.VIII.36, sopprime il nome di Carlo.
75 Il Fiore e Il Detto d'Amore, a cura di Gianfranco Contini (Milano: Mondadori, 1984); Gianfranco Contini, "Un nodo della cultura medievale: la serie Roman de la Rose - Fiore - Divina Commedia," Lettere italiane, 25 (1973), 162-189; anche in Un' idea di Dante: saggi danteschi (Torino: Einaudi, 1976); Earl Jeffrey Richards, Dante and the "Roman de la Rose": An Investigation into the Vernacular Narrative Context of the "Commedia" (Tubingen: Max Niemeyer, 1981), Beihefte sur Zeitschrift für Romanische Philologie, 184; "Dante's Commedia and its Vernacular Narrative Context," Ph.D. Thesis, Princeton University, 1978; Julia Bolton Holloway, Brunetto Latini: An Analytic Bibliography (London: Grant and Cutler, 1981), pp. 91-95, 110-112, ora aggiornata all'indirizzo http://www.florin.ms/BrunLatbibl.html.
76 Tra gli studi in quest'area Robert Davidsohn, Geschichte von Florenz (Berlin: Mittler, 1896-1927); Storia di Firenze, trans. Giovanni Battista Klein (Firenze: Sansoni, 1957); Giovanni Ferretti, "Banchieri fiorentini in Francia nel Dugento, Fanfulla della domenica, 31 (1909), n. 32, citato in Ferdinando Neri, Gli studi franco-italiani nel primo quarto del secolo XX (Roma: Leonardo, 1928), p. 36; Christian Bec, Les marchands écrivains: affaires et humanisme à Florence, 1375-1434 (Paris: Mouton, 1967). Si veda anche Joan Ferrante, "Exchange and Communications, Commerce and Language in the Comedy," The Political Vision of the Divine Comedy (Princeton: Princeton University Press, 1984), pp. 311-379; R. A. Shoaf, Dante, Chaucer and the Currency of the Word: Money, Images, and Reference in Late Medieval Poetry (Norman, Oklahoma: Pilgrim Books, 1983); The Poem as Green Girdle: Commercium in Sir Gawain and the Green Knight (Gainesville, Florida: University Presses of Florida, 1984).
76 Per ulteriori testi letterari associati con Arras si veda Albert Pauphilet, Jeux et Sapience du Moyen Age (Paris: Gallimard, 1951, Bibliothèque de la Pléiade, 61), p. 42, Jean Bodel di Arras; pp. 109 ff, Courtois d'Arras; p. 159, Adam de la Halle o le Bossu. Si veda anche l'elenco dei manoscritti di Latino connessi ad Arras.
77 Saint Priest, II.26, 304-6.
78 Riporto qui la trascrizione di Napoli I.G.17, fols. 8,8v. Per questo passo si veda anche Li Livres dou Tresor, I, part II, cap. xcix, ed. P. Chabaille (Paris: Imprimérie Impériale, 1863), p. 102. Cosa interessante da osservare è che esiste l'opera francese intitolata Le comte d'Anjou, la cui trama è costruita con lettere diplomatiche e il Conte è l'infame incestuoso. (analogia con il 'Racconto del Sergente della legge' di Chaucer) H.J. Chaytor, From Script to Print: An Introduction to Medieval Vernacular Literature (New York: October, 1967), pp. 86-87, 145-146, citando Paris, 1931, Classiques français du Moyen Age, edition.
79
Guillaume de Lorris et Jean de Meun, Le Roman de la Rose, ed. Félix Lecoy (Paris: Honoré Champion, 1976), 3 vols, I. 203-4. Enrico era il fratello traditore di Alfonso el Sabio che poi anche tradirà Carlo.

Et se les prueves riens ne prises
d'ancienes estoires prises,
tu les as de ton tens noveles,
de batailles fresches et beles
(de tel biauté, ce doiz savoir,
conme il peut en bataille avoir),
c'est de Mainfrai, roi de Secile,
qui par force tint et par guile
lonc tens em pez toute la terre,
quant li bons Charles li mut guerre,
contes d'Anjou et de Provance,
qui par devine porveance
est ore de Secile rais,
qu'ainsinc le veut Dex le verais,
qui tourjorz s'est tenus o li.
Cist bons rais Challes l'en toli,
non pas sanz plus la seigneurie,
ainz li toli du cors la vie.
Quant a l'espee qui bien taille,
en la prumeraine bataille,
l'assailli por lui desconfire,
eschec et mat li ala dire
desus son destrier aufferrant
d'un tret de paonet errant
ou mileu de son eschequier.
De Corradin parler ne quier,
son neveu, don l'exanple est preste,
don li rais Challes prist la teste
maugré les princes d'Alemaigne.
Henri, frere le rai d'Espaigne,
plein d'orgueill et de traïson
mist il morir en sa prison. 6601-6632 

80 Ernesto Monaci, Crestomazia italiana dei primi secoli (Roma: Albrighi, Segatie, 1912), pp. 290-1; Le Rime di Rustico di Filippo, a cura di Vincenzo Federici (Bergamo, 1899), sonnetto xxxix, p. 22; Mario Marti, "La coscienza stilistica di Rustico di Filippo e la sua poesia," Cultura e stile nei poeti giocosi del tempo di Dante (Pisa: Nistri-Lischi, 1953), pp. 41-58; Con Dante fra i poeti del suo tempo (Lecce: Milella, 1971), p. 117; Joan H. Levin, Rustico di Filippo and the Florentine Lyric Tradition (Berne: Peter Lang, 1986); si veda anche le tenzoni politiche in Poeti del Duecento: Poesia cortese toscana e settentrionale, a cura di Gianfranco Contini (Torino: Einaudi, 1976), II.284-286, sul problema dell'elezione imperiale tra Alfonso el Sabio di Spagna, Riccardo di Cornovaglia, e Carlo d'Angiò; il Vaticano MS 3793 contiene canzoni e tençioni di Palamidesse Bellindoti, Guglielmo Beroardi, Rustico di Filippo, Brunetto Latino, ecc. Di Rustico di Filippo anche parla Francesco da Barberino nelle glosse ai Documenti d'amore, a cura di Francesco Egidi (Roma: Società Filologia Romana, 1905-1927), I.190-191.
81
Davidsohn, II.687
.
Si trovano in Vaticano lat. 3793, dove la poesia di Brunetto Latino è ai fogli 57v, 58, di Rustico Fillippi, fogli 141 ff., di Palamidesse, foglio 148v, di Francesco da Barberino (discepolo di Brunetto con Dante Alighieri), fogli 159 ff., ecc, come pure componimenti di Pier delle Vigne e Federico II. Vatican, Biblioteca Apostolica, Reg. lat. l603, fogli 35v-45, e Biblioteca Casanatense 818, contengono altre liriche di Latino in una più tarda raccolta. 
82
Davidsohn II.681, III.43; Julia Bolton Holloway, "Brunetto Latini and England," Manuscripta, 31 (1987), 11-21; Twice-Told Tales, pp. 54, 56, 78-79, 80, 119.
83
Si veda Alessandro Barbero, "Il mito angioino nella cultura italiana e provenzale fra Ducento e Trecento," Bolletino storio-bibliografico subalpino, 1 (1981), 110-210.
84
Charles Le Grand d'Aussy afferma: "En effet, l'établisement des princes Normands en Italie y avoit singulièrement propagé l'usage de la langue française." Notices et Extraits des Manuscrits de la Bibliothèque Nationale et autres bibliothèques (Paris: Imprimérie de la République, An. VII), V, 276.  Mayer, p. 85, rileva l'Arsenal MS 3645, composto in francese, di mano italiana, del XIII/XIV secolo. Diversi manoscritti di Brunetto Latino, incluso l'Arsenal 2677, condividono questi tratti.
85 Brunetto Latini, Il Tesoretto, ed. Holloway, xxx-xxxv e altra ricerca.

86 Gerolamo Biscaro, "Francesco da Barberino al seguito di Corso Donati," Nuovi studi medievali 1 (1923), 255-262.
87
Carmody, p. xxxvi.

88
James J. Murphy, "John Gower's Confessio Amantis and the First Discussion of Rhetoric in the English Language," Philological Quarterly, 41 (1962), 401-411; James R. East, "Book Three of Brunetto Latini's Tresor: An English Translation and Assessment of its Contribution to Rhetorical Theory," Ph.D. Dissertation, Stanford University, 1960.
89
Seppur questione controversa, questo asserivano le fonti coeve più vicine. Pratica comune tra i notai era trasmettere il mestiere di padre in figlio o avere presso di sé degli apprendisti. Pier delle Vigne, Cancelliere al servizio dell'Imperatore Federico II è il contromodello di Brunetto Latini, è Professore di legge all'Università di Napoli e poeta: Armando Petrucchi, Notarii: Documenti per la storia del Notariatio italiano (Milano: Guiffré, 1958), p. 17 e passim.
90
Renato Poggioli, "Paolo and Francesca," Dante: A Collection of Critical Essays, ed. John Freccero (Englewood Cliffs: Prentice Hall, 1965), pp. 61-77. Qui subisco l'influsso del mio collega Edward Peter Nolan, Now Through a Glass Darkly: Specular Images of Being and Knowing from Virgil to Chaucer (Ann Arbor: University of Michigan Press, 1991), sugli specchi e sui testi classici e medievali.
91 Ed. Ferdinand Castets, "Il Fiore": Poème italien du XIIIe siècle, en CCXXXII sonnets imité du "Roman de la Rose" par Durante (Montpellier: La Société pour l'Etudes des Langues Romanes, 1881); ed. Gianfranco Contini; per una bibliografia più esaustiva si veda Gianfranco Contini, "Un nodo della cultura medievale: Roman de la Rose-Fiore-Divina Commedia," pp. 162-189, e la sua edizione; anche Holloway, Brunetto Latini: Bibliography, pp. 91-95, 110-112.
92
Jole Ruggieri, "Uno sconosciuto frammento del 'Roman de la Rose,'" Archivium romanicum, 15, fasc. 3, pp. 417-436, erroneamente registrato come #162, invece di #152, considera la scrittura erroneamente francese.
93
Albert Ronsin, La Bibliothèque Bouhier: Histoire d'une collection formée du XIVe au XVIIe siècle par une famille de magistrats bourguignons (Dijon: Académie des Sciences, Arts et Belles Lettres, 1971).
94
Vatican MS Barberino 4076, 4077; a cura di Francesco Ubaldini (Roma: Mascardi, 1640); a cura di Francesco Egidi (Roma: Società Filologica Romana); Thomas Antoine, Francesco da Barberino et la litterature provençale en Italie au Moyen Age (Paris: Thorin, 1883)

APPENDICECensimento manoscritti strettamente pertinenti all'argomento trattato:

A1. Ginevra, Bibliothèque Publique et Universitaire, 179. Libraria bolognese, miniature bottega Maître Honoré, provenienza Parigi. XIII/ XIV secolo. Sion Segre-Amar, "Su un codice parigino del 'Tresor,'" Studi francesi, 71 (1980), 256-261, che commenta, p. 258, anche, sul Bibliothèque Nationale, fr. 566, 567, 570, 571, 726, 1109, 1110, 1113, 2024, 12581 e il Tresor di Leningrado/San Pietroburgo.

A3. Lione, Bibliothèque Municipale, 781. Manoscritto francese del Tresor di mano italiana. L'Explicit poema francese, anch'esso di mano italiana. Spiegabile per la presenza di scribi italiani in Francia impiegati nelle cancellerie e nei contesti bancari. Brunetto implicato con Gregorio X, che nel 1274 convoca il Concilio di Lione per l'unificazione delle Chiese d'Oriente e Occidente, al quale intervengono e sono presenti anche il futuro Innocenzo V,  Giovanni XXI, Niccolò IV. La sezione della Cronica del Tresor pone l'accento su Papi e Imperatori. 

A5. Lione, Bibliothèque Municipale, 948. Correzioni interlineari, scrittura italiana. secolo XIII.

D2. Oxford, Bodleian Library, Douce 319. Appartenente Thomas Woodstock, Duca di Gloucester, dono di William Montague, Conte di Salisbury. Del secolo XIII in francese piccardo (della contea di Arras), scrittura italiana, in libraria bolognese con caratteristiche della cancelleresca. La presenza in Inghilterra di questo codice è riconducibile agli affari dei banchieri lombardi per la raccolta della decima per combattere Manfredi di Sicilia e per far questo pagare Carlo d'Angiò, come attesta il Westminster Abbey Muniment 12843. Presumibilmente, dunque, fu un volume dono ad un re o nobile. La sua unica mappa mundi introduttiva a piena pagina evidenzia le Isole britanniche. Otto Pächt e J. J. G. Alexander ritennero fosse stato prodotto in Italia con elementi di contaminazione francese. Illuminated Manuscripts in the Bodleian Library, Oxford (Oxford: Clarendon Press, 1973), II, # 154. Un grazie  ad Albinia de la Mare e alla Bodleian Library, Oxford. Oggi lo si può considerare prodotto da fiorentini in esilio in Francia con l'intento di influenzare politicamente l'Inghilterra. 

M2. Ne fa menzione Carlo Morbio, "Novissimi studi su Brunetto Latino, Dante e Petrarca e sul loro soggiorno in Francia", come manoscritto appartenente al Principe Albani (ora venduto). Archivio storico italiano, 3 ser, 17 (1873), 192. Divenuto New York, Columbia University, Plimpton 287. Il manoscritto è tardo, l'elemento di interesse i manoscritti del Tresor e del Tesoro, sua traduzione italiana.

M3. El Escorial, Biblioteca, ii.L.3. Testo francese con miniature fiorentine scritto in libraria bolognese, seconda redazione, presumibilmente copia dono per Alfonso el Sabio, con numerose glosse in latino sui margini per le parti di particolare interesse per quel monarca. Forse come dono diplomatico in relazione alla continua richiesta di sostegno per la conquista della corona imperiale, Firenze possiede una splendida copia de Las Cantigas de Santa Maria, Biblioteca Nazionale, Banco Rari 20. Antonio G. Solalinde, "El Còdice florentino de la Cantigas y su relaciòn con los demàs manuscritos," Revista de Filologia Espanola, 5 (1918), 143-179; John E. Keller e Richard P. Kinkade, "Iconography and Literature: Alfonso Himself in Cantiga 209," Hispania, 66 (1983), 348-352, una miniatura del suo manoscritto de Las Cantigas raffigura lo stesso Alfonso guarito per miracolo dalla sua malattia quando una copia con rilegatura in pergamena color rosso gli viene presentata in dono mentre si solleva a sedere sul letto per riceverlo. 

N. Parigi, Bibliothèque Nationale, Fr. 570. Scriba italiano, libraria bolognese, miniature francesi. 

P. Parigi, Bibliothèque Nationale, Fr. 571. Di mano affine a mano italiana, bei disegni francesi, anche miniature a foglia d'oro. Fol. 122, colophon, explicit, Valenciennes; fol. 147v, riferimento Arras, Fauvel. Catalogo, Bibliothèque Nationale, datato XIII secolo. 

R. Bibliothèque Nationale, Fr. 726. Francese Faits des Romains, "Ici comencent li tests romains compile ensenble de Sallust, de Suetone de lucan. de Julius Cesar," e Tresor. Paul Meyer, Romania, 14 (1885), 23-6, ha suggerito Brunetto quale autore/traduttore dei Faits des Romains. Questo spiega il perché Dante in Inferno XV accenni a Catilina e Fiesole. M.-J. Mincwitz, "Notice de quelques manuscrits du Tresor," Romania, 38 (1909), 112-119, intervento su alcuni Faits des Romains e frammenti del Tresor a Berna, Svizzera. Desta interesse il fatto che questi testi anche si ritrovano in manoscritti italiani come Fatti dei Romani. Il Tresor tende anche a porre l'accento su Berengario dei Lombardi, in riferimento al suocero di Carlo d'Angiò, Raimondo Berengario di Provenza. Carmody osserva trattarsi di scribi italiani. La miniatura per l'assassinio di Cesare "par les synnatores" raffigura Cesare con una corona d'oro, la toga tirata su fino a coprire gli occhi, i senatori come italiani del tempo con copricapi con lunghe orecchie (lo stesso copricapo indossato da Dante), foglio cviij.

R3. Vaticano Reg. lat. l320. Miniature miste, alcune francesi, fogli 1 (sul margine conigli, cervo con corna, affini al manoscritto del Fiore dei Filosofi), 20, 28v, altre fiorentine, fogli 19v, 23, 24, 27v, 33, glosse in francese e italiano, foglio 36. Exciplit, foglio l34v, "Li dit iulius cesar," foglio 155, "des governeours des chites", poi foglio. 176, metodi per la datazione della Pasqua, oroscopo, annotazioni aggiunte databili al XIV secolo sulle nascite in una famiglia italiana. 

R5. Vaticano lat. 3203. Manoscritto francese, appartenuto successivamente ad un italiano, con glosse in italiano del Cardinale Bembo nel testo francese, nota di possesso, acquistato in Guascogna nel 1472, seconda redazione. 

S. Bibliothèque Nationale, Fr. 1109. Mano italiana, miniature Francesi. Foglio 311, riferimento ad "Adam le Bocu d'Arras," Adam de la Halle, poeta di Corte di Carlo d'Angiò, come colophon eccetto il Tresor.

T2. Torino, Biblioteca Nazionale, L.II.18. Antico Tresor, integro, danneggiato da un incendio, scrittura tra la Gotica francese e la libraria bolognese, miniature chiaramente francesi, come colophon componimento provenzale.

Y. Parigi, Bibliothèque Nationale, 2024. Scriba italiano, XIII secolo, come colophon componimento italiano, fogli 293, 293v.

Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea, II.280. Prima redazione, testo francese del Tresor, che termina con un resoconto dei luoghi santi del pellegrinaggio a Gerusalemme, fogli di guardia, componimenti taliani, includendo tenzoni sui re d'Inghilterra e Francia, e Carlo d'Angiò, il 'Guido, i' vorrei che tu e Lapo ed io' del sonetto di Dante, fol. 1 e altrove. 

"Glosse al 'Detto d'Amore,'" p. 402, correlazione per mezzo delle note tra questa lirica  e l'endecasillabico Mare amoroso di 333 versi, in passato attribuito a Brunetto Latino; Il Mare amoroso di Brunetto Latini, ed. Giusto Grion (Bologna: Fava e Garagnani, 1869, e Il Propugnatore, I, pp. 3-30; Il Mare amoroso, a cura di Emilio Vuolo, Cultura neolatina, 12 (1952), 103-30; 16 (1956), 147-77; glossa, 17 (1957), 74-174; note, 18 (1958), 5-52, e Il Mare amoroso (Roma: Istituto di Filologia Moderna, Università di Roma, 1962); Leo Spitzer, "A proposito del Mare amoroso," Romanische Literaturstudien, 1936-1956 (Tubingen: Niemeyer, 1959, p. 508; e Cultura neolatina, 16, 179-199, 17, 175-6, che autore del testo considera Richard di Fournival; Cesare Segre, "Per un'edizione del mare amoroso," Giornale storico della Letteratura italiana, 140 (1963), 1-29; Joy M. Potter, "La struttura del Mare amoroso," Cultura neolatina, 23 (1963), 191-204. Come con il Fiore, possiamo certamente affermare che questi poemi sono il prodotto di una scuola, una comunità testuale in esilio, quantunque sia  molto difficile accertare con esattezza qualsiasi attribuzione. 

Napoli, Biblioteca Nazionale, I.G.17. Tresor francese, prima redazione, in origine nella Collezione Farnese, Roma, poi passato alla Biblioteca Palatina di Parma, prima di pervenire a Napoli. Miola, Notizie di manoscritti neolatini della Biblioteca Nazionale di Napoli, I (1895), 2-3.

Bergamo, Cassaforte 2.5. Tresor, scrittura italiana, termina con tenzoni, poesia Catalana/Provenzale. O. Capasso, "Di un presunto originale de 'Li Livres dou Tresors,'" Bergamo, Civica Biblioteca, Bolletino, 2 (1908), 252-263.

Verona, Biblioteca Capitolare, DVIII. Questo tardo manoscritto francese fu chiaramente acquisito da italiani da destinarsi come dono diplomatico ad un congiunto del Doge di Venezia. Belle miniature francesi, legatura italiana. 

Udine, Archivio di Stato. Frammento del Tresor di 31 fogli scoperto in contesto cancelleresco in Veneto. Scrittura Francia del Nord. Cesare Scalon, Libri scuole e cultura nel Friuli medioevale: "Membra Disiecta" dell'Archivio di Stato di Udine (Padova: Antenore, 1987), pp. 209-213. Un grazie al Professor Cesare Scalon per aver portato a mia conocenza l'esistenza del manoscritto. 

Modena, Biblioteca Estense E.5=alpha.P.G.l. Estratti in piccardo della sezione dell'Etica del Tresor, in libraria bolognese. Giulio Camus, "Alcuni frammenti in antico dialetto piccardo dell' Etica di Aristotele compendiata da Brunetto Latini," Memorie della Regia Accademia di Scienze, lettere ed arti in Modena, ser. 2, vol. 7 (Modena: Società tipografica, 1890), p. 8.



LE COSMOGRAFIE ILLUSTRATE DEL “TESORO” DI BRUNETTO LATINI - SONIA MINUTELLO                                        
[16.00]

uesto lavoro trova la sua origine nell’individuazione, presso la Biblioteca Guarneriana di San Daniele del Friuli, di un manoscritto del secolo XIV concernente il volgarizzamento del primo libro del Tesoro di Brunetto Latini, catalogato come Guarner.238.

In esso è contenuto un interessante apparato figurativo di argomento cosmologico, costituito da una serie di diagrammi delle sfere omocentriche e delle partizioni della Terra, a spiegazione del testo che li precede.

Per rendere più completa ed organica la ricerca si è ravvisata la necessità di confrontare l’apparato iconografico presente nel Guarner.238 con gli analoghi presenti nelle altre lezioni, concentrando l’attenzione sui capitoli illustrati “di Natura” di tutti i testi conosciuti, conservati nelle principali Biblioteche italiane, catalogati da Mazzatinti/1 e Mascheroni/2.

I risultati di questo screening, condotto su trenta testimoni,  sono rappresentati nelle allegate tavole sinottiche.

Stringendo l’obiettivo, si è centrata l’attenzione sui dieci codici illustrati tramite cosmografie di carattere didattico. Mediante la comparazione si è appurata l’esistenza delle due famiglie del volgarizzamento preconizzata da Adolfo Mussafia, notando che i codici della prima famiglia, basati sul testo in lingua francese, non presentano illustrazioni didattiche.

Quelli della seconda, invece, recano una sezione “di Natura”, o per meglio dire cosmografica, che si discosta molto, nella lettera e nello spirito, dalla filosofia di Brunetto. Questo ne rende alquanto incerta l’origine, suggerendo di sospendere ogni giudizio in merito all’attribuzione a Brunetto Latini della paternità di questi capitoli.

Il confronto tra le cosmografie del ms. Guarner.238 e quelle raffigurate nelle altre lezioni ha consentito di vagliare la composizione di tutti gli apparati figurativi ed appurare che tra i codici vi è omogeneità formale e contenutistica, avendo i copisti utilizzato i medesimi modelli iconografici.

L’unica reale eccezione è costituita dal ms. II.VIII.36 della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, il cui apparato è talmente diverso dagli altri da richiedere una sezione propria.

 

 


Repertorio dei testimoni consultati

 

Città

Biblioteca

Segnatura

N. Fig.

Tipologia immagini

Carte illustrate

1

S. Daniele

Guarneriana

Guarner.238

17

Cosmografie disegnate a penna con inchiostro e variamente colorate. Scritture nero e rosso.

48r-v, 49r-v, 50r-v, 51r-v, 53r, 54r-v..

2

Firenze

Nazionale Centrale

Magl. VIII. 1375

12

Disegni molto ben descritti, eseguiti con il compasso in inchiostro nero e scritture in rosso.

25v, 26r-v,

27r-v, 28r, 29r.

3

Firenze

 

Nazionale Centrale

II. VIII. 36

10

Presenta tavole e diagrammi diversi da quelli presenti negli altri mss., disegnati in inchiostro rosso e recanti estese didascalie in nero

63v, 64r-v, 66r.

4

Firenze

Nazionale Centrale

Palat. 585

12

Disegni sommariamente eseguiti con inchiostro bruno.

35r-v, 36r-v, 37r-v, 38r.

5

Firenze

Nazionale Centrale

Palat. 483

no

 

 

6

Firenze

Nazionale Centrale

II. II. 16

no

 

 

7

Firenze

Nazionale Centrale

II. II. 47

no

 

 

8

Firenze

Nazionale Centrale

II. II. 48

no

 

 

9

Firenze

Nazionale Centrale

II. II. 82

no

 

 

10

Firenze

Riccardiana

Ricc. 2221

13

Disegni a penna, in seppia, numerati.

31v, 32r-v, 33r-v, 34r.

11

Firenze

Riccardiana

Ricc. 2196

no

 

 

12

Firenze

Medicea Laurenziana

Gadd. 4

no

 

 

13

Firenze

Medicea Laurenziana

Gadd. 26

16

Cosmografie a penna in inchiostro bruno.

57r-v, 58r-v, 59r-v, 62v, 63v, 64r-v, 65r-v, 66r

14

Firenze

Medicea Laurenziana

Gadd. 83

no

 

 

15

Firenze

Medicea Laurenziana

Plut. 42. 20.

17

Diagrammi in inchiostro bruno, dipinti in modo approssimativo.

71v, 72r-v, 73r-v, 74r, 75r-v, 76r-v, 77r, 79v, 81r-v.

16

Firenze

Medicea Laurenziana

Plut. 42. 21

no

 

 

17

Firenze

Medicea Laurenziana

Plut. 42. 22.

no

Presenta un unico cerchio tracciato a penna.

 

18

Firenze

Medicea Laurenziana

Plut. 42. 23.

no

 

 

19

Firenze

Medicea Laurenziana

Plut. 76. 70.

no

 

 

20

Firenze

Medicea Laurenziana

Plut. 76. 74.

no

 

 

21

Firenze

Medicea Laurenziana

Plut. 90 inf. 46

no

 

 

22

Milano

Ambrosiana

G. 75. sup.

13

Diagrammi eseguiti ad inchiostro.

29r-v, 30r-v, 31r-v.

23

Milano

Trivulziana

165

no

 

 

24

Roma

Vaticana

Chig. L. VI. 210

17

Disegni a penna in seppia, leggermente acquerellati in violetto, rosa e giallino.

65r-v, 66r-v, 67r, 68r, 69r-v, 73r, 74v, 75r

25

Roma

Vaticana

Lat. 3216

no

 

 

26

Roma

Vaticana

Lat. 5908

18

Diagrammi in inchiostro color seppia finemente eseguiti.

43r-v, 44r, 45v, 46r-v, 47r, 48v, 49v, 50r

27

Roma

Casanatense

1911

no

 

 

28

Firenze

Nazionale Centrale

Landau-Finaly 38

  “De Visiani”

no

 

 

29

Siena

Comunale

I. VI. 25, 143v ff.

no

 

 

30

Venezia

Nazionale Marciana

Marc. It. II, 53 (=5035, Farsetti)

no

 

 

31

Venezia

Nazionale Marciana

Marc. It. II, 54 (=4910 bergamasco)

no

 

 

 


Dall’analisi delle immagini è risultato che quasi tutte appartengono sostanzialmente allo stesso ciclo illustrativo.

Si è notata una notevole diversità tra il testo del ms. Guarner.238 ed il volgarizzamento edito da Gaiter (e di conseguenza con l’edizione critica del Carmody). Questo rilievo ha confermato l’esistenza di due versioni dei capitoli “di Natura”, sollevando seri dubbi sull’ipotesi che si tratti dello stesso autore. Tale diversità riguarda soprattutto la suddivisione dei capitoli di Natura, molto più numerosi, estesi ed approfonditi nella versione proposta e tradotta dal Gaiter; compressi e quasi un compendio dei precedenti, nella forma presentata nel ms. Guarner. 238.

Inoltre la versione in oggetto presenta un apparato iconografico-didattico assente nei codici dell’altra famiglia.

L’argomento delle miniature è stato affrontato in occasione del Convegno internazionale “La città e il Libro”/3, tenuto a Firenze nel 2002, durante il quale Alison Stones, ha illustrato il suo lavoro di sistematica catalogazione delle miniature raffigurate in tredici codici del Tresor/4, mentre Brigitte Roux ha dissertato sull’origine, la natura e la composizione e dei cicli iconografici/5, evidenziando come in alcuni testimoni francesi compaiono  anche schemi astronomici, come nell’edizione Chabaille del 1863, in cui compaiono immagini cosmografiche tratte da un codice francese del XIV secolo da lui collazionato/6.

CLASSIFICAZIONE DEI MANOSCRITTI SECONDO LA TRADIZIONE

Adolfo Mussafia ha distinto le varie lezioni in due famiglie, l’una aderente alla tradizione francese come descritta da Chabaille e l’altra, più libera, che si distingue per l’aggiunta di alcune sezioni. Comune a tutti i soggetti della seconda famiglia è l’interpolazione di brani di storia e di un capitolo su Maometto. Gli stessi contengono anche uno più capitoli sulla Natura che l’autore suppone tradotti dall’ Image du Monde di Gautier de Metz. Si noti che questa è l’unica famiglia cui fanno riferimento i diagrammi cosmografici. Per meglio evidenziare, sotto forma di osservazioni, i risultati degli studi di Adolfo Mussafia, si è predisposta una tabella sinottica che comprende, in forma schematica, tutti i testimoni citati dallo studioso, il secolo ascritto (che spesso non trova conferma negli studi più recenti) ed il loro supporto. In essa si rileva anche l’eventuale esistenza, all’interno di ogni codice, dell’eventuale apparato cosmografico. A questa fa seguito un’ulteriore classificazione in cui sono descritti i testi non studiati dall’eminente filologo.

Repertorio dei manoscritti secondo la classificazione Mussafia/7

(e distinzione dei codici illustrati)

Prima famiglia

 

Seconda famiglia

Biblioteca

Segnatura

Mat.

Sec.

Fig.

Biblioteca

Segnatura

Secolo

Fig

Firenze

Medicea Laurenziana

.Plut. 42. 19 

membr

XIV

No

Firenze Medicea Laurenziana

Plut. 42. 20

membr

XIV

17

Firenze

Medicea Laurenziana

Plut. 42. 21 

cart.

XV

No

Firenze Medicea Laurenziana

Plut 42. 23

membr

XIV

No

Firenze

Medicea Laurenziana

Plut. 42.22

cart.

XIV

no

Firenze Medicea Laurenziana

Plut 76. 70

cart.

XV

No

Firenze

Medicea Laurenziana

Plut. 76. 70

cart.

XV

No

Firenze Medicea Laurenziana

Plut 76. 74

cart.

XV

No

 


Dall’esame dei dieci codici risulta che solo tre presentano cosmografie colorate, il cui cromatismo appare più accurato e vivace nel Guarner.238, più approssimativa nel Plut. 42.20, mentre nel Chig.L.VI.210 si dimostra alquanto raffinato, trattandosi di un delicato acquerello. Si è anche osservato che due di essi (il Guarner.238, il Plut. 42.20) hanno una quantità di elementi comuni da lasciar intravedere un’affinità che andrebbe ulteriormente indagata.

Per quanto riguarda la tipologia delle immagini, si è notato che pochissime sono le eccezioni e quasi tutte concentrate nel ms. Magl.VIII.1375 della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. Dal punto di vista della consistenza numerica, la dimensione degli impianti iconografici ha subito poche variazioni, dovute principalmente all’aggiunta o alla sottrazione di qualche soggetto.

      Osservazioni sulla classificazione di Mussafia

Manoscritti della prima famiglia:
1.    Nessun ms. della prima famiglia presenta diagrammi cosmografici.
2.    Fedele traduzione dal francese.
3.    Capitoli sulla natura concordi e coerenti con il testo francese.
4.    Non presentano aggiunta storica (Mussafia).
5.    Nessuno fa cenno alla traduzione di Bono Giamboni.
6.    Spirito guelfo (Mussafia).
7.    Maggioranza di natura cartacea.
8.    Prodotti nel XIV, XV sec.
9.    Forse volgarizzati da Brunetto Latini (Mussafia).
  
Manoscritti della seconda famiglia
1.    Molti presentano disegni cosmografici.
2.    La traduzione è più libera e presentano interpolazioni ed omissioni.
3.    Il testo è modificato per quanto riguarda i capitoli sulla natura e sull’astronomia
4.    Presentano un’aggiunta storica che riporta la narrazione della morte di Carlo d’Angiò (1285) (Mussafia)
5.    Solo il codice Marciano Farsetti cita il nome del traduttore Bono Giamboni.
6.    Manifestano uno spirito ghibellino (Mussafia)
7.    Equamente suddivisi tra cartacei e membranacei.
8.    Prodotti tra il XIII ed il XIV secolo.
9.    In nota si suppone che il capitolo di Natura “sia tradotto dall’Image du monde di Gautier de Metz” (Mussafia).

Mussafia citando il codice De Visiani, attribuito alla seconda famiglia, rimarca le analogie di questo con il ms. Ricc. 2221 in merito alla grafia, alla forma ed alla lingua, confermando anche la presenza di un “Capitolo di Natura” che però non risulta illustrato.

Si ritiene che entrambi risalgano alla fine del XIII secolo, rappresentando così, tra i volgarizzamenti conosciuti, gli esemplari più antichi per quanto riguarda il contenuto e la forma, ma pur sempre rifacimenti modificati del testo francese. In conclusione lo studioso si interroga se vi sia la presenza di più d’un traduttore, e se tra questi qualcuno si sia mosso a tradurre con maggior libertà, apportando le modifiche descritte.

La tabella che segue comprende i codici non visionati da Mussafia, ordinati secondo la tipologia prevista dallo studioso.


Classificazione dei testimoni non analizzati dal Mussafia

Codici della prima famiglia

(Senza immagini cosmografiche)

Codici della seconda famiglia

(Con immagini cosmografiche)

Biblioteca

Segnatura

Mater.

Secolo

Biblioteca

Segnatura

Mater.

Secolo

Firenze

Medicea Laurenziana

Ashb. 540

cart.

XIV

Roma Vaticana

Chig. L. IV. 210

membr.

XIV

Firenze Naz.Centr.

Palat. 483

cart.

XV

Roma Vaticana

Lat. 5908

cart.

XV

Firenze Naz.Centr.

Naz. II.II. 16

cart.

XV

S.Daniele del Friuli

Guarner. 238

membr.

XIV

Firenze Naz.Centr.

Naz. II.II. 47

cart.

XV

Firenze Naz.Centr.

Magl. VI. 1375

cart.

XIV

Firenze Naz.Centr.

Naz. II.II. 48

cart.

XIV

Firenze Naz.Centr.

Palat. 585

cart.

XIV

Firenze Naz.Centr.

Naz. II.II. 82

cart.

XV sec.

 

 

 

Roma Vaticana

Lat. 3216

cart.

XV sec.

 

 

 

Roma Casanatense.

1911

cart.

XV sec.

 

 

 

Siena Comunale

I. VI. 25, 143v ff.

cart.

XV sec.

 

 

 

Milano Trivulziana

165

cart.

XV sec.

 

 

 


Anche i manoscritti sinteticamente descritti in questa tavola si distinguono secondo le ipotesi prima fissate. Dopo aver attentamente analizzato tutti i manoscritti citati, si può affermare di non aver trovato alcun codice della prima famiglia recante diagrammi astronomici, sempre che non si voglia considerare quale eccezione il ms. Plut. 42.22 della Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze, nel quale compare, a margine, un semplice cerchio tracciato con il compasso senza ulteriore spiegazione o didascalia. Per la totale irrilevanza di tale figura, si è ritenuto opportuno citare ma non comprendere detto codice nel novero dei manoscritti illustrati. Merita ricordare che  Mussafia non considera il Tesoro opera di un unico traduttore./8

Da quanto rilevato, si ha ragionevole e fondato motivo per supporre che la diffusione dei concetti cosmologici contenuti nel Tesoro, in primis quelli legati al geocentrismo ed alla sfericità del globo terrestre, fosse abbastanza ampia da raggiungere un pubblico di estrazione borghese ed avviare una revisione critica dell’impianto cosmologico sostenuto dalla tradizione religiosa. Nel contempo la divulgazione dalle conoscenze geografiche acquisite dai viaggiatori e le informazioni derivate dal recupero dei fondamenti della fisica aristotelica e dell’astronomia tolemaica produssero ulteriori cognizioni in campo cosmografico.

Un elemento importante da tener presente per comprendere la genesi dei manoscritti, ed eventualmente l’origine della loro diversità, va ricercato nell’identificazione delle fonti dalle quali furono estrapolate le figure disegnate nei dieci codici. Gli eminenti studiosi e critici che in passato hanno trattato questa materia, si sono principalmente interessati ai manoscritti in lingua francese o ai volgarizzamenti da essi derivati, individuando una pluralità di fonti che, confrontate con i mss. della seconda famiglia, mal si adattava ai contenuti testuali delle lezioni prese in esame. Anche sotto il profilo iconografico e stato difficile trovare una convincente attinenza tra le cosmografie presenti nei volgarizzamenti e quelle riprodotte nell’edizione critica di Chabaille.

Per poter verificare quali fossero i modelli iconografici utilizzati dai copisti è stato necessario rinvenire ed esaminare l’edizione critica della traduzione inglese, intitolata Mirrour of the World, riferita all’Image du monde che Gossuin de Metz aveva redatto nel 1245 e, successivamente, la copia del documento cinquecentesco in lingua originale. Come Mussafia ha accennato, seppure marginalmente, la somiglianza tra i testi dell’Image e quelli della seconda famiglia del Tesoro è sorprendente quanto l’analogia dei due apparati iconografici, anche se rimangono da chiarire i rapporti di derivazione tra i contenuti e le immagini ascrivibili al trattato del letterato francese ed alcune tesi sostenute ed illustrate da Brunetto. Vanno tuttavia esclusi dal novero i disegni dell’Image che riguardano le fasi lunari e le eclissi. Per contro, essi si avvicinano alle analoghe cosmografie del manoscritto fr. 566, indicato come K, raffigurate da Chabaille. Le cosmografie commentate nei capitoli n.9 e n.14 della sezione dedicata al rapporto testo-immagini, non trovano riscontro in alcuno dei testi citati, per cui la loro origine andrebbe ricercata altrove. L’esigenza di verificare la fonte primaria rende ragionevole l’ipotesi di procedere ad ulteriori approfondimenti, da realizzarsi attraverso un’indagine condotta sui codici francesi originali. Inoltre, sarebbe alquanto interessante studiare per quali motivi il capitolo di “Natura” di Brunetto sia stato influenzato dal testo di Gossuin, ed attraverso quali vie sia avvenuto il contatto tra i codici dell’Image du monde ed i compilatori dei volgarizzamenti della seconda famiglia.



NOTE

1  MAZZATINTI 1890-99.1
2 MASCHERONI 1969, pp. 485-510.
3 HOLLOWAY 2002. - Convegno Internazionale “La Città e il Libro II”, Firenze, 4-7 settembre 2002.
4 STONES 2002. – La studiosa americana ha catalogato all’interno di una griglia ed analizzato iconologicamente le illustrazioni dei codici in lingua francese di seguito trascritti dall’originale: Paris BNF fr. 1110, Brussels BR 10228, Vatican BAV lat. 3203, Arras BM182, St Petersburg Fr. F. v. I, 4, London BLYT 19, Paris BNF fr. 567, Florence Laur.Ash.125, Rennes BM 593, Paris BNF fr. 1109, Lyon BM948, Paris BNF fr. 566, VaticanReg.lat. 1320.
5 ROUX 2002.
6 CHABAILLE 1863. Come l’autore ci informa, si tratta del ms. 7066 conservato, ai suoi tempi, presso la Bibliothèque impériale di Parigi, nell’ancien fonds[6] e contrassegnato dalla lettera K, attualmente conservato nella Bibliothequé Nationale de France, segnato fr 566 (15), indicato nell’edizione critica di Carmody come ms. K[6]. Tali immagini sono state riprodotte anche da Gaiter nella sua edizione del Tesoro del 1877.
7 La classificazione prodotta da Mussafia cita codici con segnature e datazioni, parzialmente diverse da quelle identificate nella classificazione della Mascheroni, fedelmente trascritte nella tabella. Per esigenze di tempo non è stato possibile procedere ad un totale controllo delle attuali collocazioni dei testimoni ininfluenti ai fini di questa ricerca. Per lo stesso motivo non si sono riportate alcune caratteristiche dei manoscritti del XV secolo privi di cosmografie.
8 MUSSAFIA 1848, p.287. – “E anche da chi non sia inclinato a muovere sempre nuovi dubbi potrebbesi chiedere se non si debba forse ammettere più d’un traduttore, se non sia lecito supporre che la versione della prima famiglia provenga da un fedele traduttore, che lavorò sul testo francese primitivo, mentre quella della seconda famiglia fu seguita da uno, il quale propostosi a modello il testo francese rifatto, non si contentò di riprodurlo fedelmente, ma lo venne in varia guisa modificando”.


L'EDITIO PRINCEPS DEL TESORO, TREVISO, 1474 - *DAVID NAPOLITANO

IV. DANTE E FIRENZE –


INFERNO XXVI - CARLO POLI

ugenio Giani, Presidente del Consiglio Comunale di Firenze e Presidente della Società Dantesca Italiana, ha fatto da guida in uno splendido percorso per le strade della città alla riscoperta delle numerose lapidi che raccontano e ricordano Dante poste dalla Società Dantesca Italiana. Al momento tutte necessitano di un intervento di pulitura. Le più antiche, che risalgono al tempo di Dante, ancora attendono un più approfondito studio.

 

*103 EST QVIA CVNCTORVM FLORENTIA PLENA BONORUM

POICHÈ FIRENZE É RICCA DI OGNI RICCHEZZA - *RICHARD MAC CRACKEN
 

uesto il testo che leggiamo nel pavimento del Battistero di San Giovanni a Firenze, *104 e con una lieve variazione nuovamente (1255 A.D) in un’iscrizione posta sul Palazzo del Bargello. In entrambi i casi l’autore dell’iscrizione tesse l'elogio della sua Città e delle splendide sue ricchezze. Il valore di quelle ricchezze che noi vediamo oggi molti secoli dopo, fu, in un certo senso, già presentito nel secolo XIII. Firenze è una città la cui arte, letteratura, storia attraverso il tempo supera ogni possibile confronto. Fonte di sapere e gioia per studiosi e studenti, e per molte generazioni.

Le numerose iscrizioni sparse nella città e nel circondario, di cui l’iscrizione sopra è un bell’esempio, sono state finora tuttavia trascurate. Manca un vero e proprio interesse che ne riveli l'alto loro pregio, e che ce le restituisca raccolte, fotografate, editate, e archiviate.  

Sono stata a Firenze con una Borsa di Studio nell’ambito del Programma Fulbright Grantee dal 1953 fino gli inizi del 1955, ho trascritto, raccolto e catalogato 500 iscrizioni latine disseminate in tutta la città e nel suo circondario. Oltre alla trascrizione del testo ad ogni iscrizione è stata assegnata una datazione (dove possibile) e l’esatta sua localizzazione. Ultimato il lavoro di catalogazione sul campo ho iniziato il lavoro di ricerca presso il Kunst Historische Institut dedicandosi ad una monografia su un’iscrizione di grande importanza (l’Iscrizione dedicatoria del Palazzo del Podestà). Monografia che poi nel 1956 sarà pubblicata proprio a Firenze in ‘Rivista d’Arte’ da Leo S. Olschki. Le sue ricerche lo hanno indotto a chiedersi se mai in precedenza fosse stato compiuto uno studio analogo con la raccolta di queste iscrizioni e una successiva loro pubblicazione. Ma ne è risultato che questo lavoro non era mai stato compiuto.  

Negli anni a seguire ho deciso di ampliare l’articolo originario lavorando alla stesura di un libro che con lo stesso titolo viene pubblicato ancora a Firenze dalla Casa Editrice Leo S.Olschki nell’ottobre 2001. Il suo volume esamina nel dettaglio tutti gli indizi che lo hanno indotto ad attribuire le iscrizioni ad un noto uomo politico della Storia di Firenze, vale a dire a Brunetto Latino. Ancora asserisco il grande rilievo di tutte le iscrizioni latine sparse nella città e di quanto tutte meritino un più approfondito studio. Osservando quanto questo lavoro di ricerca, archiviazione, e pubblicazione ancora oggi attenda gli studiosi.    

Website: http://florentinelatininscriptions.com/
Email: inquiries@florentine-latin-inscriptions.com



*105,106 BRUNETTO LATINO E IL LIBRO DI MONTAPERTI - RENATO STOPANI

l 31 luglio 1255, “in plebe Sancti Donati in Pocis”, un luogo particolarmente significativo, sia per l’intrinseca sua sacralità, sia per il fatto che si trovava sul percorso della “Strada Sanese”, i Comuni di Firenze e di Siena conclusero un’alleanza che pose momentaneamente fine allo stato di guerra tra le due città, prevedendo tra i capitoli dell’accordo l’obbligo da parte del Comune di Siena di non accogliere chi fosse stato sbandito da Firenze/1.  Il trattato di amicizia durò però pochi anni : già nel luglio 1258, il ricetto dato dai senesi ai ghibellini cacciati da Firenze fornì l’occasione per nuovi contrasti che dettero luogo, sul finire dello stesso anno, a “scorrerie e cavalcate” fiorentine in territorio senese,/2 atti di ritorsione che poi degenerarono in guerra.

E’ questo il contesto nel quale sono da collocare le due spedizioni militari organizzate dal Comune di Firenze contro Siena : la prima negli ultimi di aprile del 1260, che portò al combattimento del 18 maggio a Santa Petronilla, alle porte di Siena, che in realtà fu poco più di una scaramuccia, anche se “magnificata da una parte e dall’altra”./3 La seconda, dei primi giorni di settembre dello stesso anno, che  si risolse nella battaglia di Montaperti, dove si ebbe la tragica sconfitta dell’esercito gigliato, del tutto imprevista, dato che i fiorentini avevano radunato una poderosa armata che si dice fosse costituita da ben 50.000 soldati : “un esercito come quello dei Cesari” ebbe a scrivere un autore anonimo in una sua lettera a commento della battaglia./4

Nel sito ove avvenne il sanguinoso scontro tra i due eserciti, tra il materiale abbandonato dai fiorentini in fuga, fu rinvenuta in riva all’Arbia una serie di scritti su fogli di pergamena che, come preda di guerra, i senesi stiparano dapprima alla rinfusa in grandi sacchi di cuoio e poi riunirono in un armadietto con chiavistello ove campeggiava la scritta “Libro di Montaperti”, denominazione che gli rimarrà anche in seguito./5

Unico nella storia militare del medioevo, il cosiddetto “Libro di Montaperti” consta di un insieme di documenti frutto della registrazione quasi giornaliera, dal 9 febbraio 1260 alla vigilia della famosa battaglia (3 settembre 1260), di tutta una serie di provvedimenti relativi all’esercito fiorentino e che pertanto fornisce preziose informazioni in ordine alla costituzione e all’ordinamento dello stesso, oltre che all’itinerario seguito dagli armati per spostarsi da Firenze al luogo della battaglia, percorso che si svolse per buona parte lungo il tracciato della “via Sanese”, ai margini del Chianti.  Lo si desume dal fatto che l’esercito pose il campo in prossimità di centri che si trovavano tutti su tale strada : San Casciano, San Donato in Poggio, Ricavo (presso Castellina in Chianti) e Monsanese (nei dintorni di Fonterutoli).  Giunti in quest’ultima località, ormai prossimi a Siena, gli armati abbandonarono però la “via Sanese” per digradare verso il fondo valle dell’Arbia : si accamparono a Pievasciata, dirigendosi quindi verso sud, e si trovarono a transitare appunto per Montaperti. Scopo immediato era infatti quello di raggiungere la via Francigena onde portare aiuto agli abitanti di Montalcino, assediati dai senesi, e per il momento, è evidente che non si intendeva stringere sotto assedio Siena, cosa che avrebbe potuto essere fatta già a Monsanese, quando la città nemica era vicinissima./6 *107-108

Consistente avanzo dell’archivio viatorio degli uffici militari e amministrativi dell’esercito gigliato, il “Libro di Montaperti” riportata statuti, deliberazioni, elezioni di ufficiali, registrazione delle milizie  e diversi altri atti riguardanti il governo e la condotta dell’esercito ( dal vettovagliamento al reperimento del materiale da guerra), emanati dai supremi reggitori delle truppe fiorentine : il Podestà, i dodici Capitani cittadini e gli Anziani del Popolo.

Oltre a disporre di due camarlinghi e di uno stuolo di ufficiali, eletti per sovraintendere alle diverse operazioni e uffici, l’esercito si serviva dell’opera di numerosi notai, nominati dai Capitani o dagli Anziani, la cui funzione era quella di formalizzare le ordinanze e di autenticarne l’avvenuta ottemperanza da parte di coloro che erano tenuti a osservarle.  Tra questi era “Burnectus Latinus notarius et judex”, com’egli si firmava, carte 11, 59v, 65, 74v, che risulta aver scritto di sua mano alcuni dei documenti del “Libro di Montaperti”, carte 33-35, 211-223./7

Il nome di Brunetto Latino appare già in data 26 febbraio 1260, quando viene registrata la sua nomina a “sindico ut dixit Communis et hominum de Monteguarchis et eius curte”./8  Poi, tra il 4 e il 12 giugno 1260, risultano essere state scritte da Brunetto le deliberazioni del Podestà e dei Capitani Cittadini in ordine alla costituzione delle truppe, che prevedevano la formazione di mille balestrieri, di mille arcieri (“arcatores”) e di milleduecento “vastatores” (o “guastatores”), armati questi ultimi di scuri e di asce (“secures et marre”)./9  E’ del 15 luglio la redazione dell’ordinanza relativa alla designazione dei vessilli degli armati che rimanevano a guardia della città : “tria tantum vexilla balistariorum, tres bandere arcatorum e tria vexilla marrarum”./10  Sempre del 15 luglio è la scritta che parla dell’invio di un osservatore in Valdelsa, con il compito di controllare il movimento dei senesi e dei loro alleati oltre il confine, che era segnato appunto dal corso del fiume Elsa, e di comunicarlo mediante falò (“fiat falo”), di notte, e con fumate (“fiant fumi”) di giorno./11  Poi, tra il 20 e il 24 luglio, troviamo Brunetto a registrare e a fare da mallevadore alle promesse di contribuzione in grano di alcuni popoli del contado./12

Dopo questa data non risultano altre carte scritte dal nostro perché, come riporta Giovanni Villani, Brunetto fu inviato come ambasciatore presso il re di Castiglia Alfonso X “el Sabio” per chiedergli aiuto, come a neo-eletto re dei Romani, contro Manfredi, alleato ai senesi/13:

“…i guelfi di Firenze gli mandarono ambasciadori per sommuoverlo del passare, promettendogli grande aiuto acciocché favoresse parte guelfa.  E l’ambasciadore fu ser Brunetto Latini, uomo di grande senno e autoritade; ma innanzi che fosse fornita l’ambasciata, i Fiorentini furono sconfitti a Montaperti, e lo re Manfredi prese grande vigore e stato in tutta Italia, e ‘l podere della parte della Chiesa n’abassò assai.”

Brunetto, infatti, non riuscì a riferire l’esito, peraltro sterile, della sua missione perché sulla via del ritorno, superati i Pirenei a Roncisvalle, fu raggiunto dalla notizia della rotta di Montaperti e della conseguente presa del potere dei ghibellini a Firenze. Fu così costretto a rimanere in Francia, dove visse in esilio per alcuni anni, rimanendovi sino a quando, dopo la battaglia di Benevento (1266), i guelfi tornarono al governo nella sua città.

*109 Di tutto ciò si fa menzione nei in versi con cui si apre il  “Tesoretto”, il poema allegorico didattico in settenari rimati a coppie, una enciclopedia vera e propria, da lui scritta in volgare sembra intorno al 1262, poi copiato e illustrato dal suo studento Francesco da Barberino:

E io presi compangnia           135
E andai in ispangnia
E feci l'ambasciata
Che mi fue comandata; 
E poi sança sogiorno
Ripresi mio ritorno,                140
Tanto che nel paese
Di terra navarrese

Enendo per la valle
Del piano di roncisvalle
Incontrai uno scolaio            145
Sour un muletto baio, 
Che venia da bolongna,
E sança dir mençongna 
Molt'era savio e prode:
Ma lascio star le lode            150
Che sarebbero assai.
E io'l pur domandai
Novelle di toscana
In dolçe lingua e piana;
Ed e' cortesemente               155
Mi disse immantenente
Che guelfi di fiorença,
Per mala provedenca
E per força di guerra,
Eran fuori de la terra,          160
E'l dannaggio era forte
Di pregione e di morte.

D io, ponendo cura,
Tornai a la nature
C'audivi dir che tene           165
Ongn'uom c'al mondo vene: 
E nasce primamente
Al padre e al parente
E poi al suo comuno;
Ond'io non so nessuno      170
Cu'i' volesse vedere
La mia cittade avere
Del tutto a la sua guisa,
Ne che fosse divisa;
Ma tutti per comune          175
Tirassero una fune
Di pace e di ben fare, 
Ché gia non può scampare
Terra rotta di parte
Certo lo cor mi parte         180
Di cotanto dolore, 
Pensando il grande honore
E la riccha potenza 
Che suole aver fiorenza
Quasi nel mondo tutto;    185
Ond'io in tal corrocto,
Pensando a capo chino,
Perdei il gran cammino,
E tenni a la traversa
D'una selva diversa./14

In realtà Brunetto venne però a sapere di Montaperti grazie a una lettera inviatagli dal padre, Buonaccorso Latini, forse recapitatagli proprio da uno studente (“uno scolaio”),/15 missiva che ci è giunta nella forma letteraria (in latino) che più tardi Buonaccorso dovette dare al suo originario dispaccio.  Indirizzata al “dilecto filio Bornecto notario”, la lettera, riferisce la triste notizia con toni drammatici, attribuendo le ragioni della sconfitta al tradimento di alcuni fiorentini segretamente accordatisi con i senesi : sarà questa una sorta di spiegazione “ufficiale”, che si ritroverà più o meno in tutte le fonti di parte fiorentina, a partire dalla “Cronica” di Giovanni Villani./16 Buonaccorso riporta anche che l’esercito incontrò le schiere ghibelline mentre era in marcia verso Montalcino per portare rifornimenti agli abitanti di quel castello che stavano morendo di fame (“…ad muniendum castrum Montis Alcini cuius incole, ob victualium penuriam, iam mori miserabiliter cogebantur…”) : è questa una ulteriore testimonianza dell’ “effetto sorpresa” che fu probabilmente la causa prima della rotta fiorentina./17  Informa infine il figlio che, come tutti i principali esponenti della parte guelfa, è stato bandito da Firenze, il che, in aggiunta ai sinistri eventi riferiti, spiega il suo pianto dirotto, testimoniato dallo stesso scritto bagnato dalle lacrime  (“Mestam flebilis epistule paginam, quam forte videbis lituris multipliciter maculatam, defluens ab intrinsecus diluvium lacrimarum, quas nec debebam nec poteram continere…”)./18

Certo è, comunque, che Brunetto Latino decise di rifugiarsi in Francia  dove sappiamo che esercitò per alcuni anni l’attività notarile ad Arras, a Parigi e altrove/19 e dove, oltre al “Tesoretto”, scrisse la sua opera più famosa, “Li livres dou Tresor” (“Il Tesoro”), “summa” esplicitamente compilatoria, “de tous le membres de philosophie”, scritta in quella lingua (il francese), all’epoca la più diffusa dopo il latino, che egli considerava “la parleure que est plus delitable et plus commune a tous langages”./20  L’opera, che consta di tre libri, al di là dei suoi aspetti enciclopedici tipicamente medievali, ha chiari intenti etico-politici, tanto da poter essere interpretata come una sorta di manuale di formazione dell’uomo politico rivolto non tanto al mondo d’Oltralpe, ma a chi operava nella democrazia comunale italiana.

Ovviamente Brunetto fece tesoro (l’espressione risulta qui particolarmente appropriata) delle sue esperienze : egli era un uomo dell’apparato, diremmo oggi, e lo testimonia ampiamente, si è visto, il “Libro di Montaperti”.  Consapevole dei problemi politici di una guerra, ed essendo al corrente degli aspetti organizzativi legati alla preparazione e al funzionamento di un esercito, non c’è dubbio che egli fosse in grado di fare le affermazioni che si leggono nel “Tresor” quando in esso si parla delle “due stagioni.Una di pace e laltra di ghuerra”.  Si tratta di consigli e avvertimenti che vengono dati a chi governa e che, per il loro opportunismo realistico, non possono non ricordare alcuni di quelli che più tardi verranno espressi da Niccolò Machiavelli nel suo “Principe” :

“quando (il signore) va aghouernare la cita. Selli la troua in pace : elli de essere troppo lieto e gioioso.e de si guardare che elli non cominci guerra al suo tempo : segli unque puo fare altro.che in guerra a molti pericoli.Ma se cio fare li conviene . Faccia di comune stanziamento del consiglio de citadini.e della sauia gientte della citta.  Ma sella guerra fosse cominciata al tempo del suo antecessore : io lodo chelli prochacci la pace. O almeno la trieghua. E se non puo cio : elli debe spesso ricogliere lo consiglio de saui.e spiare lo podere della sua giente. E denimici.e studiare che la citta sia ben fornita dentro e di fuori.e castelli.e ville : che sono date in sua guardia.E de auere intorno allui una quantita duomini : che sintendano di guerre.e che sieno sempre a suo consiglio. E che sieno apresso dilui capitani e ghuidatori della guerra. E dee richiedere tutti gli amici e compagni. E li subditi della cita. luno per lettera : laltro a bocca e laltro permesso : che sieno  apparechiati di arme e di fornimento  da guerra. Apresso de elli rassegnare : alla piaza mastra : o inaltro luogo costumato della cita :le gienti della citta. e dire dinanzi alloro parole diguerra. e ricordare loro el tortto denimici. e lo diritto de suoi.e nominare le prodezze el valore deloro amici.e le loro virtuose battaglie.e commoure la giente ala guerra e alla battaglia. e comandare che ciaschuno faccia grande aparechiamento darme. e di caualli. e di tende. e di padiglioni.e di tutte cose: che sono mestioere aguerra. Tali simili parole de lo signore dire : per aghuzzare li chuori de citadini : il più ch’egli vnque puote. Ma bene si guarda elli:che non dica a nessuno motto fieuole. anzi sia suo viso acruccio.e aira. Lo senbiante terribile. E la boce minacieuole. E su cauallo antrischa. e fega li pie interra. E facci tanto che anzi che finischa suo detto: montti le grida el romore tra la giente:si chome fossero in battaglia. E non pertanto:egli de molto considerare la maniera de la guerra. perche altri sembianti sono contra li pari.Apresso del suo parlamento : faccia leggiere al suo notaio : che abbia alta boce e chiara e intendeuile:li capitoli e gliordinamenti della guerra. E procacci quantunque puo auere  arbitri:sopra li malifici delloste. E quando a fatto tutto questo:egli de di sua mano dare li gonfaloni e le bandiere. secondo luso dela terra.  Dallora inanzi non fini lo signore:di aparechiare alla guerra se.e suoi sugietti.in talmaniera:che nulla nonvi manchi al punto del oste e dela battaglia. Ma come de eli guardar loste:e pore el campo e padiglioni: e  guardare loste intorno intorno di di e di notte : e come de ordinare le schiere: e come de essere in tuti luogi:ora diqua e ora dila:e come de guardare suo corpo:chegli non combate se none grande necessita:sella e assediata:e di molte altre cose:che conegniono a ghuerra:lo mastro non dira ora piu.anzi lo lascia alla proudenzia del signore.del suo consiglio.”/21

Si avverte il ricordo dell’esperienza vissuta nei mesi che precedettero la sfortunata impresa di Montaperti specie quando, riguardo alla preparazione dell’esercito e all’apprestamento dei materiali da guerra, Brunetto scrive : “…faccia grande aparechiamento darme.e di caualli. E di tende.e di padiglioni.e di tutte cose;che sono mestiere aguerra”.  Oppure quando, al fine di rafforzare l’amor patrio e lo spirito di corpo dei vari reparti, suggerisce  : “…egli de di sua mano dare li gonfaloni ele bandiere.secondo luso dela terra”.  Ancora rimanda a un’altra personale esperienza del nostro (la registrazione dell’invio di osservatori in Valdelsa allo scopo di controllare i movimenti dei nemici), il passo ove viene consigliato di “…guardare loste intorno intorno di di e di notte”.  Ed è probabile, infine, che faccia riferimento al  ruolo da lui avuto come “notarius domini capitanei et Antianorum” la raccomandazione fatta al signore che : “…Apresso del suo parlamento:faccia leggiere al suo notaio:che abbia alta boce e chiara e intedeuile:li capitoli e gliordinamenti della guerra”.

“Sommo maestro in rettorica”, nel duplice aspetto di oratoria politico-civile e di arte dello scrivere, Brunetto Latino dovette essere la persona più indicata a svolgere tale compito.  Di lui scriverà il Villani che : “…fu cominciatore e maestro in digrossare i Fiorentini, e farli scorti in bene parlare, e in sapere guidare e reggere la nostra repubblica secondo la politica”./22
 
 
NOTE

1  Cfr. G. CECCHINI (a cura di), Il Caleffo Vecchio del Comune di Siena, vol. II, p. 799, doc.n.581, Olschki, Firenze 1934.
2  Cfr. O. MALAVOLTI, Dell’ Historia di Siena, Venezia 1599,  Parte II, c.1 t.
3  Cfr. C. PAOLI, La battaglia di Montaperti. Memoria storica, Tipografia Bargellini, Siena 1869.
4   L’espressione, riportata da R. DAVIDSOHN, Storia di Firenze (traduzione italiana), Firenze 1956-1965, vol. II, p. 616, appare in una lettera dell’epoca che parla della battaglia di Montaperti, di autore anonimo.
5   Nel 1570, il governatore di Siena, Federigo dei conti di Montaguto, fece dono delle pergamene al granduca Cosimo I de Medici, nella speranza di ottenere da lui il titolo di marchese. Cosimo provvide a farle depositare a Firenze nell’Archivio delle Riformagioni dove, per la prima volta, furono numerate a quaderni e a carte, e rilegate tra due tavolette di legno e con dorso di cuoio.  Solo nel 1872, su incarico di Cesare Guasti, Sopraintendente dell’Archivio di Stato di Firenze, fu provveduto a riordinare le carte e a distinguerne “razionalmente e materialmente le membra primitive”. Ne nacque la pubblicazione di C. PAOLI (a cura di),  Il Libro di Montaperti (anno 1260). Documenti di Storia Italiana, IX, Firenze 1889.
6   Il percorso seguito dall’esercito è infatti puntualmente ricostruibile con un’attenta lettura dei documenti del “Libro di Montaperti” che registrano le soste durante la marcia di avvicinamento a Siena, in occasione delle quali venivano consegnate dai “popoli” del contado le derrate alimentari che essi erano tenuti a dare ed erano ricevuti i coscritti provenienti dai  plebati delle giurisdizioni rurali dei Sesti cittadini . Al riguardo cfr. R. STOPANI, L’”aguato” di Montaperti, Editoriale Gli Arcipressi, Firenze 2002, pp.49-69.
7   Cfr. J. BOLTON HOLLOWAY, Twice-told tales. Brunetto Latino and Dante Alighieri, Peter Lang, New York 1993, pp.334-342.
8   Cfr. C. PAOLI (a cura di), Il Libro di Montaperti cit., pp.34-35.
9   Cfr. C. PAOLI (a cura di), Il Libro di Montaperti cit., pp.96-99.
10  Cfr. C.PAOLI (a cura di), Il Libro di Montaperti cit., p.99-101.
11  Cfr. C. PAOLI (a cura di), Il Libro di Montaperti cit., p.101.
12  Cfr. C. PAOLI (a cura di), Il Libro di Montaperti cit., pp. 123, 148, 172.
13  Cfr. G. VILLANI, Cronica a miglior lezione ridotta coll’aiuto de’ testi a penna, Multigrafica Editrice, Roma 1980, Libro VI, Capitolo LXXIII. L’intervento del re di Castiglia, sollecitato dai fiorentini, così come l’aiuto richiesto dai senesi al re Manfredi, denunziano come lo scontro tra Firenze e Siena per il predominio in Toscana si era inserito nel grande conflitto europeo tra guelfi e ghibellini.
14  Il Tesoretto, manoscritto della Biblioteca Laurenziana, Strozzi 146, cc. 2-2v. Cfr. BRUNETTO LATINI, Il Tesoretto (in “Poeti del Duecento”, a cura di G.CONTINI), vol. II, Tomo I, Classici Ricciardi-Mondadori, Milano-Napoli 1995, pp.179-182:

“… ripresi il mio ritorno,/ tanto che nel paese/ di terra navarrese,/ venendo per la calle/ del pian di Runcisvalle,/ incontrai uno scolaio/ su ‘n muletto vaio,/ che venia da Bologna,/ e sanza dir menzogna/ molt’era savio e prode:/ ma lascio star le lode,/ che sarebbono assai./ Io lo pur dimandai/ novelle di Toscana/ in dolce lingua e piana;/ ed e’ cortesemente/ mi disse immantenente/ che guelfi di Firenza/ per mala provedenza/ e per forza di guerra/ eran fuor della terra,/ e ‘l dannaggio era forte/ di pregioni e di morte. / Ed io, ponendo cura,/ tornai a la natura/ ch’audivi dir che tene/ ogn’om ch’al mondo vene :/ nasce prim(er)amente/ al padre e a’ parenti,/ e poi al suo Comuno;/ ond’io non so nessuno/ ch’io volesse vedere/ la mia cittade avere/ del tutto a la sua guisa,/ né che fosse in divisa;/ ma tutti per comune/ tirassero una fune/ di pace e di ben fare, / ché già non può scampare/ terra rotta di parte. /Certo lo cor mi parte/ di cotanto dolore,/ pensando il grande onore/ e la ricca potenza/ che suole aver Fiorenza/ quasi nel mondo tutto;/e io, in tal corrotto/ pensando a capo chino,/ perdei il gran cammino,/ e tenni a la traversa/ d’una selva diversa.”
15  Se si dà per vero che la lettera di Buonaccorso fosse consegnata a Brunetto da uno studente, difficilmente il luogo della consegna può essere stato il “pian di Runcisvalle” poiché, se di studente si trattava, esso doveva presumibilmente essere diretto a Parigi. E’ quindi più probabile che la missiva sia stata recapitata in una località di quella via tolosana che costituiva il percorso privilegiato da tutti coloro che provenivano dall’Italia, sia che fossero diretti a Parigi, sia che intendessero immettersi nel “Camino” compostellano (cfr. R. STOPANI, Il “Camino” italiano per Santiago de Compostela. Le fonti itinerarie di età medievale, Le Lettere, Firenze 2001).
16  Cfr. G. VILLANI, Cronica cit., Libro VI, Capitolo LXXVIII.
17  Al riguardo cfr. R. STOPANI, L’ “aguato” di Montaperti cit., pp.69-73.
18  Cfr. Lettera di Buonaccorso Latini al figlio Brunetto ambasciatore alla corte di Alfonso X di Castiglia eletto re di Germania. Il testo della lettera è riportato da J. BOLTON HOLLOWAY, Twice-told tales. Brunetto Latini and Dante Alighieri cit., pp.52-53, con l’indicazione (nota 9, p.66) delle collocazioni archivistiche delle diverse copie di essa esistenti.
19  Cfr. Th. SUNDBY, Della vita e delle opere di Brunetto Latini (traduz. Renier), Firenze 1884.
20  Cfr. BRUNETTO LATINI, Tresor, a cura di Pietro G.Beltrami, Paolo Squillacioti, Plinio Torri e Sergio Vatteroni, Torino, Einaudi 2007, I, I.
21  Diamo qui il testo volgarizzato da Francesco da Barberino (BRUNETTO LATINO, Il Tesoro, Editio princeps, Cap.XXIX, Treviso 1474 ; trascrizione a cura di J. BOLTON HOLLOWAY).  Brunetto aveva affrontato il tema della formazione dell’uomo politico nella traduzione da lui fatta dei primi 17 libri del “De inventione” di Cicerone, illustrata con amplissime chiose.  In una di queste, a commento della “pronuntiatio”, cioè della “scientia per la quale noi sapemo profferere le nostre parole e amisurare e accordare la voce e ‘l portamento della persona e delle membra secondo la qualitate del fatto e secondo la condizione della diceria”, disegna un quadro della vita comunale particolarmente efficace, che riecheggia le immagini del “Tresor” che abbiamo ora riportato.  Così scrive infatti Brunetto : “Ché il parliere che vuole somuovere il popolo a guerra dee parlare ad alta voce per franche parole e vittoriose, e avere argoglioso avenimento di persona e niquitosa ciera contra’ nemici. E se la condizione richiede che debbia parlamentare a cavallo, sì dee elli avere cavallo di grande rigoglio, sì che quando il segnore parla, il suo cavallo gridi e anitrisca e razzi la terra col piede e levi la polvere e soffi per le nari e faccia tutta romire (fremere) la piazza, sicché paia che coninci lo stormo (l’assalto) e sia nella battaglia.  E in questo punto non pare che disvengna a la fiata levare la mano o per mostrare abondante animo o quasi per minaccia de’ nemici.  Tutto altrimenti dee in fatto di pace avere umile avenimento del corpo, ciera amorevole, la voce soave, la parola paceffica, le mani chete; e ‘l suo cavallo dee essere chetissimo e pieno di tanta posa e sì guernito di soavitade che sopr’a lui non si muova un sol pelo, ma elli medesimo paia fattore (fautore) della pace. E così in letizia dé ‘l parlatore tenere la testa levata, il viso allegro e tutte sue parole i viste significhino allegrezza” (riportato da C.SEGRE, M. MARTI -a cura di-, La prosa del Duecento, Milano-Napoli 1959, p.146).
22  Cfr. GIOVANNI VILLANI, Cronica cit., Libro VIII, Capitolo X, p.22.


*110 COPPO PITTORE – *PAOLO CAMMAROSANO

ecentemente al convegno Medieval Letters between Fiction and Document, tenutosi a Siena presso la chiesa di Santa Maria dei Servi, Paolo Cammarosano mi ha fatto notare la presenza della cosiddetta *111 Maddona del bordone di Coppo di Marcovaldo, che egli dipinse nel 1261 e che firmò per riscattarsi dalla prigionaia a Siena dopo la Battaglia di Montaperti: 'A.D.M.CC.LXI. COPP.D. FLORE[N]TIA ME PIX'.  Madonna e pittore sono qui ricordati per attestare i legami tra le due città rivali e in tempo di guerra e in tempo di pace. Quando anche il figlio Salerno si trovò in carcere a Pistoia, fu sempre con lavori propri o ad opera del padre che pagò il riscatto.




*112 Fu Coppo di Marcovaldo ad eseguire il disegno del mosaico dell'Inferno nel Battistero, importante anche per l'iconografia di Dante e del suo Inferno:

 


*112-121 IL LIBRO DEL CHIODO - FRANCESCA KLEIN, ENRICO GIANNINI, DANIEL-CLAUDIU DUMITRESCU

Il Libro di Montaperti. L’esilio di Brunetto Latino, 1260
Il Libro del Chiodo. L’esilio di Dante Alighieri, 1302, 1315


*122

                                      
AUREO ANELLO ASSOCIAZIONE E ACCADEMIA DELLE ARTI DEL DISEGNO

VIA ORSANMICHELE 4, 19 OTTOBRE, DALLE ORE 9.30 ALLE ORE 17.00


    

               

 

CON IL PATROCINIO DEL COMUNE DI FIRENZE, DELLL’ACCADEMIA DELLE ARTI DEL DISEGNO, DELLLA SOCIETÀ DANTESCA ITALIANA, DELL’UNIONE FIORENTINA MUSEO CASA DI DANTE, DELLA FONDAZIONE IL FIORE, DEL LYCEUM CLUB INTERNAZIONALE, DELL'ASSOCIAZIONE FIORETTA MAZZEI INTERNAZIONALE.


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Con il ringraziamento a Professor Maurizio Bossi

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